COP28

COP28: un compromesso ambizioso passa dalla finanza

Durante la prima settimana della COP28, la finanza è protagonista, sia degli interventi dei Capi di stato e di Governo che hanno aperto la Conferenza, sia all’interno delle negoziazioni formali dell’UNFCCC.

Questo perché la finanza gioca un ruolo centrale nella costruzione della fiducia sulla disponibilità di capitali a sostegno di una transizione ambiziosa, che non vada a limitare lo spazio fiscale nei paesi in via di sviluppo a scapito degli altri obiettivi di sviluppo sostenibile.

Il conseguimento degli obiettivi dell’Articolo 2.1(c) – ovvero l’impegno di tutte le Parti firmatarie dell’Accordo di Parigi di allineare i flussi finanziari agli obiettivi dell’Accordo – richiede una trasformazione di tutti flussi finanziari – pubblici e privati, domestici e internazionali – coerenti con il clima, senza dimenticare l’importanza di garanzie per l’accesso ai finanziamenti, soprattutto per i paesi più fragili e vulnerabili.

Prima dell’inizio della COP, l’OCSE ha pubblicato il suo mobilitati dai paesi sviluppati tra il 2013 e il 2021. Sembra quindi possibile che l’obiettivo di 100 miliardi, promesso nel 2009, possa essere finalmente raggiunto nel 2022 (attualmente ci sono dati disponibili solo fino al 2021).

 

Finanziamenti per il clima: dove siamo

Dati Ocse indicano che nel 2021 sono stati forniti e mobilitati 89,6 miliardi di dollari. Un aumento del 7,6% rispetto al 2020, ma circa 10 miliardi al di sotto del target originario che si sarebbe dovuto raggiungere già a partire dal 2020. Il finanziamento pubblico, sia bilaterale che multilaterale, ha registrato invece un aumento quasi doppio tra il 2013 e il 2021. Il finanziamento per l’adattamento ai cambiamenti climatici ha registrato un calo di 4 miliardi di dollari (-14%).

Sebbene i finanziamenti per l’adattamento abbiano raggiunto un massimo storico di 63 miliardi di dollari, cresciuto del 28% dal 2019/2020, i flussi registrati restano dominati dagli attori pubblici (98%), con risorse frammentate da parte del settore privato. I flussi pubblici multilaterali e bilaterali di finanziamento, in particolare, sono diminuiti del 15%, (circa 21 miliardi di dollari) nel 2021.

Un’analisi ODI rivela che solo otto paesi sviluppati hanno rispettato la loro ‘giusta quota’ (fair share)di obblighi finanziari climatici nel 2021. L’Italia ha fornito solo il 64% della sua ‘giusta quota’, e solo il 62% rispetto agli obiettivi di adattamento di raddoppiare i contribuiti al 2025 rispetto ai livelli del 2019.

 

Quali nuovi impegni nella prima settimana della COP28?

La COP28 di Dubai è iniziata con l’approvazione inaspettata delle raccomandazioni del Comitato di Transizione per rendere operativo il fondo per le perdite e danni i primi impegni perdite e danni, seguita dai primi impegni economici di Emirati Arabi Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone e altri Stati membri dell’UE che ammontano a circa 700 milioni di dollari. L’Italia ha sorpreso tutti con l’annuncio della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di un contributo di 100 milioni di euro.

Sebbene la struttura del fondo si discosti dalle visioni originali dei paesi in via di sviluppo, questa decisione e questi impegni offrono un importante segnale di cooperazione tra i paesi, dando un più che positivo avvio alla COP28.

Gli impegni economici sono arrivati anche per il secondo rifinanziamento del Green Climate Fund, il Fondo verde per clima per supportare la transizione nei paesi in via di sviluppo, che ammonta a circa 12,7 miliardi di dollari (2,4 miliardi in più rispetto al primo finanziamento). L’Italia contribuirà con 300 milioni di euro. La Vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha promesso un contributo di 3 miliardi di dollari.

Tuttavia, questi impegni sono nettamente in contrasto con la mancanza di contributi per l’adattamento e con l’obiettivo del 2021 di raddoppiare tali finanziamenti entro il 2025 ai livelli del 2019. La conferenza dei donatori per il Fondo per l’Adattamento si è conclusa con 169 milioni di dollari di impegni, solo il 56% rispetto all’obiettivo di 300 milioni per il 2023. Ci auguriamo che ulteriori impegni al Fondo arrivino durante la seconda settimana, anche da parte dell’Italia.

