Elezioni 2022

Negoziati europei sul clima: quali impegni per il prossimo governo

con il contributo della Fondazione Heinrich-Böll-Stiftung

Per quanto le politiche europee sul clima siano marginali nel dibattito elettorale, il nuovo Governo dovrà necessariamente affrontarle fin da subito. Nei prossimi mesi, infatti, a Bruxelles si giocherà la partita del futuro dell’Unione europea su clima ed energia, entrambe, emergenze cruciali per il nostro futuro e il nostro benessere.

Sulla spinta del Green Deal europeo, la Commissione europea ha elaborato il cosiddetto pacchetto “Fit for 55”: un insieme di circa 20 provvedimenti legislativi che traduce in misure concrete l’obiettivo di riduzione del -55% netto delle emissioni al 2030 rispetto al 1990 in Europa.

Il pacchetto Fit for 55 affronta trasversalmente il tema del cambiamento climatico, identificando misure specifiche e sinergiche sui principali settori dell’economia. Per la prima volta, inoltre, il pacchetto affronta anche la dimensione sociale della transizione con una specifica proposta che istituisce un fondo dedicato per la protezione delle fasce sociali più colpite dall’incremento dei costi dell’energia che potrebbero derivare dalle misure di decarbonizzazione. in particolare nei settori dei trasporti e del riscaldamento degli edifici.

Presentato dalla Commissione europea il 14 luglio 2021, il pacchetto è passato al vaglio del Consiglio dell’Unione europea e del Parlamento europeo, i quali hanno definito le rispettive posizioni. A questo punto, sono ai banchi di partenza i “triloghi”, ovvero i dialoghi a tre – tra Commissione, Parlamento e Consiglio – che porteranno al testo legislativo finale. Benché i giochi sembrino conclusi, c’è ancora spazio di modifica dei testi, soprattutto dove le posizioni divergono maggiormente.

In risposta all’invasione russa dell’Ucraina, la Commissione europea ha presentato lo scorso maggio il “RePowerEU”, ovvero un piano contenente misure per aumentare la diversificazione delle fonti di energia, accrescere i risparmi energetici e accelerare ulteriormente la transizione verso l’energia pulita, anche aumentando gli obiettivi già compresi nel Fit for 55. Il piano RepowerEU ha l’obiettivo di di rendere l’Europa più resiliente a shock esterni e più sicura dal punto di vista energetico, e rappresenta la strategia per affrontare l’attuale crisi gas. Infatti, politica energetica e clima convergono anche nel contesto emergenziale di questo periodo. Di conseguenza, se la politica si sta prevalentemente dedicando all’energia in campagna elettorale, facendo questo, si sta occupando di clima.

Quali elementi minimi dovrebbe contenere la posizione italiana per il prosieguo dei negoziati?
Rinnovabili ed efficienza

Rispetto al momento storico, appare particolarmente cruciale la posizione che il futuro Governo assumerà rispetto a rinnovabili ed efficienza.

In Italia, il Piano per la Transizione Ecologica stima che l’apporto delle rinnovabili alla generazione elettrica dovrà raggiungere almeno il 72% al 2030. L’Italia, inoltre, a maggio 2022 si è impegnata in sede G7 alla sostanziale decarbonizzazione del settore elettrico nel 2035, in linea con le raccomandazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). Secondo l’associazione di settore Elettricità Futura, la principale associazione delle imprese che operano nel settore elettrico italiano, entro il 2030 si potrebbero installare 85 GW di nuova potenza rinnovabile, di cui 29 GW entro il 2025. Questo significherebbe più che raddoppiare la potenza installata di rinnovabili nei prossimi nove anni, con un ritmo di installazione di 9 GW all’anno.

Sarebbe, quindi, coerente sostenere la posizione negoziale più ambiziosa rispetto agli obiettivi di incremento delle rinnovabili nel mix energetico che, in questo momento, è parte della posizione del Parlamento europeo per accelerare l’emancipazione rispetto agli approvvigionamenti energetici provenienti dall’estero. Il testo approvato dal Parlamento europeo, infatti, chiede un aumento dell’obiettivo del 45% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia, in linea con gli obiettivi di medio termine sanciti dal REPowerEU.

Una panoramica del voto di mercoledì 14 settembre, diviso per gruppi politici ed europarlamentari italiani, è disponibile qui.

