A pochi giorni dall’insediamento del nuovo Governo a guida Giorgia Meloni è possibile tracciare un primo bilancio rispetto agli orientamenti emersi su clima e energia. Se da un lato, la crisi energetica e il caro bollette rappresentano temi prioritari per il nuovo esecutivo, dall’altro, l’emergenza climatica non sembra godere della stessa attenzione. In entrambi i casi, la decarbonizzazione e il rispetto degli impegni climatici non vengono riconosciuti quali fattori strategici per la difesa dell’interesse nazionale e per il perseguimento della sicurezza e dell’indipendenza energetica italiana.
In questo senso, la scelta delle persone individuate per occupare le caselle chiave della squadra di governo appare in continuità con il precedente esecutivo Draghi. Non ultima la nomina dell’ex Ministro Roberto Cingolani come consigliere di Palazzo Chigi per l’energia. Scelte che appaiono dettate dalla necessità di affrontare le emergenze in corso, ma affette da una politica climatica non ancora definita all’interno della nuova coalizione di Governo.
Una sorta di reticenza nell’identificare la decarbonizzazione quale variabile chiave per ridisegnare i sistemi energetici nazionali si riscontra anche nelle scelte semantiche. Dal nuovo Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, scompare il riferimento alla transizione ecologica e viene marcato il tema della sicurezza. In questo senso, l’ordine di priorità dell’azione di governo sembra essere il perseguimento della sicurezza energetica indipendentemente dalla tipologia di fonte di energia e a prescindere dalle ricadute sul clima. Eppure, proprio la decarbonizzazione, attraverso rinnovabili ed efficienza energetica, rappresenta la grande opportunità politica per proteggere famiglie e imprese dal caro energia. La diversificazione dal gas russo con altro gas, invece, sembra contribuire alla contingenza ma perpetua l’instabilità dovuta alla dipendenza dai combustibili fossili, aumentando la vulnerabilità del Paese rispetto agli shock esterni.
Alcune indicazioni più specifiche possono essere rintracciate nel discorso programmatico che Giorgia Meloni ha tenuto alla Camera dei Deputati in occasione del primo voto di fiducia. A fronte di una positiva apertura alla collaborazione con le istituzioni europee, nell’ottica di una maggiore integrazione e disponibilità nell’affrontare le sfide comuni come l’approvvigionamento di materie prime e di energia, il nuovo governo non sembra aver incluso l’impegno climatico quale fattore di credibilità e autorevolezza nei consessi negoziali europei. L’emergenza climatica, infatti, non viene riconosciuta quale sfida strategica globale ma viene citata unicamente in relazione agli impatti sul territorio – senza specificarne i rischi per la sicurezza nazionale – e come tema di interesse per i giovani.
Per quanto riguarda il caro bollette, si prevede continuità con le politiche di aiuti del Governo Draghi. Non si fa però riferimento all’introduzione di una maggiore selettività degli interventi in grado di indirizzare gli sforzi verso il sostegno alle famiglie in maggiore difficoltà. In tema di approvvigionamenti, si rilancia la necessità di accelerare la diversificazione delle fonti e della produzione nazionale di gas. L’aspetto che forse più di tutti indica continuità con il Governo Draghi è l’assenza di riferimenti all’efficienza energetica quale strumento chiave per la sicurezza energetica di famiglie e imprese. Su questo aspetto il Governo Meloni può lavorare in discontinuità per recuperare il deficit attraverso una efficace riforma del Superbonus.
Positiva, invece, è l’intenzione di sbloccare le autorizzazioni per le rinnovabili anche come volano di sviluppo del meridione. Tuttavia, in ottica di difesa dell’interesse nazionale, appare sottostimata l’importanza strategica della creazione di una filiera industriale italiana sulle tecnologie legate alla transizione energetica e al clima. Nel suo discorso, infatti, la Premier sostiene la necessità di “accompagnare imprese e cittadini verso la transizione verde senza consegnarci a nuove dipendenze strategiche e rispettando il principio di neutralità tecnologica”. Questo passaggio può essere riferito alla transizione all’elettrico del settore automotive e al pericolo di generare una dipendenza dai materiali critici. Il rischio c’è, ma va affrontato con adeguate strategie di mercato, industriali e diplomatiche.
Tutti i grandi paesi industriali asiatici, americani ed europei corrono spediti verso l’elettrico, l’Italia rischia di fermarsi. La neutralità tecnologica equivale a una “non scelta” che finisce per proteggere lo status quo di un settore già in declino e segnala la rinuncia a politiche industriali attive per lo sviluppo di filiere nazionali e catene del valore che saranno dominanti nei mercati globali di domani. Per questo motivo, un primo banco di prova per testare il grado di indipendenza del Governo Meloni rispetto agli “oligarchi seduti su dei pozzi di petrolio ad accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti” sarà la sua capacità di orientare l’industria nazionale rispetto all’innovazione tecnologica e ai nuovi mercati, assicurando protezione e nuovi percorsi occupazionali ai lavoratori legati all’economia fossile. Lo strumento principale per orientare gli investimenti nella transizione è certamente il PNRR e, su questo tema, il Governo Meloni appare orientato a operare modifiche concordate con la Commissione europea.
Un ultimo passaggio del discorso programmatico viene dedicato al rapporto con l’Africa e al ruolo strategico dell’Italia nel Mediterraneo. Giorgia Meloni propone un “Piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane per arginare i flussi migratori e contrastare la diffusione del radicalismo di matrice islamica. Questo approccio ha grande potenziale, ma solo se il cambiamento climatico venisse riconosciuto tra le cause di questi fenomeni e le energie rinnovabili e la finanza per il clima espressamente individuati come elementi chiave su cui basare nuovi accordi di cooperazione. La COP27 e il Vertice G20 di novembre rappresentano per il Governo Meloni ottime opportunità per presentare questa nuova visione politica.
In attesa di valutare i primi provvedimenti concreti, dai primi passi emerge “un clima in bilico”. La sostanziale continuità con il Governo Draghi rispetto alle politiche energetiche centrate sul gas porterebbe fuori strada rispetto agli obiettivi di stabilità e crescita identificati da Giorgia Meloni. Oggi più che mai, serve discontinuità con le scelte del passato. Le politiche climatiche devono diventare le nuove politiche per la sicurezza nazionale, utilizzando la transizione energetica per accelerare l’uscita dalla dipendenza da gas e petrolio e investendo sulle politiche di adattamento e resilienza agli impatti. Per rilanciare il ruolo dell’Italia nel mondo, e anche per non tradire il mandato degli elettori di centro-destra sensibili al clima, il Governo Meloni ha la grande occasione di dimostrare maggiore coraggio e indipendenza rispetto alle politiche del passato. Il migliore viatico sarebbe senz’altro un deciso cambio di rotta e di visione sulle politiche climatiche.
Foto da www.governo.it