Africa

Piano Mattei, sei mesi dopo: dove siamo?

Il Piano Mattei per l’Africa rappresenta una grande opportunità per riformare e rafforzare ulteriormente i legami tra l’Italia e i Paesi africani, contribuire alla crescita e allo sviluppo sostenibile di lungo periodo e alla resilienza del Continente africano tramite un approccio che coinvolga l’intero sistema Italia.

Un’opportunità che si inquadra in un contesto, quello africano, particolarmente bisognoso di investimenti. Infatti, l’Africa necessiterebbe di 500 miliardi di dollari, per garantire accesso all’energia a tutta la popolazione, e 438 miliardi di dollari per investimenti in adattamento entro il 2030.

Tuttavia, questa opportunità rischia di trasformarsi in un’occasione persa se azioni e misure contraddicono il raggiungimento degli obiettivi del Piano, andando così a sprecare risorse pubbliche e a minare la credibilità internazionale dell’Italia, che tanto ci ha investito.

Cosa sappiamo oggi del Piano Mattei

Il Summit Italia-Africa di gennaio 2024 ha sancito l’ufficializzazione delle direttrici di intervento su cui si regge il Piano – istruzione e formazione; salute; agricoltura; acqua ed energia – e l’annuncio dei primi progetti pilota in nove Paesi chiave – Algeria, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico, Repubblica del Congo e Tunisia – con la promessa di espanderli ad altri Stati africani secondo una logica incrementale.

A metà luglio 2024, maggiori dettagli sono emersi nel quadro del Piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei, documento programmatico-strategico volto a promuovere lo sviluppo in Stati africani, che costituisce parte integrante del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) di adozione del Piano Mattei, in discussione in Parlamento. Il documento inquadra la centralità del partenariato Italia-Africa, i criteri di intervento e gli obiettivi del Piano, che mira a promuovere una crescita sostenibile nel Continente africano che tuteli il “diritto a non migrare” delle popolazioni e sia garanzia di stabilità e sicurezza – oltre che base per più fruttuose relazioni economiche tra l’Italia e i suoi partner africani.

Come anticipato durante il Vertice Italia-Africa, e come consolidato nel corso degli ultimi mesi nel quadro G7, il documento sottolinea la sinergia con altre iniziative internazionali di partenariato con l’Africa come Global Gateway e Partnership for Global Infrastructure and Investment – PGII, al fine di massimizzare gli sforzi dei diversi partner internazionali “like-minded” e avere a disposizione più fondi e mezzi di quelli mobilitati per il solo Piano Mattei. Al contempo, si tratta anche di un’occasione per il Governo di aumentare la rilevanza della propria iniziativa, farne convergere gli obiettivi in una più ampia cornice multilaterale e porsi, soprattutto a livello europeo, come punto di riferimento per l’azione verso l’Africa.

Leggi la memoria dell’audizione di ECCO presso la Commissione Permanente Affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati del 24 luglio 2024

Cosa manca 

Nei sei mesi che hanno seguito il suo annuncio ufficiale, la gestione e articolazione del Piano hanno destato una serie di criticità: un carattere frammentato, la difficoltà di ricondurre i singoli progetti a una più ampia cornice strategica, e l’assenza di chiarezza e trasparenza (e relativa sistematizzazione). Criticità che permangono nonostante il documento programmatico-strategico pubblicato a luglio.

Strategia cercasi

Come dichiarato dalla Presidente Meloni, il Piano Mattei ambisce a sancire un cambio di passo strategico nell’approccio italiano verso l’Africa, accompagnando lo sviluppo sostenibile del continente “su base paritaria”.

Tuttavia, risulta ancora complesso mettere in relazione una scelta sinora frammentata di progetti con una più ampia cornice strategica. Rimane infatti da valutare sia la fattibilità degli obiettivi del Piano, di là dalla dimensione specifica di ogni progetto, sia la possibilità che le modalità di cooperazione annunciate possano davvero rispondere alle finalità più alte del Piano in materia di promozione di effettivo sviluppo inclusivo e promozione di stabilità nel Continente.