L’Italia ha un enorme potenziale di produzione di energia rinnovabile che dovrebbe essere pienamente espresso per garantirci l’indipendenza dal gas russo. Un obiettivo ambizioso per le rinnovabili faciliterebbe la crescita di questo settore nel nostro Paese, con ricadute positive anche nel settore dell’occupazione. In questo senso, il REPowerEU definisce anche nuove norme e raccomandazioni per autorizzazioni più rapide, in particolare in specifiche zone di riferimento considerate a basso rischio ambientale. L’Italia dovrebbe al più presto sfatare i falsi miti sulle rinnovabili e disegnare una proposta completa di riforma del mercato elettrico funzionale al raggiungimento degli obiettivi. Questa include il passaggio a contratti di lungo termine per le rinnovabili e relativi sistemi di garanzia; la riforma del capacity market e della governance del gestore di rete; la riforma del mercato dei servizi di dispacciamento; l’incentivazione del ruolo degli accumuli e l’attivazione della partecipazione della domanda; e impostare lo sviluppo di idrogeno verde. In questo modo è possibile ridurre del 34% i consumi nazionali di gas, rendere superflue nuove infrastrutture gas che genereranno nuovi costi sul nostro sistema energetico e allineare gli sforzi della gestione dell’emergenza con la politica energetica di lungo periodo.

Per quanto riguarda l’efficienza energetica, il Parlamento europeo chiede che gli Stati membri garantiscano collettivamente una riduzione dei consumi finali di almeno il 40% entro il 2030 e del 42,5% di quelli primari rispetto alle proiezioni del 2007. Ciò corrisponde a 740 e 960 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio per il consumo finale e primario di energia, rispettivamente. Gli Stati membri dovrebbero quindi fissare contributi nazionali vincolanti per raggiungere questi traguardi. Gli obiettivi sono sfidanti: è necessaria una riduzione netta dei consumi e non un semplice aumento dell’efficienza.

Il Consiglio, lo scorso luglio, ha inoltre concordato un graduale aumento dell’obiettivo di risparmio energetico per il consumo di energia finale, che deve passare dall’attuale 0,8% annuo ad almeno l’1,1% e 1,3% dal 2024 e dal 2026, fino a raggiungere l’1,5% a partire dal 2028. Per l’Italia, questo significa aumentare gli obiettivi rispetto a quelli già concordati nel Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC) dai 9,2 Mtep di risparmio annuale al 2030 a circa 13,6 Mtep richiesti dal Consiglio (che verrebbero quindi ulteriormente aumentati se si seguisse la proposta del Parlamento europeo). Considerando i risparmi ottenibili nel settore civile e industriale, tale obiettivo porterebbe a una riduzione della domanda di gas nazionale di circa 6 miliardi di metri cubi al 2030.

Trasporti

Per quello che riguarda il settore dei trasporti e, data la sua rilevanza strategica per l’Italia, c’è accordo tra le istituzioni sulla riduzione del 100% delle emissioni medie del parco veicoli di nuova immatricolazione entro il 2035. La posizione nazionale non dovrebbe scostarsi da tale obiettivo prioritario, anche in linea con lo sviluppo previsto per il settore dai più importanti produttori europei e, non ultimo, dal produttore nazionale. Infatti, ad aprile Stellantis ha annunciato un piano per il 100% delle vendite di vetture elettriche in Europa (per tutti i modelli di tutti i marchi del gruppo) già a partire dal 2030 (si veda anche il Q&A Auto elettrica).

In un mercato che cambia il paradigma di prodotto del futuro, lasciare aperta la porta a soluzioni energeticamente inefficienti rispetto all’elettrificazione – come gli e-fuels – significa accumulare ritardi e procedere in modo confuso e disordinato, gettando le basi per un’ampia crisi occupazionale del settore. Soluzioni basate sull’idrogeno devono essere indirizzate alla decarbonizzazione di comparti per i quali l’elettrificazione non è un’opzione praticabile, come l’aviazione, oltre che ai settori industriali.

Un altro importante pezzo di legislazione per la decarbonizzazione dei trasporti riguarda l’applicazione di un prezzo del carbonio al trasporto su strada, il cosiddetto ETS2, che renderebbe progressivamente più costosi i carburanti fossili. Misura pensata per accelerare la decarbonizzazione dei trasporti, favorendo il passaggio all’elettrico e riducendo la domanda di mobilità con auto privata in favore di modalità collettive a maggiore efficienza energetica e carbonica. Tuttavia, date le implicazioni economiche e le ricadute sociali, le modalità di implementazione di questa proposta sono ancora oggetto di dibattito tra Parlamento, Consiglio e Commissione.

Industria
 

La tassa alle frontiere o Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) rappresenta lo strumento con cui l’Unione europea vuole riportare allo stesso livello i costi associati alle produzioni interne, dove sono vigenti politiche di prezzo del carbonio, con quelli dei produttori extra-UE di alcuni prodotti (acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, elettricità), imponendo un sovraccosto/tassa alle dogane per tali prodotti. Lo strumento dovrebbe sostituire le assegnazioni gratuite di crediti in questi settori, rivolte proprio alla parziale compensazione dei costi aggiuntivi legati al costo della CO2. L’avanzamento della proposta è legata alla capacità di risolvere alcune complessità attuative e organizzative del meccanismo.

