COP30

Cos’è un NDC e perché è importante per il clima?

Cos’è un NDC e cosa contiene? 

  • I Contributi Nazionali Determinati (Nationally Determined Contributions, NDCs) sono documenti che delineano gli impegni climatici delle Parti che hanno firmato l’Accordo di Parigi. La somma di questi impegni contribuisce a contrastare i cambiamenti climatici, contribuendo, al tempo stesso, a promuovere lo sviluppo sostenibile e l’eliminazione della povertà. Secondo l’Accordo di Parigi del 2015, le Parti hanno il dovere giuridicamente vincolante di presentare i loro NDC ogni cinque anni, con l’obiettivo di limitare l’aumento delle temperature medie globali al di sotto dei 2 gradi e di proseguire gli sforzi per mantenerlo al di sotto di 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Questo significa che gli Stati e le organizzazioni regionali, come l’UE, elaborano i propri NDC e propongono nuovi impegni climatici ogni cinque anni. 
  • Quest’anno le Parti dell’Accordo dovranno presentare il loro NDC aggiornato (NDC 3.0), con obiettivi più ambiziosi per il 2035. Essendo determinati a livello nazionale, gli NDC possono presentare i loro obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni di CO2 sia in termini di obiettivi assoluti a livello economico, come richiesto per i paesi sviluppati, sia in termini di obiettivi relativi al PIL o ad altri indicatori economici, più comuni per i paesi in via di sviluppo. Alla COP28, nel contesto della decisione sul Global Stocktake, tutti i Paesi sono stati incoraggiati a presentare obiettivi di riduzione delle emissioni quantificati a livello economico, allineati a un percorso 1,5, che copra tutti i gas serra. In particolare, la Cina si è impegnata a includere tutti i gas serra e le attività economiche nel suo NDC 3.0, un passo avanti rispetto al suo precedente NDC, che fissava obiettivi solo per le emissioni di anidride carbonica e la diffusione delle energie rinnovabili. I Paesi possono proporre, nei loro NDC, obiettivi climatici condizionati al ricevimento di finanziamenti internazionali per il clima e/o obiettivi incondizionati che possono essere raggiunti solo con risorse nazionali 
  • Gli NDC possono anche includere azioni di adattamento, che i paesi in via di sviluppo tendono a includere come parte significativa del loro contributo all’azione globale per il clima. I paesi, sviluppati che sono soggetti a processi di rendicontazione più stringenti, tendono a riportare solo le politiche di mitigazione, anche se alcuni riportano i co-benefici di mitigazione delle azioni di adattamento che stanno pianificando. Le Parti comunicano anche i piani di adattamento che vengono dettagliati in una “Comunicazione sull’adattamento” separata.  

Dal momento che i contributi sono determinati a livello nazionale, come può la comunità globale valutare la propria posizione in termini di raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi? 

L’Accordo di Parigi stabilisce un meccanismo dedicato a questo scopo, noto come Global Stocktake (Articolo 14, Accordo di Parigi). Il Global Stocktake si svolge ogni cinque anni, in cui le Parti valutano i progressi collettivi verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo. Il Global Stocktake che si è tenuto  alla COP28 di Dubai nel 2023 ha evidenziato come le Parti siano lontane dal  raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sia per quanto riguarda l’adattamento che la mitigazione, e evidenzia  un crescente divario nei finanziamenti internazionali per il clima per i paesi in via di sviluppo. Tuttavia, ha anche rilevato che, senza gli NDC, il mondo si troverebbe su una traiettoria di aumento della temperatura media di 4°C, mentre le politiche attuali suggeriscono un aumento di 2. 1-2,8°C. Per questo motivo, la decisione globale della COP (1/CMA.5) ha chiesto di intensificare le politiche climatiche, tra cui l’obiettivo di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile installata, raddoppiare il tasso medio annuo di efficienza energetica e, infine, attuare il progressivo abbandono dei  combustibili fossili.

Mentre la Conferenza delle Parti (CMA) ha chiesto alle Parti di presentare la terza revisione del Contributo Nazionale Determinato entro febbraio 2025, il Segretariato Esecutivo dell’UNFCCC ha riconosciuto come sia più importante presentare NDC più strutturati ha dichiarato che le Parti devono presentare i loro NDC entro settembre affinché siano inclusi nel rapporto di sintesi dell’UNFCCC. Secondo il cosiddetto “meccanismo dell’ambizione” incorporato nell’Accordo di Parigi, il prossimo NDC dovrebbe includere impegni maggiori rispetto all’NDC attuale. Ad oggi, solo 22 delle 195 Parti dell’Accordo hanno presentato i loro NDC all’UNFCCC, anche se si prevede che questo numero cresca significativamente nei prossimi mesi.  