In questo quadro, la creazione di “valore aggiunto” per le popolazioni africane, eretta a criterio generale di intervento del Piano, dovrebbe portare al superamento di un modello relazionale basato sul dualismo tra chi detiene le risorse (i Paesi africani) e chi, come l’Italia e altri Paesi europei, ha sinora sostanzialmente mirato ad appropriarsene, e detiene i fondi e tecnologiche per trasformarle. Ad oggi, tuttavia, sembrano esserci poche certezze riguardo all’effettiva creazione di valore aggiunto per le comunità locali di alcuni progetti coinvolti nel Piano, tra cui l’iniziativa portata avanti da Eni in Kenya per espandere la produzione e la lavorazione di biocarburanti avanzati. Un progetto il cui ruolo rispetto alla decarbonizzazione e agli impatti socioeconomici sull’economia locale e popolazione keniota ha sollevato numerosi dubbi.

Chiarezza cercasi

Sebbene il DPCM abbia fornito maggiori dettagli, continua a farsi sentire la mancanza di un meccanismo di tracciabilità dei singoli progetti e dei loro obiettivi. In particolare, nonostante quanto dichiarato nel documento, sembra mancare un cronoprogramma che dettagli le diverse fasi e gli orizzonti temporali dei vari progetti pilota, e che fornisca indicazioni anche sulle tempistiche di scalabilità degli stessi.

Alcuni progetti inseriti nel DPCM presentano inoltre grosse lacune in materia di stime finanziarie precise o di una chiara identificazione delle fonti di finanziamento che verranno effettivamente utilizzate per la copertura di ogni investimento.

Infine, la scelta finora frammentata di progetti non è riconducibile a chiari criteri di impatto o legati a obiettivi specifici presenti nei Piani di sviluppo dei Paesi africani, rendendo così più difficile scongiurare che la scelta dei progetti ricada all’interno di logiche che supportano relazioni clientelari o favoritismi rispetto a interessi costituiti, siano essi di imprese o di governi.

Tutti dettagli, questi, la cui assenza assume ancora più rilevanza considerato il mancato appuntamento con la Relazione Parlamentare prevista dal Decreto Legge sul Piano Mattei, che era prevista per il 30 giugno. Come evidenziato anche da una recente interpellanza del Partito Democratico, questa mancanza solleva ancora più dubbi sul Piano, sulla trasparenza e sulla governance dell’intero processo.

La strategia finanziaria: necessità di trasparenza e accountability del Piano Mattei

Il DPCM propone una panoramica delle risorse finanziarie e i meccanismi di supporto disponibili. Tuttavia, non è chiaro come questi fondi saranno gestiti e su come verranno rispettate le condizionalità originarie, che potrebbero essere distorte o diluite.

Il Piano Mattei potrà contare su fondi pubblici già operativi, come il Fondo Italiano per il Clima (FIC) e il Fondo Rotativo per la Cooperazione allo Sviluppo. Il FIC è destinato a finanziare progetti volti a contrastare il cambiamento climatico, con un focus equamente ripartito tra la dimensione della mitigazione e quella dell’adattamento; come confermato da Meloni in sede COP28, esso sarà destinato per il 70% proprio al continente africano. Date le ampie finalità del Piano Mattei e la mancanza di chiarezza sui criteri di  scelta dei progetti finanziati dal FIC, vi è timore che queste risorse possano essere deviate verso iniziative che non contribuiscono direttamente alla riduzione delle emissioni di gas serra o all’adattamento ai cambiamenti climatici.

Un punto di riflessione rilevante è il recente trasferimento della gestione del FIC dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) alla Presidenza del Consiglio, nell’ambito della Struttura di missione del Piano Mattei. Questo cambiamento rende ancora più fondamentale stabilire modalità e criteri chiari che permettano di distinguere gli interventi “altri” supportati finanziariamente dal Fondo Italiano per il Clima da quelli specificamente ascrivibili al Piano Mattei. In particolare, è necessario chiarire quali interventi saranno esclusi dalla supervisione del Comitato di indirizzo e del Comitato direttivo del FIC e quali rientreranno sotto la gestione del Piano Mattei.

L’inclusione delle risorse multilaterali accanto a quelle bilaterali è da valutare positivamente, in quanto meccanismo che permette di moltiplicare l’impatto degli investimenti italiani grazie al co-finanziamento internazionale o alle azioni di leva. Per esempio, il Fondo concessionale per lo sviluppo della Banca Mondiale (International Development Association – IDA), la cui ricostituzione è prevista per il prossimo dicembre, ha una leva stimata di 3,5. Ciò significa che per ogni euro che il Governo italiano dedica a IDA, il Fondo riesce a raccogliere 3,5 euro sul mercato dei capitali. Tuttavia, manca ancora chiarezza su come il Governo si attiverà rispetto a questi fondi.

