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Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Repubblica del Congo?

Leggi il policy briefing “Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Repubblica del Congo?”

La visita della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella Repubblica del Congo ad ottobre 2023 si colloca nell’ambito del Piano Mattei, il piano strategico del governo Meloni per l’Africa, attualmente in via di definizione, la cui cornice politica e direttrici di intervento verranno presentante durante il Summit Italia-Africa, che si terrà a Roma il prossimo 28-29 gennaio alla presenza dei leader di numerosi Paesi africani. Nelle intenzioni dell’esecutivo, il Piano Mattei si caratterizzerà per un approccio pragmatico, paritario e non predatorio verso i partner africani, focalizzato su vantaggi e benefici reciproci, tanto per l’Italia e il suo interesse nazionale quanto in una più ampia cornice europea.

In questo quadro, i rapporti tra Roma e Brazzaville sono principalmente di natura economico-commerciale, in particolare nel settore oil&gas, recentemente rinforzati dagli accordi presi nel 2022 dal Presidente Sassou Nguesso con Eni per l’avvio a importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) in Italia. Eni, che è il maggior produttore di gas naturale nel Paese, ha rilasciato nei primi giorni di gennaio 2024 l’annuncio dell’introduzione di gas presso la Tango FLNG[1] che produrrà il primo carico di GNL entro il primo trimestre del 2024, rendendo così la Repubblica del Congo un produttore di GNL.  Oltre a essere il terzo produttore africano di petrolio, il Paese ospita 280 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturale, e si sta sempre più concentrando sul gas data la diminuzione della produzione di petrolio a causa del declino naturale dei giacimenti. Dal 2003 ad oggi, la produzione di gas è infatti aumentata arrivando a sfiorare 11 miliardi di metri cubi l’anno.

Un sistema economico incentrato sui combustibili fossili si sta però rivelando sempre più problematico per il Paese. La dipendenza dal settore petrolifero si è tradotta in un’elevata volatilità della crescita del PIL, incidendo sugli investimenti privati e sulle prospettive di crescita economica a lungo termine, mentre i tassi di povertà sono aumentati rispetto ai primi anni Settanta, quando il Paese ha iniziato a sfruttare le proprie risorse petrolifere. Il continuo affidamento sulle entrate derivate dal petrolio da una parte, e l’abbandono dei settori non petroliferi dall’altra ha inoltre provocato il dilagare della corruzione e una profonda immobilità economica. Ne consegue che, in assenza di riforme e cambiamenti, ovvero se il Paese non si adopererà per diversificare la propria economia e attrarre maggiori investimenti per il clima, le perdite economiche potrebbero raggiungere il 17% del PIL al 2050.

Le conseguenze del cambiamento climatico nel Paese sono particolarmente allarmanti, anche dal punto di vista sanitario: da inizio secolo ad oggi, infatti, quasi 600 mila persone sono state vittima di calamità naturali nel Paese, principalmente inondazioni ed epidemie.

In questo quadro, la Repubblica del Congo dovrebbe imbarcarsi in un percorso di riforme politiche e istituzionali, che permetterebbero l’accesso a nuovi finanziamenti per il clima e la diversificazione del sistema economico nazionale facendo leva su settori non petroliferi come la gestione delle foreste, le energie rinnovabili, l’eco-turismo e l’agricoltura sostenibile, e cercando di sviluppare la propria industria mineraria in modo sostenibile. Nella ristrutturazione della propria economia, il Congo dovrebbe inoltre approfittare del proprio posizionamento come “corridoio naturale” per servire la regione dal punto di vista commerciale, logistico e dei servizi.

Anche la partnership con l’Italia, in particolare nel quadro del Piano Mattei, dovrebbe ricalibrarsi in questa direzione. Un partenariato basata sullo sfruttamento di risorse fossili non rappresenta il migliore investimento per l’economia del Paese, in quanto va ad alimentare un circolo vizioso di indebitamento, povertà, disuguaglianze e corruzione, restringendo al contempo le capacità dei settori non petroliferi nel trainare l’economia verso una reale diversificazione. Per l’Italia, una partnership di questo tipo non solo non è conveniente a fronte di una domanda di gas italiana ed europea in diminuzione secondo tutti gli scenari, ma è anche in rotta di collisione con l’andamento del mercato (questo in maniera particolarmente acuta nello scenario di decarbonizzazione allineato a 1,5).

Insistere sul gas nella relazione Italia-Congo lega sempre di più la politica estera italiana alla politica del gas, in contrasto con gli impegni presi dal punto di vista climatico.

Una nuova partnership con il Congo dovrebbe invece incentrarsi su un impegno concreto del governo italiano sui seguenti punti:

  • Impegnarsi a non promuovere nuovi progetti di esplorazione e sviluppo di gas e di petrolio, sia tramite un chiaro indirizzo politico che attraverso la finanza pubblica, evitando quindi di imbrigliare l’Italia in impegni contrattuali ridondanti e non necessari.
  • Reindirizzare gli incentivi di finanza pubblica, come le garanzie di SACE e il Fondo Italiano per il clima (FIC), a supporto di soli progetti slegati dall’industria dell’oil&gas, per esempio in ambito di energia rinnovabile, conservazione delle foreste, agricoltura sostenibile – settori che hanno un potenziale attualmente inespresso e che, data la conformità e le necessità del territorio, possono rappresentare una base solida per rafforzare i settori non petroliferi sulla via della diversificazione economica nazionale, nonché rafforzare le strategie di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico.
  • Attivare forme di diplomazia economica e industriale per l’identificazione di progetti a zero emissioni, che siano aperte alla partecipazione di nuovi e diversi attori privati e che possano mobilitare la finanza privata.
  • Supportare l’adozione di politiche di adattamento nel Paese, che possano affrontare in modo sistematico le perdite e i danni sul territorio causati dal cambiamento climatico e i relativi costi futuri. Nel fare ciò, l’Italia dovrebbe agire in particolare sul nesso tra clima e sistemi alimentari e valutare una sinergia con l’Adaptation Fund, sul modello di quanto fatto con l’Etiopia, per agire in ambito di adattamento in Congo.
  • Assumere un ruolo di primo piano nel quadro dell’impegno europeo in Congo, sulla linea di quanto definito nel Programma indicativo 2021-2027 per la cooperazione UE-Congo.
  • Supportare attivamente il governo congolese ad identificare un modello di transizione del sistema fiscale, insieme all’Europa, alle istituzioni onusiane e alle Banche multilaterale di sviluppo.

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Per saperne di più in vista del vertice Italia-Africa

    • Summit Italia-Africa: opportunità e rischi del Piano Mattei: Il Piano Mattei, proposto dal governo italiano per rafforzare l’azione e l’impegno nel continente africano, sarà al centro del Summit Italia-Africa del 28 e 29 gennaio. Il Piano può favorire lo sviluppo sostenibile e di lungo termine del continente, a patto che si considerino alcune importanti questioni. Questo studio propone soluzioni con le quali il Piano può aiutare ad orientarsi e agire concretamente per una rinnovata strategia verso l’Africa.
    • Energia in Africa: quali relazioni tra Italia e Mozambico?: In questo studio recente analizziamo il ruolo del Mozambico come partner chiave nella transizione del Mediterraneo. In seguito alle recenti scoperte di giacimenti di gas, l’interesse dell’Italia si è principalmente concentrato sullo sviluppo di questo settore, tuttavia, il Mozambico ha un forte potenziale di energie rinnovabili, soprattutto idroelettrico e il solare, che genererebbero significativi benefici a livello sociale, politico e ambientale.

Foto di James Wiseman

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