E l’NDC dell’Unione Europea?

Tra gli NDC che saranno presentati alla COP30 in Brasile, che delineano gli obiettivi per il 2035, c’è anche l’NDC dell’UE. L’Unione Europea partecipa ai negoziati in quanto organizzazione di integrazione economica regionale (art. 20 Accordo di Parigi), dopo aver concordato per consenso una posizione comune tra i suoi Stati membri. Ciò significa che gli Stati membri adottano un obiettivo climatico collettivo definito attraverso un NDC comune. L’obiettivo generale dell’attuale NDC dell’Unione Europea,  L’attuale obiettivo principale dell’NDC dell’UE è una riduzione netta delle emissioni del -55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Questo obiettivo generale è accompagnato da politiche settoriali legalmente vincolanti per garantirne il raggiungimento. Le politiche più importanti adottate dall’UE per raggiungere i suoi obiettivi climatici comprendono la revisione del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (EU ETS), il regolamento sulla condivisione degli sforzi (ESR) e il regolamento sull’uso del suolo, i cambiamenti dell’uso del suolo e la silvicoltura (LULUCF). La legislazione complementare comprende la direttiva sull’efficienza energetica, la direttiva sulle energie rinnovabili e tutti gli altri atti legislativi comunemente raggruppati sotto il nome di ‘Fit for 55’. Le politiche coprono tutte le emissioni dell’UE e si concentrano principalmente sui settori dell’energia, dei trasporti e degli edifici e sulla valorizzazione degli assorbimenti di carbonio. Collettivamente, esse contribuiscono a raggiungere l’obiettivo del -55% entro il 2030. Poiché la presentazione dell’NDC dell’UE all’UNFCCC è prevista per  settembre 2025, i leader dell’UE dovranno probabilmente definire  l’obiettivo dell’UE per il 2035 nel corso dell’estate, per poi presentarlo alla COP30 in autunno. 

L’Italia ha un proprio NDC?

L’NDC dell’Italia è l’NDC dell’UE, poiché l’UE ha firmato l’Accordo di Parigi in quanto organizzazione di integrazione economica regionale (art. 20 Accordo di Parigi). Di conseguenza, tutti gli Stati membri concordano un obiettivo comune a livello UE, che viene poi attuato a livello nazionale, su un periodo di dieci anni, in attuazione del regolamento sulla governance. L’obiettivo generale dell’UE viene poi “distribuito” tra gli Stati membri e i soggetti privati che operano nell’UE (attraverso il sistema ETS). A livello nazionale, gli obiettivi sono implementati attraverso i Piani nazionali integrati energia e clima (PNIEC). I PNIEC forniscono un quadro amministrativo per l’attuazione degli impegni di riduzione delle emissioni nell’arco di un periodo decennale. Poiché i PNIEC derivano dalla legislazione dell’Unione Europea e, in particolare, dal Regolamento sulla Governance , gli impegni assunti nei PNIEC devono essere allineati con il NDC dell’Unione Europea. Pertanto, i PNIEC devono includere le strategie degli Stati membri per allinearsi all’obiettivo collettivo dell’UE per il 2030. Attualmente, mentre il PNIEC dell’Italia si allinea con diversi obiettivi dell’UE, come quelli relativi alle energie rinnovabili, non è in linea con gli obiettivi di altri settori ad esempio nei trasporti. In particolare, l’Italia dovrebbe ridurre le proprie emissioni nei settori non ETS del -43.7% entro il 2030 rispetto al 2005; tuttavia, sulla base delle politiche esistenti incluse nel PNIEC, l’Italia otterrà una riduzione del -40.6%.  

Riusciremo a raggiungere gli obiettivi 2030 a livello europeo e italiano?

