Elezioni 2022

Il clima, a destra

Chiuse le elezioni, aspettiamo il nuovo Governo. Quali saranno le implicazioni per l’azione climatica lo vedremo nelle prossime settimane. Per ora possiamo fare alcune considerazioni preliminari per tirare le fila sulla fine della campagna elettorale e ricollegare l’esito delle urne con le sfide energia e clima.

Il clima non è stato un tema centrale della campagna elettorale. Se da un lato questo ha rappresentato un’occasione perduta, dall’altro ha impedito che la politica sul clima diventasse identitaria e divisiva tra gli schieramenti come è avvenuto in altri paesi. Il partito vincente, Fratelli d’Italia, arriva al Governo senza avere ancora scoperto le carte della sua politica sul clima.

L’analisi del recente voto in Europa sul pacchetto clima dei partiti della nuova maggioranza (FdI, FI e Lega) su alcuni temi chiave del pacchetto Fit for 55 conferma ancora una certa indeterminatezza rispetto alla posizione della destra circa le politiche climatiche.

Da un lato FdI ha votato in maniera allineata al gruppo di appartenenza (ECR) contro l’obiettivo di transizione al 100% su auto elettrica al 2035, la revisione del meccanismo ETS, e in favore della conferma di gas e nucleare nella tassonomia, dall’altra ha votato, quasi unico, in contrasto con l’ECR su altri voti chiave per il pacchetto clima. FdI ha infatti espresso tre voti a favore e tre astenuti sul testo sulle rinnovabili per aumentare ulteriormente i target, e compattamente a favore del fondo sociale per il clima, strumento che presuppone un gettito dal meccanismo ETS che dovrà essere introdotto sui consumi fossili nel settore dei trasporti e consumi civili. Infine, a fronte di una forte maggioranza ECR contraria, si è astenuto sui nuovi obiettivi di efficienza energetica.

Un segnale importante sul clima è arrivato pochi giorni prima dell’apertura dei seggi, con la firma da parte di Giorgia Meloni della Dichiarazione internazionale del centrodestra sull’emergenza climatica, che ribadisce l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050, lo stesso contenuto nell’European Green Deal. Nel firmare il documento, Giorgia Meloni ha affermato l’importanza della decarbonizzazione quale opportunità di crescita economica e di sicurezza globale. Questo è un segnale di un certo livello di attenzione verso il clima da parte di FdI, che si colloca così all’interno dello spazio della destra europea favorevole all’azione climatica come lo sono i Tories inglesi.

L’approccio della Lega, seconda forza nel nuovo Governo e primo partito italiano in Europa, è invece più ostativo rispetto alle politiche climatiche. La Lega ha infatti sostenuto posizioni lontane dagli obiettivi climatici europei in campagna elettorale, arrivando a chiedere una revisione del pacchetto clima in Europa, senza tuttavia riscuotere particolare consenso su questo.

La posizione di Forza Italia, infine, che appartiene al Partito Popolare Europeo, si trova spesso allineata alle posizioni pro-azione climatica della Commissione europea.

La politica climatica del nuovo Governo emergerà dall’interazione di queste tre diverse anime, dove Fratelli d’Italia, sia per il peso politico che per il posizionamento pragmatico visto finora su alcune questioni relative al clima, avrà con ogni probabilità un ruolo di sintesi e di indirizzo.

Nel percorso di definizione della politica climatica del nuovo Governo alcune questioni rappresenteranno allo stesso tempo dei punti di dialogo e una cartina tornasole sulla base della quale si potrà valutare la capacità di una politica favorevole al clima o meno. Alcuni punti appaiono già in sintonia con l’identità della forza maggioritaria di Governo, altri più difficili. Bisognerà vedere se questi verranno tradotti, ed eventualmente come, in azione di Governo.

