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Il Sesto Rapporto di Valutazione del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) definisce il Mediterraneo come un “hotspot” del cambiamento climatico. Di fronte a questo scenario, è interesse principale dell’Italia adottare una strategia di politica estera che integri la dimensione della sicurezza climatica.
La Presidenza azera della COP29 avrà un ruolo essenziale nel rilancio dell’ambizione degli impegni siglati alla COP28, tra cui triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030, ma soprattutto dovrà essere decisiva nel dare seguito alla decisione di abbandonare gradualmente i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo. Tuttavia, le priorità in agenda delineate da Baku non includono elementi che permettano di avanzare degli strumenti che rendano operativo l’abbandono delle fonti fossili.
A fronte di impatti del cambiamento climatico sempre più evidenti a livello globale, la necessità di accelerare la transizione energetica ha messo in luce il bisogno di una rapida evoluzione delle catene del valore delle tecnologie pulite. In questo quadro, il progetto “Tecnologia e transizione energetica: quale ruolo per l’Europa e per l’Italia” si propone di approfondire la dimensione geopolitica dello sviluppo tecnologico legato alle esigenze della transizione energetica, con l’obiettivo di elaborare indicazioni di policy fruibili da decisori politici italiani ed europei.
il progetto “Tecnologia e transizione energetica: quale ruolo per l’Europa e per l’Italia”, realizzato da ECCO, il think tank italiano per il clima in collaborazione con l’ufficio di Roma dello European Council on Foreign Relations (ECFR) e con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, si propone di approfondire la dimensione geopolitica dello sviluppo tecnologico legato alle esigenze della transizione energetica.
Questo report approfondisce lo stato dell’arte degli Stati Uniti in materia di tecnologie per la transizione energetica. Partendo da un’analisi della strategia messa in atto dall’amministrazione Biden per favorire l’industrializzazione in ambito di tecnologie per la transizione energetica, il report vuole valutarne i possibili impatti e contestualizzarla nella più ampia cornice delle relazioni transatlantiche. Il quadro è completato da un approfondimento sullo status e le politiche statunitensi in ambito di materiali critici.
Questo rapporto offre una ricognizione dello stato dell’arte delle politiche dell’Unione europea in materia di tecnologie per la transizione energetica, analizzandone la strategia di industrializzazione green e la relativa capacità produttiva. La fotografia è completata dall’analisi dello status e delle politiche dell’UE in merito alle materie prime critiche.
Il Piano Mattei per lo sviluppo del continente africano rappresenta una chance per l’Italia di ridefinire una nuova partnership con l’Angola. Una partnership basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili non solo non è conveniente a fronte di una domanda di petrolio e gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutti gli scenari, ma è anche in rotta di collisione con l’andamento del mercato, con gli impegni presi dall’Italia dal punto di vista climatico e con gli obiettivi nazionali in ambito di politica estera.
Insistere sul gas nella relazione Italia-Congo lega sempre di più la politica estera italiana alla politica del gas, in contrasto con gli impegni presi dal punto di vista climatico. Una nuova partnership con il Congo dovrebbe invece incentrarsi su un impegno concreto del governo italiano su diversi punti, che vanno dall'impegno a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio al reindirizzamento degli incentivi di finanza pubblica.
Il governo italiano guidato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta puntando moltissimo sul continente africano. La volontà del governo di sottolineare la propria proiezione nel Mediterraneo, sino a includere il continente africano, è al centro del Piano Mattei. Durante il Summit Italia-Africa del 28 e 29 gennaio, alla presenza dei leader di numerosi Paesi africani, verranno presentate la cornice politica e le direttrici di intervento di questo Piano, annunciato sin dall’insediamento dell’attuale governo.
Il rilancio delle relazioni tra Italia e Africa si inserisce in un contesto di rinnovato interesse verso il continente africano. Il progetto strategico per l’Africa cui sta lavorando il Governo Meloni – il cosiddetto Piano Mattei – si dovrebbe basare su relazioni paritarie e vicendevolmente vantaggiose con i partner africani, in un contesto “non predatorio”. In questo quadro il Mozambico rappresenta un partner estremamente rilevante per Roma e dalle radici particolarmente solide sia dal punto di vista governativo sia a livello di cooperazione internazionale e società civile.
Sullo sfondo di una ondata di caldo nel Mediterraneo molto acuta, i leader internazionali non possono ignorare il ruolo che il cambiamento climatico esercita nell’esasperare le criticità, soprattutto nel continente africano. La comunità scientifica internazionale ha inequivocabilmente riconosciuto la causa antropica del cambiamento climatico radicata nell’utilizzo dei combustibili fossili. Le conseguenze sono palesi in termini di impatti fisici e sui sistemi idrici e alimentari e implicazioni socio-economiche, geopolitiche e sicuritarie, incluso un nesso evidente con i fenomeni migratori.