Gli strumenti politici chiave per il raggiungimento degli obiettivi UE per il 2030 sono i PNIEC. L’obiettivo generale dell’UE di ridurre le emissioni di gas serra del -55% entro il 2030 rispetto al 1990 è stato tradotto in forma giuridica dal pacchetto di direttive e regolamenti Fit for 55, che comprende diversi settori dell’economia. Dopodiché le strategie di attuazione e di raggiungimento degli obiettivi sono poi definite a livello nazionale. Considerando questa struttura di governance multilivello, le più recenti analisi dei PNIEC suggeriscono che rimane il rischio di non attuare pienamente le misure o di non raggiungere gli obiettivi dell’UE a livello nazionale , in particolare per quanto riguarda le politiche settoriali. Anche se diverse misure del Fit for 55 non sono ancora state pienamente attuate negli Stati membri, si potrebbe fare di più per raggiungere gli obiettivi nei prossimi cinque anni. Secondo il primo Rapporto biennale sulla trasparenza dell’UE presentato all’UNFCCC a dicembre, come principale requisito di trasparenza previsto dall’Accordo di Parigi, al 2022 le emissioni nette di gas serra dell’UE sono diminuite del 31,8% dal 1990. I dati preliminari pubblicati nel Climate Action Progress Report indicano un’ulteriore riduzione dell’8% nel 2023, per una riduzione totale del 37% dal 1990. 

Inoltre, un recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente afferma che l’UE probabilmente raggiungerà una riduzione del -49% emissioni di gas serra entro il 2030, ma potrebbe ancora conseguire l’obiettivo del -55% prevedendo misure nazionali aggiuntive. Anche se l’obiettivo generale è raggiungibile, l’andamento di diversi indicatori nelle politiche settoriali mostra che le politiche attuali rimangono insufficienti e che non c’è tempo da perdere nell’implementazione del Green Deal europeo. 

Quali sono le opportunità per l’Italia e l’UE derivanti da un NDC ambizioso?

Con un NDC ambizioso, l’UE confermerebbe l’impegno assunto con la Legge Europea sul Clima che sancisce l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 nella legislazione dell’UE. Durante l’estate, la Commissione europea modificherà la Legge Europea sul Clima e proporrà un obiettivo per il 2040. La traiettoria tra il 2030 e il 2040 sarà fondamentale per definire la velocità della transizione energetica nel prossimo decennio. Avere un obiettivo del -90% con una traiettoria ambiziosa per il 2035 rafforzerebbe  la leadership dell’UE nei negoziati multilaterali sul clima e aumenterebbe la sua capacità di influenzare l’accelerazione dell’ azione sul clima a livello mondiale.  Anche se non è necessario definire legalmente l’obiettivo del 2040 per adottare l’NDC dell’UE, i due documenti sono collegati e complementari. Un obiettivo ambizioso porterebbe anche a benefici economici per l’UE. Infatti, se da un lato l’attuazione del Green Deal non avrà grandi effetti positivi sul PIL , dall’altro preverrebbe quelli negativi riducendo significativamente i costi e i rischi per l’intero sistema economico di adattarsi agli effetti sempre più negativi dei cambiamenti climatici, come sottolineato dalla Banca Centrale Europea. 

A livello nazionale, l’ultimo rapporto di inventario dell’ISPRA evidenzia che nel 2023 l’Italia ha ridotto le emissioni del 26.4% rispetto al 1990 (esclusi i pozzi di carbonio naturali). Entro il 2030, l’Italia prevede di ridurre le emissioni di un altro 23% per raggiungere una riduzione delle emissioni del -49.4%. Se un obiettivo del 90% entro il 2040 venisse concordato a livello europeo, l’Italia beneficerebbe della  volontà  d’investire sulle politiche climatiche a lungo termine ,  incoraggerebbe gli investimenti e la pianificazione delle infrastrutture. 

Quali sono gli NDC più rilevanti a livello globale? Qual è il ruolo dei processi multilaterali complementari?

I Paesi che producono la maggior parte delle emissioni mondiali di gas serra sono Cina, Stati Uniti, UE, India, Russia, Brasile, Indonesia, Canada e Giappone. I loro NDC sono quindi importanti per capire se il mondo è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Tutti questi Paesi sono membri del G20, pertanto l’azione di questo forum multilaterale, che rappresenta 84% la domanda globale di elettricità nel 2024, contribuisce in modo significativo a promuovere impegni climatici che riguardano un’ampia porzione delle emissioni globali. Ad esempio, il G20 svolge un ruolo cruciale nell’impegnare le maggiori economie ad implementare attuare l’Accordo di Parigi e incrementare i finanziamenti per il clima: nel contesto del G20, il Brasile ha organizzato il primo Circolo dei Ministri delle Finanze con l’obiettivo di mobilitare 1,3 trilioni di dollari entro il 2035, sulla base dell’ultimo vertice che ha riconosciuto il ruolo fondamentale dei Ministri delle Finanze nell’azione per il clima. Nonostante queste iniziative, gli impegni dei membri del G20 sono ancora insufficienti per limitare la temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi. 

