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Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Angola?

Leggi il policy briefing “Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Angola?”

Il Piano Mattei, la nuova strategia dell’Italia per il continente africano presentata a gennaio 2024 in occasione del Summit Italia-Africa, conferma un rinnovato focus dell’Italia sul continente africano. All’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, il Governo si è rivolto a numerosi partner africani al fine di diversificare le proprie forniture di gas, allora principalmente provenienti dalla Russia.

L’attivismo diplomatico italiano verso l’Africa ha riguardato anche l’Angola. La visita a Roma del Presidente dell’Angola João Manuel Gonçalves Lourenço a maggio 2023 è stata la prima di un leader angolano dall’epoca dell’indipendenza del Paese, e ha fatto seguito alla missione in Angola che gli allora Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Luigi di Maio e Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani svolsero ad aprile 2022. Alla presenza anche dell’Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi, Roma e Luanda hanno concordato l’aumento di forniture di gas di 1,5 miliardi di metri cubi l’anno, giudicate chiave per smarcarsi dal gas russo. I rapporti italo-angolani sono principalmente di natura economico-commerciale, trainati dal settore oil&gas. Ad oggi, l’Angola figura tra i primi dieci fornitori di petrolio all’Italia, nonché tra i fornitori di gas naturale liquefatto (GNL). Sebbene sia il secondo produttore di petrolio in Africa e un produttore emergente di gas, l’Angola sta registrando una produzione di idrocarburi in declino, da 7 anni per quanto riguarda il petrolio, da quasi 5 anni per il gas naturale.

Il caso dell’Angola dimostra chiaramente come impostare una partnership sullo sfruttamento di combustibili fossili, soprattutto petrolio in questo caso, non abbia giovato in alcun modo allo sviluppo a tutto tondo del Paese, andando anzi ad alimentare un circolo vizioso di indebitamento, povertà e disuguaglianze. L’analisi mostra che, data la forte dipendenza del Paese dalla produzione e vendita di idrocarburi, l’economia nazionale è estremamente vulnerabile alla volatilità del prezzo del greggio. Allo stesso modo, scommettere su un’emergente industria del gas presenta numerosi rischi: investire nello sviluppo e rafforzamento del settore gasiero significa andare incontro a stranded capital, ossia all’impossibilità di recuperare investimenti in quanto non più remunerativi a causa di un collasso di prezzi e di domanda. Ne consegue che, se l’Angola non dovesse adottare alcuna misura per diversificare la propria economia, il prodotto interno lordo (PIL) dell’Angola potrebbe ridursi fino al 6% entro il 2050.

L’Angola dovrebbe perciò imbarcarsi in un percorso di riforme politiche e istituzionali, che permetterebbero l’accesso a nuovi finanziamenti per il clima e la diversificazione del sistema economico nazionale facendo leva su settori non petroliferi come le energie rinnovabili, l’agricoltura sostenibile, l’industria dei minerali critici, la pesca e l’eco-turismo. Questi settori, in quanto molto vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, dovrebbero essere sostenuti da politiche in materia di adattamento, in quanto un raggiungimento della resilienza climatica è indissolubilmente legato al successo della diversificazione economica dell’Angola.

Il Piano Mattei per lo sviluppo del continente africano rappresenta dunque una chance per l’Italia di ridefinire una nuova partnership con l’Angola. Tuttavia, una partnership basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili non solo non è conveniente a fronte di una domanda di petrolio e gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutti gli scenari, ma è anche in rotta di collisione con l’andamento del mercato (questo in maniera particolarmente acuta nello scenario di decarbonizzazione allineato a 1,5), con gli impegni presi dall’Italia dal punto di vista climatico e con gli obiettivi nazionali in ambito di politica estera, che mirano a promuovere stabilità nel continente africano.

Nel segno del carattere innovativo che dovrebbe contraddistinguere il Piano Mattei, una nuova partnership tra Italia e Angola dovrebbe invece incentrarsi su un impegno concreto del governo italiano sui seguenti punti:

  • Impegnarsi a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio, sia tramite un chiaro indirizzo politico che attraverso la finanza pubblica, per evitare il rischio di stranded capital, ossia investimenti non più remunerativi;
  • Reindirizzare gli strumenti di finanza pubblica, come le garanzie di SACE e il Fondo Italiano per il Clima (FIC) a supporto di settori non petroliferi ed emergenti come, per esempio, progetti di energia rinnovabile e di minerali critici, agricoltura sostenibile, pesca ed eco-turismo. Si tratta di settori che hanno un potenziale attualmente inespresso e che il governo angolano ha dichiarato la volontà di sviluppare al fine di perseguire una vera diversificazione economica del Paese, ormai ineludibile e urgente, e la cui attualizzazione risponde anche agli obiettivi del Piano Mattei, che mira a favorire lo sviluppo economico dei Paesi africani allo scopo di promuovere stabilità nel continente;
  • Ancorare un rinnovato focus italiano sull’Angola nella cornice del Piano Mattei alla più ampia strategia di cooperazione dell’UE con l’Angola, tramite strumenti e iniziative come il Sustainable Investment Facilitation Agreement (SIFA) e la Global Gateway Initiative;
  • Supportare l’adozione di politiche sull’adattamento nel Paese che possano affrontare in modo sistematico le perdite e i danni sul territorio. Più in generale, le politiche di adattamento al cambiamento climatico dovrebbero rientrare in una cornice più ampia di una strategia di lungo periodo, ad oggi mancante, che possa codificare gli impegni del Paese, in termini di politiche e obiettivi, verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Nel dettaglio, si dovrebbe tenere in considerazione il nesso tra clima e sicurezza alimentare, così come espresso alla Presidente del Consiglio Meloni in occasione della COP28;
  • Attivare e rafforzare forme di diplomazia economica e industriale per l’identificazione di progetti a zero emissioni che possano mobilitare la finanza privata e supportare una pianificazione a lungo termine, includendo sostegno all’innovazione e al capacity building lungo la catena del valore;
  • Infine, l’Italia dovrebbe supportare attivamente il governo angolano a identificare un modello di transizione del sistema fiscale, insieme all’Europa, alle istituzioni onusiane e alle Banche multilaterali di sviluppo.

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Foto di SmallmanA

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