Come indicato nel nostro studio dello scorso gennaio, anche alla luce delle incertezze sull’attuazione e concreta riuscita della misura, l’Italia dovrebbe farsi portatrice di un approccio basato sulla cooperazione internazionale, attraverso l’adozione condivisa di alti standard di prodotti e servizi, la condivisione del know-how, la creazione di nuovi mercati e trattati commerciali verdi, nuovi investimenti (incluso attraverso il Global Gateway) e maggior finanza internazionale per il clima.

 

ANNEX – La direttiva rinnovabili e il voto al Parlamento europeo (mercoledì 14 settembre)

La direttiva per lo sviluppo delle rinnovabili è stata originariamente presentata dalla Commissione europea con obiettivo il raggiungimento, in tutti i settori, di una penetrazione del 32,5% entro il 2030.

Con la presentazione del pacchetto Fit for 55, a fine 2019, l’obiettivo è stato alzato al 40%. Durante i lavori di approvazione nel processo di trilogo europeo, il Parlamento ha votato in maniera largamente favorevole (418 a favore, 109 contrari e 111 astenuti) per aumentare tale obiettivo al 45%. Questo, in risposta all’attuale crisi del gas e a sostegno della strategia del pacchetto RepowerEU, che ambisce ad accelerare la diversificazione dal gas russo attraverso rinnovabili ed efficienza energetica.

L’obiettivo complessivo di sviluppo delle rinnovabili viene poi declinato in obiettivi settoriali: produzione energia elettrica, trasporti e riscaldamento.

La proposta originaria del 32,5% al 2030 corrispondeva per l’Italia al 55% delle rinnovabili nel settore elettrico. L’obiettivo del 40% significa invece raggiungere il 70-75%. Con un obiettivo del 45%, il contributo delle rinnovabili salirebbe all’80-85%.

Tali impegni non sono ancora stati trasferiti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) ma il Piano Interministeriale per la Transizione Ecologica (PITE) ha già confermato un obiettivo al 72%.

Se la direttiva rinnovabili, nel processo di trilogo, accetterà la proposta del Parlamento europeo, lo sviluppo delle rinnovabili in Italia dovrà convergere verso le proposte di Elettricità Futura, che individuano come obiettivo al 2030 l’84% di rinnovabili nel sistema elettrico.

L’industria e i cittadini dovranno sviluppare gli impianti ma spetterà alla politica il compito fondamentale di garantire le autorizzazioni e di completare la riforma del mercato, favorendo  lo sviluppo delle tecnologie abilitanti, ovvero quelle che permettono alle rinnovabili di essere integrate a queste percentuali nei sistemi elettrici, grazie agli accumuli, alla partecipazione della domanda ai mercati e al rafforzamento delle reti.

Per completare il quadro, al 2035 l’Italia ha sottoscritto in sede G7 l’impegno di raggiungere un sistema elettrico sostanzialmente decarbonizzato, ovvero dipendente dalle fonti rinnovabili in modo ordinato e sicuro.

Come hanno votato le forze politiche al Parlamento europeo?

Complessivamente ha votato in favore di un’innalzamento dell’obiettivo il 65,5% del Parlamento, contrario il 17% e astenuti il restante 17%.

Per quanto riguarda l’appartenenza per gruppi politici, il grosso sostegno all’incremento degli obiettivi rinnovabili è arrivato dalle forze socialdemocratiche, dai popolari e dai verdi. Anche le forze liberali hanno espresso sostanzialmente un parere positivo, con contrari e astenuti di circa un terzo degli iscritti. Netta la contrarietà delle destre. Il gruppo della sinistra tradizionale ha votato prevalentemente contro.

 

Nello specifico degli europarlamentari italiani, con 56 votanti e 20 assenti, è sostanzialmente confermata la distribuzione dei voti in relazione dell’appartenenza dei gruppi politici del Parlamento europeo. Il PD compattamente a favore, con un solo assente, così come il M5S. Forza Italia, la cui maggioranza degli europarlamentari non ha tuttavia partecipato al voto, ha votato a favore, seguendo il voto del PPE. La Lega si è astenuta, ma con il gruppo di appartenenza (ID) fortemente contrario segnalando quindi un’incertezza sul tema, mentre Fratelli d’Italia si è spaccata, con tre contrari e tre favorevoli, ma con il gruppo di appartenenza (ECR) fortemente contrario.

 

Photo by Guillaume Périgois on Unsplash

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