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Quanti investimenti sono necessari per decarbonizzare l’economia italiana?

Un’analisi propedeutica alla revisione del PNIEC

Tra qualche settimana il Governo dovrà presentare a Bruxelles il nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). L’ultima versione del PNIEC, risalente al 2019, è largamente superata, dato che non è adattata, fra le altre cose, alle nuove ambizioni di decarbonizzazione europee e ad iniziative legislative come Fit for 55 e REPowerEU.
Con il nuovo PNIEC sarà quindi necessario recepire i nuovi obiettivi, raccordarsi alla strategia europea, disegnare politiche di intervento coerenti e identificare investimenti adeguati.

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Il nuovo PNIEC è quindi un documento fondamentale per il futuro del Paese. Il Piano determinerà l’incisività e la credibilità delle iniziative, da cui dipenderanno tre punti di grandissima importanza:
(1) la rifocalizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sugli obiettivi energetici e climatici europei;
(2) la riforma del Patto di stabilità;
(3) l’eventuale costituzione di un Fondo Sovrano europeo per il clima e la sicurezza energetica. Il modo in cui queste sfide verranno affrontate ci dirà se l’Italia riuscirà a sfruttare appieno le opportunità di rilancio economico che la transizione ecologica offre.

  1. Per quanto riguarda l’allineamento del PNRR con gli obiettivi del Green Deal, sembrano esserci ancora discrepanze, visto che il livello degli investimenti aventi impatti climatico-ambientali positivi risulta essere meno della metà rispetto a quello previsto dalle regole europee. L’opportunità di una revisione del PNRR è incentivata dalla possibilità di aggiungere nuove norme e finanziamenti dedicati all’efficientamento energetico offerte dal REPowerEU e dagli indirizzi di politica industriale tracciati nel Green Deal Industrial Plan (GDIP). La revisione del PNRR dovrebbe quindi essere svolta contestualmente all’aggiornamento del PNIEC: quest’ultimo rappresenta infatti un buon contesto nel quale utilizzare gli obiettivi europei come base su cui adattare i piani di investimento italiani, che sono ancora lontani dall’includere le somme necessarie alla transizione “green”. Da questo punto di vista, ECCO stima che questi investimenti devono ammontare ad almeno 120-134 miliardi di euro medi annui. Uno sforzo finanziario enorme ma che comporterebbe opportunità di crescita e di occupazione, a patto che oltre alle adeguate risorse pubbliche corrisponda anche un riorientamento della finanza privata.
  2. Le bozze di riforma del Patto di Stabilità prevedono la negoziazione preliminare, tra governi e Commissione europea, dei percorsi di aggiustamento pluriennali specifici per ciascun Paese e di una disciplina più rigida e rigorosa lungo il percorso. Con un Patto di Stabilità caratterizzato da questa configurazione, i governi nazionali avranno la responsabilità di conciliare gli investimenti “green” con le restrittive traiettorie di stabilizzazione delle finanze pubbliche, poiché non sarà possibile scorporare tali investimenti dal computo del saldo di bilancio. Di conseguenza, i paesi più indebitati avranno più difficoltà ad implementare misure per la transizione ecologica. Appare quindi decisivo, per un Paese come l’Italia, collegare al meglio gli investimenti pubblici agli obiettivi del Green Deal, allineando espressamente a questi ultimi PNRR e PNIEC.
  3. Se il Patto di Stabilità dovesse mantenere questa impostazione, il tema del finanziamento degli investimenti per la transizione dipenderebbe dalla costituzione di un Fondo sovrano europeo per il clima e la sicurezza energetica. Un fondo finalizzato alla decarbonizzazione e alla trasformazione ecologica rimarrebbe quindi l’unica opzione per finanziare la transizione e tutelare la competitività del paese. A sua volta, la necessità del Fondo troverebbe argomenti negoziali molto robusti da parte del Governo se le spese di investimento necessarie all’Italia fossero, attraverso il PNIEC, strettamente collegate al raggiungimento degli obiettivi climatici dettati e condivisi dalla stessa Unione e fossero rigorosamente coerenti con le finalità progettuali che l’Unione stessa già finanzia attraverso il PNRR.

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Photo by Kindel Media

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