Cosa succede ora che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi?

L’Accordo di Parigi è stato strutturato in modo da escludere la possibilità di sanzioni in caso di non conformità o di recesso dall’Accordo (art. 28). Mentre la presentazione degli NDC è legalmente vincolante, l’Accordo di Parigi incoraggia un approccio bottom-up alle politiche climatiche, promuovendo la fiducia multilaterale e la cooperazione internazionale. Uscendo per la seconda volta dall’Accordo di Parigi, gli Stati Uniti hanno confermato la mancanza di considerazione dell’amministrazione Trump dei processi multilaterali. Il ritiro degli Stati Uniti è anche coerente con la strategia di Trump sulle tariffe, che implica attraverso l’obbligo di acquisto di GNL  a lungo termine ad altri Paesi, come quelli europei, di costruire la propria indipendenza energetica e la propria competitività, anche attraverso nuovi fornitori sui mercati globali. Nonostante le scelte dell’amministrazione federale, va sottolineato che 24 Stati americani si sono impegnati a sostenere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e ad attuare gli obiettivi climatici. Di conseguenza, a livello nazionale, gran parte delle politiche climatiche statunitensi sono ancora in vigore. A livello internazionale, mentre gli Stati Uniti hanno rinunciato a un ruolo di leadership sul clima, altre potenze, come la Cina, possono potenzialmente prendere il loro posto nell’economia delle tecnologie pulite. Il ritiro degli Stati Uniti può avere effetti anche in termini di finanziamenti per il clima, infatti il contributo che gli Stati Uniti fornivano al Sud globale potrebbe ridursi ulteriormente a causa del mutato panorama politico e compromettere il raggiungimento degli impegni condizionati degli NDC. 

Qual è il ruolo di art. 6 nel raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi?

Art. 6 dell’Accordo di Parigi promuove la cooperazione internazionale per ottenere riduzioni delle emissioni globali attraverso approcci cooperativi, tre meccanismi che includono approcci di mercato e non, per incentivare lo sviluppo sostenibile e all’eliminazione della povertà. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, i Paesi possono utilizzare volontariamente i crediti derivanti da progetti di riduzione ed eliminazione delle emissioni per il raggiungimento dei loro obiettivi NDC. Se riconosciuto dal proprio NDC, una Parte dell’Accordo di Parigi può acquistare crediti di carbonio per raggiungere i propri obiettivi climatici. Per assicurare una riduzione complessiva delle emissioni globali, è essenziale che i crediti siano allineati con l’Accordo di Parigi e abbiano una governance strutturata. Il Paris Agreement Crediting Mechanism (PACM) istituito dall’articolo 6, paragrafo 4, identifica le opportunità e convoglia i fondi tra l’acquirente e la Parte che ospita il futuro progetto. Questo meccanismo è destinato a sostituire il preesistente Meccanismo di Sviluppo Pulito (Clean Development Mechanism, CDM) creato dal Protocollo di Kyoto. Sebbene il CDM avesse basi teoriche simili, nel corso degli anni è stato oggetto di numerose critiche a causa di irregolarità nella sua attuazione. Considerando la possibilità di trasferire 1 miliardo di crediti CDM al nuovo meccanismo fino alla fine del 2025, l’efficacia di questi crediti è ancora in discussione al momento della stesura del presente documento. Tuttavia, è possibile utilizzare diversi tipi di crediti di carbonio, che variano notevolmente in termini di qualità e integrità ambientale, e i nuovi crediti hanno maggiore qualità e sono più affidabili rispetto al passato. Inoltre, i meccanismi di monitoraggio si sono evoluti negli ultimi anni e, se i sistemi MRV saranno messi in atto, i crediti potrebbero rappresentare un valido strumento per evitare costose riduzioni delle emissioni in Europa, contribuendo al contempo a ridurre le emissioni di gas serra a livello mondiale.  

 

Foto di UNclimatechange

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