L’Italia potrebbe fare la propria parte contribuendo con almeno la stessa cifra promessa nel 2020 di 30 milioni di euro, e rendendolo un contributo annuale, al fine di meglio comprendere l’andamento dei flussi finanziari futuri per l’adattamento. Un contributo che può essere preso dai fondi a disposizione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dalle aste annuali del sistema ETS.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato un pacchetto di impegni finanziari come contributo al quadro finanziario globale da loro promosso: un fondo di investimento da 30 miliardi di dollari per la transizione pulita, 4,5 miliardi di dollari per investimenti nella transizione energetica in Africa e, in un nuovo annuncio, piani per riorientare 200 milioni di dollari equivalenti in Diritti Speciali di Prelievo (SDR Special Drawing Rights) al Fondo di Resilienza e Sostenibilità del Fondo Monetario Internazionale.

 

Risorse e attori necessari per la transizione

Il primo rapporto del  Independent High-Level Expert Group on Climate Finance (HLEG), noto anche come rapporto Stern-Songwe, pubblicato lo scorso anno alla COP27, fece emergere che gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo dei paesi emergenti e in via di sviluppo (esclusa la Cina) ammontano a 2,4 mila miliardi di dollari entro il 2030, un aumento di quattro volte rispetto ai livelli attuali.

Figura 1 – Investimenti necessario per clima e sviluppo sostenibile (miliardi$/anno al 2030)

Fonte: LSE 2023

 

L’aggiornamento 2023 del rapporto Stern-Songwe, presentato lunedì 4 dicembre, indica le principali priorità di investimento e spesa. Queste rientrano in cinque categorie: transizione energetica; adattamento e resilienza; gestione delle perdite e danni; capitale naturale e agricoltura sostenibile; giusta transizione.

Ciò include:

  • la mobilitazione di risorse domestiche (comprese riforme fiscali e dei sussidi);
  • il finanziamento del settore privato internazionale, che deve aumentare più di 15 volte rispetto ai livelli attuali;
  • massimizzare l’efficienza del capitale, nuovi inserimenti di risorse finanziarie e garanzie, e aumenti regolari di capitale le Banche di Sviluppo Multilaterali;
  • aumento di 5 volte entro il 2030 dei finanziamenti agevolati.

 

Figura 2 – Mobilizzare le risorse finanziare necessarie per la transizione (miliardi$/anno al 2030 )

Fonte: LSE 2023

Le Banche Multilaterali di Sviluppo hanno lanciato  il 1 Dicembre 2023 la loro Country-Sector Platform Approach, con l’intenzione di passare ad un approccio più programmatico per raggiungere il cambiamento trasformativo e sistemico necessario. Queste piattaforme mirano a: potenziare le ambizioni climatiche dei paesi, accelerare l’individuazione di progetti e necessità di investimento; mobilitare finanziamenti sia dal settore pubblico che privato; potenziare la trasparenza e la responsabilità. Le tematiche trasversali includono: giusta transizione, natura e partecipazione del settore privato.

La Prima Ministra di Barbados, Mia Mottley, durante la Conferenza, ha proposto tasse innovative per finanziare la transizione, sostenendo che una tassa sulle transazioni finanziarie dello 0,01% potrebbe raccogliere 420 miliardi di dollari. Una tassa del 5% sui combustibili fossili ne raccoglierebbe 200 miliardi, una dell’1% sul valore delle spedizioni ne raccoglierebbe 70 miliardi e una, volontaria sull’aviazione, altri 50 miliardi. La Francia ha annunciato un Gruppo di Lavoro sulla tassazione internazionale per finanziare la riduzione della povertà e l’azione climatica con Kenya, Barbados, Spagna, Antigua e Barbuda e la Commissione europea come osservatore.

La COP28 è stato anche luogo di novità e accordi sulle Export Credit Agency (ECA), che insieme alle DFI (Development Finance Institutions) rappresentano due attori strategici per la mobilizzazione dei flussi finanziari per il clima. Australia e Norvegia hanno aderito al CETP, la Clean Energy Transition Partnership, siglata nel 2021 alla COP26 di Glasgow, per prevedere la fine dei finanziamenti pubblici internazionali (da parte delle ECA) per i progetti in combustibili fossili entro la fine del 2022. Da quest’anno la CETP arriva così a contare sulla partecipazione di 36 Stati, tra cui l’Italia e 5 istituzioni finanziarie pubbliche.

 

La Conferenza di Dubai è stata, inoltre, cornice del lancio della Net-Zero Export Credit Agencies Alliance (NZECA), la prima alleanza per la decarbonizzazione delle economie internazionali entro il 2050, sottoscritta da otto tra le maggiori Agenzie di credito all’esportazione. I membri dell’Alleanza si sono anche impegnati “to end new direct support for the fossil fuel energy sector”, sostenendo e allineandosi quindi all’Accordo di Glasgow 2021.

Durante la COP28, sono stati, infine, presentati i dati del nuovo rapporto della coalizione governativa Export Finance for Future (E3F) per la trasparenza dei dati delle Export Credit Agency. Tutti gli attuali membri E3F, coalizione lanciata nel 2021 che mira, allo stesso modo, all’allineamento dei finanziamenti pubblici delle ECA agli gli obiettivi 1.5C, hanno sottoscritto la CETP.

