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Verso COP27: crisi multiple, risposta unica

La COP27 si svolge in un anno estremamente complesso. Gravi disastri climatici colpiscono senza distinzioni diverse aree geografiche del pianeta. Guerre su più fronti mettono a rischio gli equilibri di forza. Una ripresa economica disomogenea e fortemente rallentata, crescenti crisi alimentari ed energetiche impattano negativamente sulla qualità di vita a livello internazionale.  

Una situazione ancor più grave per i paesi più fragili, costretti a gestire livelli crescenti di debito e spazi fiscali sempre più limitati, in un contesto di instabilità economica e crescenti rischi di una fase di recessione globale.  

I dati scientifici hanno già chiarito che questo decennio è l’ultima occasione per realizzare quelle azioni concrete per mettere in sicurezza le nostre economie e le nostre società da sicuri disastri climatici e ambientali. La condizione per il successo della salvaguardia climatica è quella Le emissioni devono smettere di aumentare immediatamente e diminuire del 43% entro la fine del decennio. I Paesi in via di sviluppo dovranno soddisfare la crescente domanda di energia a basso costo attraverso fonti rinnovabili e adattarsi all’impatto catastrofico della crisi climatica. Il taglio significativo delle emissioni e l’uso di combustibili fossili deve diminuire rapidamente fino a scomparire nei prossimi due-tre decenni, per lasciare strada all’aumento esponenziale di energie rinnovabili nel mix energetico globale ed efficienza energetica.  

Nonostante le evidenze scientifiche, i principali emettitori di gas a effetto serra – paesi G20 in primis – non hanno adottato finora soluzioni efficaci e adeguate ai rischi climatici che oggi noi tutti corriamo. 

La COP27 che si aprirà il 6 novembre a Sharm El-Sheikh in Egitto è un’occasione chiave per iniziare a colmare il ritardo accumulato e per intraprendere tutti gli sforzi necessari. Ora più che mai è necessario imprimere uno slancio politico e ripristinare la collaborazione e la fiducia tra i governi per affrontare la più grande sfida di questo secolo. L’azione sui cambiamenti climatici offre più che mai un percorso di uscita dalle crisi multiple e interconnesse che ci troviamo ad affrontare. 

Ruolo e limiti della COP27 

Se la crisi dei prezzi dell’energia e del cibo attirano giustamente l’interesse dei leader mondiali, è tuttavia l’azione per il clima ad offrire una via chiara e concreta per affrontare le sfide molteplici che la comunità internazionale è chiamata ad affrontare in modo coeso e solidale. 

Investire ad esempio in sistemi alimentari più resilienti e proteggere e ripristinare la natura dovrebbero essere considerate parte della risposta per affrontare la sfida immediata della fame e dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, con il duplice beneficio di ridurre le emissioni e affrontare gli impatti e le vulnerabilità del clima. 

Il compito principale della COP27 sarà quello di riunire tutti gli attori chiave per fornire risposte efficaci e immediate attraverso l’azione climatica e la cooperazione. Per farlo, i governi e gli attori non statali dovranno dimostrare di aver fatto progressi rispetto alle promesse fatte finora. Pur non essendo l’unico spazio per l’azione sul clima, la COP27 è infatti il principale momento di verifica in cui i cittadini e la società civile di tutto il mondo giudicano i progressi compiuti da governi e attori non statali dalla COP26 di Glasgow. 

Si dovrà inoltre lavorare per concordare nuovi modi per accelerare l’azione climatica su tutti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (mitigazione, adattamento e finanza), rilanciando la rilevanza di questo spazio multilaterale per affrontare i nodi principali che legano le attuali sfide globali. 

Questo include necessariamente un accordo su come affrontare collettivamente gli impatti climatici e le perdite e i danni da essi arrecati (Loss & Damage), aumentare i finanziamenti per il clima e accelerare la riduzione delle emissioni. 

La COP27, da sola, non riuscirà tuttavia a compiere i progressi di cui abbiamo bisogno per rispondere alle diverse crisi e nuove soluzioni dovranno provenire da altre sedi, come G20 e Banche Multilaterali di Sviluppo. L’azione e il processo decisionale in materia di clima trascendono i negoziati e richiedono un intervento sistemico su molteplici livelli. L’azione per il clima deve essere infatti integrata nelle politiche e nei processi decisionali governativi, subnazionali, aziendali e finanziari di tutto il mondo, con un sistema di verifica regolare e trasparente per valutarne la credibilità e i progressi nell’attuazione. 

I risultati da raggiungere a Sharm El-Sheikh 

La prossima COP deve dimostrare al mondo che l’azione climatica non è solo urgente e tra le priorità internazionali ma che i leader sono disposti a continuare a cooperare per affrontarla efficacemente anche per contribuire a risolvere le crisi globali ad essa collegate. 

Nello specifico, i Paesi dovranno dimostrare che stanno facendo progressi nell’affrontare meglio gli impatti climatici e sono disponibili ad erogare quanto prima maggiori finanziamenti per l’adattamento e per le perdite e i danni derivanti dai cambiamenti climatici. Parallelamente, dovranno chiarire come stanno concretamente accelerando le riduzioni delle emissioni e come intendono aumentare l’ambizione per mantenere la temperatura entro 1,5 gradi, come richiesto dalla scienza, garantendo che gli attori non statali siano adeguatamente coinvolti in questi sforzi. 

E’ evidente che tali risultati non potranno essere raggiunti in tempi brevi senza una trasformazione del sistema finanziario per garantire le risorse essenziali per il raggiungimento degli obiettivi climatici e di sviluppo. Il sistema finanziario internazionale deve essere in grado di sostenere volumi ambiziosi di almeno 5 mila miliardi di dollari l’anno fino al 2030. Ciò invierebbe anche un segnale forte che potrebbe essere sfruttato dai paesi in via di sviluppo per negoziare con i finanziatori privati nuove risorse per la transizione.  

Tale sostegno dovrebbe andare di pari passo con l’eliminazione dei finanziamenti diretti e indiretti ai combustibili fossili non solo da parte dei governi e delle rispettive agenzie di credito per l’export (come SACE), ma soprattutto dalla Banche Multilaterali di Sviluppo, mettendo a disposizione in parallelo risorse per gestire gli impatti socio-economici per una transizione giusta ma rapida.  

In questo scenario l’Italia si presenta forte di una credibilità internazionale assicurata anche dai risultati raggiunti dal governo Draghi nel corso della Presidenza G20 del 2021 e della partnership con il governo britannico per la COP26. Tuttavia il nuovo Governo appena insediatosi è chiamato a presentare le sue priorità nell’agenda climatica quanto prima.  

Il nuovo Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha recentemente sottoscritto la Dichiarazione per l’Azione Climatica del Centro-Destra, riconosce con essa l’urgenza di contrastare il cambiamento climatico, di assicurare il raggiungimento delle neutralità climatica entro la metà di questo secolo e di sbloccare i finanziamenti a sostegno dei paesi in via di sviluppo. La COP27 sarà allora la prima occasione internazionale nella quale il suo governo dovrà dimostrare come intende contribuire a perseguire questi obiettivi collettivi e se desidera farlo da protagonista al pari delle altre economie G7.  

 

Foto di Gerd Altmann – Pixabay

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