L’importanza della rendicontazione

La trasparenza e la rendicontazione periodica sono elementi fondamentali per garantire la credibilità e l’efficacia del Piano. Un monitoraggio continuo è cruciale non solo per valutare l’impatto dei progetti finanziati, ma anche per assicurarsi che le risorse vengano utilizzate in modo ottimale e in linea con gli obiettivi dichiarati del Piano.

Attualmente, la selezione dei progetti inclusi nel DPCM solleva interrogativi significativi. La mancanza di trasparenza del processo di selezione dei progetti e della pubblicazione della valutazione d’impatto, inclusa una valutazione di alternative più sostenibili, rischia di esporre questa scelta all’influenza di interessi precostituiti, di imprese o governi di Paesi terzi, piuttosto che essere dettata da una visione strategica d’impatto e un processo inclusivo e trasparente in linea con i rispettivi interessi pubblici. Questa ambiguità può minare la fiducia pubblica e internazionale nel Piano, compromettendo il suo potenziale di contribuire realmente allo sviluppo sostenibile in Africa.

Una rendicontazione dettagliata può servire, al contrario, a diversi scopi. Primo, può aiutare a chiarire il processo decisionale alla base della selezione dei progetti, fornendo un quadro chiaro su come e perché determinate iniziative siano state privilegiate rispetto ad altre. In secondo luogo, offre un mezzo per valutare l’efficacia dei progetti in termini di impatti economici, sociali e ambientali, sia per i Paesi africani sia per l’Italia. Non da ultimo, la trasparenza nella gestione dei fondi pubblici è essenziale per prevenire possibili conflitti di interesse e garantire che i finanziamenti siano destinati a progetti che rispettino rigorosi criteri di sostenibilità e inclusività.

Le criticità del sostegno alla finanza privata

Il sostegno alla finanza privata, tramite strumenti come la “Growth and Resilience platform for Africa” (cd. GRAf) o il “Plafond Africa”, rappresentano certamente un passo avanti positivo, ma rimangono lacune significative nella strategia complessiva e nei dettagli operativi. Un aspetto critico è l’ambiguità che circonda il ruolo del “comitato tecnico” che, come menzionato nel DPCM, sarà responsabile dell’approvazione delle garanzie pubbliche per le operazioni del GRAf. Chi compone questo comitato tecnico? Quali sono le qualifiche e l’indipendenza dei suoi membri? Su quali criteri si baserà l’approvazione delle garanzie? Perché non è la stessa SACE, a cui il Piano Mattei dedica un ruolo specifico, a gestire questo processo? Tutte domande, queste, le cui risposte sono fondamentali per comprendere se le decisioni saranno prese in modo trasparente e imparziale, o se ci sarà spazio per influenze esterne non dichiarate. In altre parole, solo con una maggiore chiarezza e trasparenza il GRAf potrà realmente incentivare la mobilitazione di risorse private in modo efficace e sostenibile.

Progetti al servizio degli obiettivi del Piano: i criteri di ammissibilità

La richiesta di trasparenza nei progetti del Piano Mattei finanziati dal FIC e da altri fondi riguarda con urgenza anche i criteri di selezione utilizzati. È fondamentale che questi siano chiari, rigorosi, verificabili, che garantiscano l’effettiva capacità dei progetti di contribuire agli obiettivi di sviluppo dei piani nazionali del Continente e degli obiettivi comuni che Italia e Paesi africani hanno firmato alla COP28, inclusa l’uscita progressiva dai combustibili fossili e misure di adattamento ai cambiamenti climatici, senza possibilità di essere ampliati senza giustificazione (come già successo in più di un’occasione).

Ad oggi, la metodologia e i criteri utilizzati dal FIC è quella dei Rio Markers dell’OCSE, ma è necessario che, alla luce dei nuovi impegni di COP28, della necessità di incentivare imprese e investitori verso la transizione, dei profitti record delle imprese energetiche del 2022-2023 e di scarsità di risorse pubbliche, questi vengano affiancati da criteri di finanziamento pubblico di progetti nel settore petrolifero e del gas. Questo vale anche per l’agenzia di credito all’esportazione, SACE, il cui ruolo viene previsto come strumento ad hoc di finanza agevolata finalizzato al sostegno degli investimenti produttivi delle imprese esportatrici con interessi in Africa. Affinché il Piano Mattei risponda alle finalità di delineare una strategia verso l’Africa che favorisca una crescita economica e sostenibile in linea con le sue potenzialità e le esigenze della decarbonizzazione, rispettando al contempo gli obiettivi climatici, è necessario reindirizzare le garanzie di SACE a supporto di progetti slegati dall’industria dell’oil&gas. A maggior ragione nel caso in cui questi progetti siano finalizzati solamente all’esportazione di risorse energetiche fossili verso l’Italia e l’Europa. Come mostrano gli scenari indipendenti sul gas elaborati da ECCO, la sicurezza energetica è oggi già ampiamente garantita dagli sforzi fatti nel 2022-2023 per rispondere alla crisi del gas e lo sarà ancor di più nei prossimi anni se l’Italia raggiungerà i propri obiettivi di decarbonizzazione, grazie ai quali sarà possibile ridurre in modo significativo il consumo di gas, in primis nel settore elettrico e a seguire in quello residenziale e progressivamente nell’industria, e quindi la necessità di nuove infrastrutture e produzione di gas.