 

Secondo questo rapporto, nel 2022, i membri E3F hanno supportato 5,6 miliardi di euro in energia rinnovabili e infrastrutture elettriche, ovvero l’84% del totale delle loro esportazioni. L’Italia, però, presenta percentuali diametralmente opposte rispetto agli altri paesi europei: l’80% delle esportazioni sono relative al supporto di progetti fossili, mentre solo il 20% è dedicato al settore dell’energia rinnovabile e delle relative infrastrutture.

 

Figura 3 – Transazioni finanziarie estere in fonti fossili e rinnovabili dell’Italia (2015-2022)

Fonte: E3F 2023

Spostando l’attenzione sul settore finanziario privato, la COP28 ha segnato un ulteriore passo in avanti nella definizione di un piano regolatorio per lo sviluppo di Piani di transizione, credibili e allineati agli obiettivi 1.5°C. Alcuni tra i maggiori rappresentanti della comunità di regolatori ed esperti internazionali (UNEP, IFRS, PRI, ECF, UNCTAD, UNEP FI, V20) hanno annunciato la loro partecipazione alla Task Force on Net Zero Policy, il cui focus principale sarà quello di garantire politiche e regolamenti che supportino gli attori privati nello sviluppo di piani di transizione Net-Zero.

La nascita di questa Task Force si inserisce nel contesto più ampio delle iniziative relative ai piani di transizione, che sono iniziate durante la COP27 quando fu istituito l’High Level Expert Group (HLEG) sulle Net Zero Pledges of Non-State Entities, portando all’identificazione di 10 raccomandazioni principali per delineare una direzione chiara e ambiziosa per impegni Net-Zero credibili.

 

Nelle stanze dei negoziati

Le discussioni sul Global Stocktake (GST) hanno catturato l’attenzione della prima settimana, e le negoziazioni si sono arenate tra le solite divergenze ribadite dalle Parti. Il testo del GST contiene ancora troppe opzioni, ma anche ingredienti importanti per un risultato ambizioso che permetta di mantenerci in linea con l’obiettivo di rimanere al di sotto del 1,5°C. Vi è potenziale per potenziare ulteriormente il collegamento con azioni per accelerare la trasformazione del sistema finanziario, incluso il ruolo delle Banche Multilaterali di Sviluppo.

Le negoziazioni sul New Collective Quantified Goal mirano ad introdurre un nuovo obiettivo finanziario superiore all’attuale target dei $100 miliardi. L’obiettivo è uscire dalla COP28 con una decisione in grado di delineare gli elementi del nuovo obiettivo, compresa la trasparenza e una tempistica basata sui fabbisogni e le priorità dei paesi in via di sviluppo. Si è discusso della durata dell’obiettivo e di come migliorare l’accesso ai finanziamenti. Tuttavia persistono le differenze tra paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, soprattutto sulle fonti (pubbliche e/o private) e sulla natura del finanziamento (e.g. sovvenzioni).

Nelle discussioni dei temi dello Standing Commitee on Finance, sono emerse chiare divergenze tra paesi sviluppati e in via di sviluppo riguardo all’interpretazione dell’Articolo 2.1c, che tratta della coerenza dei flussi finanziari con un percorso verso basse emissioni di gas serra e uno sviluppo resiliente al clima. I paesi in via di sviluppo hanno manifestato preoccupazione su come i paesi sviluppati vogliano dare attuazione a questo articolo e temono l’imposizione di regolamentazioni e percorsi di sviluppo che non tengano conto delle diverse circostanze nazionali. Vi sono anche forti preoccupazioni riguardo alla possibile riduzione degli obblighi per i paesi sviluppati di fornire e mobilitare sostegno per mitigazione e adattamento, come previsto dall’Articolo 9 dell’Accordo di Parigi.

 

In conclusione

Dopo la COP, il G20 e il G7 avranno l’opportunità di approfondire ulteriormente e continuare la conversazione sulle riforme finanziarie internazionali in maggiore dettaglio, compreso il ruolo svolto dalle banche nazionali di sviluppo e dalle aziende attraverso i loro piani di transizione.

La prossima Presidenza italiana del G7 nel 2024 potrà essere l’occasione per fare passi avanti sulle riforme dell’architettura internazionale della finanza e sottolineare il ruolo cruciale della finanza di transizione come strumento vitale per i paesi sviluppati, al fine di allineare gli investimenti con gli obiettivi di emissioni zero. Allo stesso tempo, nel contesto del G20 dovranno essere prese in considerazione le caratteristiche dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo, come presupposti per lo sviluppo e l’adozione di quadri finanziari di transizione su misura. Ciò richiederà un approccio inclusivo che tenga conto delle sfide dei paesi in via di sviluppo nel loro percorso verso la sostenibilità.

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