  1. Il primo banco di prova sarà la formazione del Governo, la scelta della nuova classe dirigente per posizioni chiave e il ruolo del nuovo Parlamento. In particolare, la guida del Ministero della Transizione Ecologica (MITE), che ha con il Governo Draghi incorporato tra le sue funzioni l’energia per avvicinarne la gestione a quella dell’azione climatica. La conferma di questa necessità della governance sarà il primo segnale di adesione a una politica climatica per dare coerenza tra le politiche energetiche e quelle climatiche. La figura che guiderà il MITE dovrà dimostrare di avere competenze e visione a supporto della transizione energetica, l’unica vera strada per la sicurezza e autonomia energetica, e slegata da interessi costituiti presenti o passati. La scelta, inoltre, delle cariche di Amministratore Delegato di ENI ed ENEL del 2023 sarà cruciale per l’abilità dell’Italia, e dei paesi in cui essi operano, di passare da un’economia fossile a un’economia pulita. Infine, il nuovo Parlamento avrà un ruolo chiave per “legiferare per il clima”: il banco di prova sarà la strada, o meno, verso una prima legge sul clima anche in Italia come in tanti paesi europei.
  2. Il secondo riguarda lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Queste offrono una possibilità concreta di affermare una maggiore indipendenza energetica dell’Italia dagli approvvigionamenti esteri e ridurre in modo strutturale le bollette. Questo sarà un punto chiave per dimostrare la capacità del nuovo Governo di soddisfare le esigenze di sviluppo del Paese, mettendo mano alle inefficienze della macchina amministrativa che sino ad oggi ha rappresentato un ostacolo per lo sviluppo degli impianti rinnovabili. Gli scenari climatici si sorreggono su obiettivi precisi di sviluppo delle rinnovabili nel settore elettrico, e questo obiettivo è facilmente compreso nella proposta politica della destra. Riuscirà la nuova forza di Governo a sbloccare la situazione? Portare il paese a sviluppare oltre 10 GW di rinnovabili all’anno vale molto più di tante parole.
  1. Un terzo tema sarà quello di come la transizione energetica interviene per la sicurezza economica delle famiglie e delle imprese. Come verrà affrontato il caro energia è centrale per mostrare la capacità del nuovo Governo di trovare soluzioni diverse rispetto alla linea del Governo Draghi. I prezzi del gas e dell’elettricità diventano sempre più insostenibili, e incrementare il debito del Paese per sostenere i prezzi dell’energia non è una soluzione. Con il precedente Governo i sostegni sono stati erogati senza distinzione di reddito e consumi, e nessuna azione concreta si è vista per l’efficienza energetica e le rinnovabili diffuse. La capacità di mettere la transizione energetica a disposizione delle persone (anche per affrontare la crescente povertà energetica) e delle imprese, equivale alla capacità di tradurre gli obiettivi clima in strumenti a disposizione della sicurezza delle famiglie. In particolare di quelle meno abbienti, dalle quali è arrivato un importante consenso per il nuovo Governo, e delle imprese. Un tassello chiave di questa politica sarà il riconoscimento di strumenti fiscali sul modello del superbonus per la promozione dell’efficienza energetica nelle abitazioni. Il punto di attenzione sarà la capacità di creare meccanismi efficaci in termini di spesa, efficienza e sostegno ai più vulnerabili e non la cancellazione del meccanismo.
  1. Un quarto punto riguarda la protezione del Paese e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Un tema con declinazioni a livello locale, relative principalmente alla capacità di costruire una strategia di adattamento del territorio, e a livello nazionale, con il fine di assicurare ai settori più colpiti dai cambiamenti climatici – come l’agricoltura e il turismo – l’accesso a risorse per adattarsi e contestualmente mitigare gli impatti svincolandosi dalla dipendenza e dalla volatilità dei prezzi delle fonti fossili. Similmente, questo schema dovrà essere ripetuto a livello internazionale, partendo dalla COP27 di Sharm el-Sheik di novembre, perché senza l’accesso a maggiori risorse per l’adattamento e le perdite e i danni nessun paese è al sicuro, soprattutto i paesi più vulnerabili come quelli africani. Le conseguenze per un paese come l’Italia al centro delle rotte migratorie del Mediterraneo sono facilmente prevedibili.
  1. Un quinto elemento è la relazione del nuovo Governo con l’industria del fossile. Un’importante componente produttiva del nostro Paese, legata anche in modo significativo alla piccola e media impresa, ha bisogno di nuove risorse per affrontare la crisi energetica e contestualmente di politiche che favoriscano la transizione, e l’innovazione per uscire dalla crisi. Ciò permetterebbe inoltre di creare occupazione di qualità e di lungo periodo e tornare a essere competitivi sui mercati internazionali. La politica energetica e climatica del nuovo Governo delegherà nuovamente all’industria fossile il compito di tracciare le linee della politica energetica nazionale, o sarà capace di dimostrare una maggiore indipendenza, tale da mettere la transizione energetica a servizio di tutte le realtà produttive del Paese?

Un ultimo punto è la proiezione europea e internazionale dell’Italia nel definire in maniera attiva le politiche climatiche. Il clima è stato finora un elemento di solidità della proposta politica nel confronto internazionale. Ciascun paese ha punti di forza e di debolezza nella strada verso la decarbonizzazione e la gestione degli impatti. Il nuovo Governo sarà capace di richiedere obiettivi più ambiziosi per la sicurezza globale e promuovere un nuovo sistema produttivo italiano nei mercati globali? O avrà unicamente un atteggiamento difensivo rispetto all’esistente, perdendo di vista come cambia l’interesse nazionale nell’era dei cambiamenti climatici? Sarà in grado di mettere a disposizione le risorse finanziarie necessarie per la transizione e la sicurezza di tutti i paesi, anche contribuendo a riscrivere le regole dell’architettura globale della finanza per gestire nuove crisi?

 

Photo Credits – Fratelli d’Italia

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