L’oil&gas nel Piano Mattei

Il Piano Mattei menziona l’intenzione di sviluppare nuove risorse gasiere nei Paesi africani, individuando il gas naturale “come necessaria fonte transitoria all’interno di un percorso di decarbonizzazione”. Tuttavia, non sono fornite alcune analisi oggettive, verificabili e comparate, rispetto alle alternative pulite e già immediatamente disponibili, di questa affermazione. Allo stesso tempo, viene fatto riferimento, anche se non in modo esplicito per il gas, alla possibilità di sfruttare le risorse energetiche del Continente per esportarle e rendere così l’Italia un hub di approvvigionamento energetico per l’Europa. Anche in questo caso, manca totalmente una giustificazione oggettiva rispetto agli scenari di fabbisogno odierno e futuro di gas dell’Italia e dell’Europa.

La mancanza di analisi basate su dati e scenari e di chiarezza rispetto all’effettivo ruolo del gas mette in luce ancora una volta la necessità di maggiore trasparenza rispetto agli interessi che il Governo sta perseguendo in Africa – soprattutto in un ambito, quello fossile, che ancora oggi costituisce il cuore del partenariato italo-africano, e considerando che la retorica dell’Italia come “hub energetico” ha storicamente conciso con “hub del gas”.

Entrano qui nuovamente in gioco i criteri di ammissibilità, anche rispetto agli impegni climatici presi dall’Italia e dai Paesi africani, non da ultimo la dichiarazione della COP28 che impegna tutte le Parti alla necessità di uscire gradualmente dai combustibili fossili nei sistemi energetici. L’adozione di criteri chiari di ammissibilità metterebbe in luce la contraddizione e incompatibilità di progetti basati sullo sfruttamento di nuove risorse di gas e petrolio dei Paesi africani con una crescita realmente inclusiva e sostenibile per l’Africa con la necessità di garantire la sicurezza energetica dell’Italia e dell’Europa.

È stato infatti ampiamente dimostrato che, all’interno di uno scenario che limita il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C in cui le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) scendono oltre il 60% tra il 2020 e il 2050, gli investimenti in gas africano perderebbero di valore, con impatti distruttivi sulle già fragili economie dei Paesi produttori. A questo proposito, in un recente policy brief abbiamo messo in luce come la promozione di uno sviluppo economico sostenibile e di lungo periodo dei Paesi africani non coincida con un modello fossile ed estrattivo, come dimostrano tra gli altri i casi di Mozambico, Repubblica del Congo e Angola.

Un’alternativa per l’Africa

Allo stesso modo, per rispondere al bisogno di ampliare l’accesso all’energia della popolazione africana, il Piano Mattei propone l’adozione di una gerarchizzazione delle fonti energetiche “sulla base della loro efficacia di attuazione che tenga conto delle specificità dei contesti locali”. In questo quadro, le uniche soluzioni efficaci, e che tengono conto di un contesto in cui il 45% della popolazione non ha ancora accesso all’elettricità, sono l’energia rinnovabile, lo sviluppo di reti elettriche e l’efficienza dei sistemi energetici dei contesti urbani in grande crescita. Il prezzo delle energie rinnovabili, in particolare dell’energia solare ed eolica, è diminuito drasticamente negli ultimi anni, ma è anche stato stimato che i nuovi parchi solari ed eolici con batterie di accumulo sono già competitivi e saranno presto più economici della maggior parte degli impianti a gas.