Il Sesto Rapporto di Valutazione del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) definisce il Mediterraneo come un “hotspot” del cambiamento climatico. Di fronte a questo scenario, è interesse principale dell’Italia adottare una strategia di politica estera che integri la dimensione della sicurezza climatica.
La Presidenza azera della COP29 avrà un ruolo essenziale nel rilancio dell’ambizione degli impegni siglati alla COP28, tra cui triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030, ma soprattutto dovrà essere decisiva nel dare seguito alla decisione di abbandonare gradualmente i combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo. Tuttavia, le priorità in agenda delineate da Baku non includono elementi che permettano di avanzare degli strumenti che rendano operativo l’abbandono delle fonti fossili.
A fronte di impatti del cambiamento climatico sempre più evidenti a livello globale, la necessità di accelerare la transizione energetica ha messo in luce il bisogno di una rapida evoluzione delle catene del valore delle tecnologie pulite. In questo quadro, il progetto “Tecnologia e transizione energetica: quale ruolo per l’Europa e per l’Italia” si propone di approfondire la dimensione geopolitica dello sviluppo tecnologico legato alle esigenze della transizione energetica, con l’obiettivo di elaborare indicazioni di policy fruibili da decisori politici italiani ed europei.
il progetto “Tecnologia e transizione energetica: quale ruolo per l’Europa e per l’Italia”, realizzato da ECCO, il think tank italiano per il clima in collaborazione con l’ufficio di Roma dello European Council on Foreign Relations (ECFR) e con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, si propone di approfondire la dimensione geopolitica dello sviluppo tecnologico legato alle esigenze della transizione energetica.
Questo report approfondisce lo stato dell’arte degli Stati Uniti in materia di tecnologie per la transizione energetica. Partendo da un’analisi della strategia messa in atto dall’amministrazione Biden per favorire l’industrializzazione in ambito di tecnologie per la transizione energetica, il report vuole valutarne i possibili impatti e contestualizzarla nella più ampia cornice delle relazioni transatlantiche. Il quadro è completato da un approfondimento sullo status e le politiche statunitensi in ambito di materiali critici.
Questo rapporto offre una ricognizione dello stato dell’arte delle politiche dell’Unione europea in materia di tecnologie per la transizione energetica, analizzandone la strategia di industrializzazione green e la relativa capacità produttiva. La fotografia è completata dall’analisi dello status e delle politiche dell’UE in merito alle materie prime critiche.
Il Piano Mattei per lo sviluppo del continente africano rappresenta una chance per l’Italia di ridefinire una nuova partnership con l’Angola. Una partnership basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili non solo non è conveniente a fronte di una domanda di petrolio e gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutti gli scenari, ma è anche in rotta di collisione con l’andamento del mercato, con gli impegni presi dall’Italia dal punto di vista climatico e con gli obiettivi nazionali in ambito di politica estera.
Insistere sul gas nella relazione Italia-Congo lega sempre di più la politica estera italiana alla politica del gas, in contrasto con gli impegni presi dal punto di vista climatico. Una nuova partnership con il Congo dovrebbe invece incentrarsi su un impegno concreto del governo italiano su diversi punti, che vanno dall'impegno a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio al reindirizzamento degli incentivi di finanza pubblica.
Il governo italiano guidato dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sta puntando moltissimo sul continente africano. La volontà del governo di sottolineare la propria proiezione nel Mediterraneo, sino a includere il continente africano, è al centro del Piano Mattei. Durante il Summit Italia-Africa del 28 e 29 gennaio, alla presenza dei leader di numerosi Paesi africani, verranno presentate la cornice politica e le direttrici di intervento di questo Piano, annunciato sin dall’insediamento dell’attuale governo.
Il rilancio delle relazioni tra Italia e Africa si inserisce in un contesto di rinnovato interesse verso il continente africano. Il progetto strategico per l’Africa cui sta lavorando il Governo Meloni – il cosiddetto Piano Mattei – si dovrebbe basare su relazioni paritarie e vicendevolmente vantaggiose con i partner africani, in un contesto “non predatorio”. In questo quadro il Mozambico rappresenta un partner estremamente rilevante per Roma e dalle radici particolarmente solide sia dal punto di vista governativo sia a livello di cooperazione internazionale e società civile.
Sullo sfondo di una ondata di caldo nel Mediterraneo molto acuta, i leader internazionali non possono ignorare il ruolo che il cambiamento climatico esercita nell’esasperare le criticità, soprattutto nel continente africano. La comunità scientifica internazionale ha inequivocabilmente riconosciuto la causa antropica del cambiamento climatico radicata nell’utilizzo dei combustibili fossili. Le conseguenze sono palesi in termini di impatti fisici e sui sistemi idrici e alimentari e implicazioni socio-economiche, geopolitiche e sicuritarie, incluso un nesso evidente con i fenomeni migratori.