In altre parole, un partenariato Italia-Africa basato sulle fonti fossili non può rispondere al modello di crescita pragmatico, paritario, sicuro e sostenibile di lungo termine cui l’Italia vuole contribuire attraverso il Piano. In questo quadro, uno dei grossi rischi è di replicare il modello estrattivo che ha caratterizzato l’industria fossile. La creazione di valore e ricchezza a livello locale che possa essere distribuita e generare reale crescita per la popolazione dovrebbe essere alla base di ogni singolo progetto, inclusi quelli di energia rinnovabile e sulle materie prime critiche (Critical Raw Materials – CRM), che nonostante la loro rilevanza in ambito di transizione energetica possono facilmente veicolare un nuovo approccio estrattivo di appropriazione delle risorse africane. In assenza di dettagli sulle modalità di investimento e cooperazione che il Piano Mattei intende mettere in campo in ambito di CRM, è centrale che la strategia italiana contribuisca a un’industria estrattiva africana in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile in ambito di diritti umani, standard ambientali e lavorativi e di governance del settore.

Per valutare questo tipo di impatti dei progetti si dovrebbe integrare una valutazione ex-ante che misuri gli impatti socioeconomici sulla popolazione e sull’economia locale, rispetto anche ai piani di sviluppo nazionale elaborati dai Paesi africani, nonché i benefici in termini di accesso all’energia, espansione delle reti elettriche, efficienza energetica, risparmio di emissioni, conservazione e ripristino della biodiversità, oltre all’impatto sulle finanze pubbliche del Paese beneficiario e di quello fiduciario. Questi criteri di valutazione dovrebbero inoltre essere affiancati da un’analisi delle esternalità rispetto a un progetto alternativo per evitare il rischio di assecondare interessi costituiti che non rispondano agli obiettivi del Piano. Si dovrebbe includere inoltre un processo di monitoraggio e una valutazione ex-post per verificare se l’atterraggio delle attese ricadute positive e se queste rispondano effettivamente alle necessità della popolazione locale. Al fine di rendere questo processo il più trasparente possibile, è necessario che queste verifiche siano effettuate da un ente terzo indipendente, esterno alla Cabina di Regia, che avvii anche un processo di consultazione con le comunità e le aziende locali interessate dal progetto.

Credibilità dell’Italia sul piano internazionale: i prossimi passi

A fronte dei vari interrogativi ancora aperti, è necessario lavorare per raggiungere maggiore chiarezza, trasparenza e aderenza della definizione dei progetti rispetto agli obiettivi dichiarati del Piano Mattei. Questo, non solo in ambito bilaterale, ma anche multilaterale e intergovernativo.

L’impegno italiano sul clima emerso alla COP28 dovrà essere rinnovato alla COP29 di Baku, dove si discuterà principalmente di finanza per il clima – e l’Africa, secondo le stime, necessiterebbe di almeno 200 miliardi di dollari l’anno da qui al 2030 per colmare i propri bisogni in quest’area.

Il Piano Mattei dovrebbe assumere una direzione più concreta anche nel quadro della ministeriale G7 Sviluppo a fine ottobre – alla luce anche della dichiarazione finale del Summit G7 di Borgo Egnazia, dove il Piano Mattei è stato accolto positivamente a fianco di più ampie iniziative come le sopracitate Global Gateway e Partnership for Global Infrastructure and Investment – PGII. Iniziative, queste, il cui focus sulla transizione energetica e sul relativo sviluppo infrastrutturale può fornire la giusta ampiezza e ancoraggio al Piano Mattei nel suo ruolo di catalizzatore di crescita verde e sviluppo sostenibile per il Continente africano.

Infine, la prossima presidenza sudafricana del G20 (cui dal 2023 partecipa come membro permanente anche l’Unione Africana), potrà essere cruciale affinché la voce del Continente africano possa davvero emergere – a beneficio anche di un Piano Mattei che, in spirito non paternalista, risponda davvero alle esigenze dei Paesi africani, e che tenga conto delle iniziative e strumenti già introdotte dagli attori africani, andando a rafforzarle e integrarle.

La finestra di opportunità politica per rendere il Piano Mattei un vero piano che supporta il futuro dell’Africa è ancora aperta – ma per coglierla occorre ricalibrare i prossimi passi nella giusta direzione. La credibilità del Piano – e con esso dell’Italia come attore internazionale, nei confronti dei Paesi africani ma non solo – dipenderà da ora in poi da quello che si farà nel concreto più che dalla narrativa.

Leggi la memoria dell’audizione di ECCO presso la Commissione Permanente Affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati del 24 luglio 2024

 

Foto di Governo Italiano

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