Comunicato stampa al termine del Vertice G7 di Elmau, qui
Lo stato attuale di siccità estrema e le temperature ben oltre la media stagionale ci ricordano che il cambiamento climatico colpisce già oggi con effetti devastanti. Il nostro pianeta è lanciato verso una traiettoria di circa 2,7°C di surriscaldamento globale con rischi di impatti estremi e altamente distruttivi, come uragani, incendi e inondazioni, diffusi in tutte le regioni del globo e talvolta irreversibili. In questo quadro poco incoraggiante, non si rileva però ancora la volontà di adottare politiche e misure adeguate per rispettare gli impegni assunti nel corso del 2021 sia attraverso il G7 e il G20, a guida britannica e italiana rispettivamente, che alla COP26 di Glasgow.
È necessario uno sforzo e una determinazione senza precedenti. La guerra in Ucraina, la crisi dei prezzi e la crisi alimentare, nel contesto di una ripresa post Covid ancora incerta, rappresentano sia rischi che opportunità per l’azione climatica. Per rientrare su una traiettoria di limitazione del surriscaldamento globale entro 1,5°C servono sforzi simili a quelli dimostrati dai leader G7 negli ultimi mesi, protagonisti di rapidi e profondi cambiamenti del sistema finanziario ed energetico globale.
Dal 26 al 28 giugno prossimi, i leader del G7 si riuniranno ad Elmau, in Germania. Saranno in grado di mantenere un delicato equilibrio tra le risposte alla guerra in Ucraina e l’urgenza di accelerare il passo nell’affrontare la crisi climatica?
Data l’incertezza sulla capacità del G20 di ottenere risultati significativi quest’anno, il Vertice G7 potrebbe essere l’ultimo incontro significativo prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) di settembre e della COP27 di novembre. Storicamente, durante le presidenze tedesche del G7, i leader hanno ottenuto importanti risultati in materia di clima, come l’accordo sul limite di temperatura di 2°C nel 2007 e sull’obiettivo di decarbonizzazione entro la metà del secolo nel 2015. Tale leadership favorirebbe un concreto avanzamento verso il raggiungimento degli obiettivi climatici.
L’AGENDA DI SCHOLZ
La presidenza tedesca del G7 ha promosso l’idea del Cancelliere Scholz di costituire un “Club del Clima” per rispettare gli impegni assunti e parallelamente limitare le preoccupazioni dovute alle questioni di competitività potenzialmente associate a livelli di ambizione divergenti tra i principali paesi emettitori. L’iniziativa tedesca vorrebbe promuovere l’armonizzazione delle politiche di mitigazione tra i paesi membri, soprattutto nei settori industriali dove risiedono le maggiori difficoltà nella riduzione delle emissioni, e ricorrere a meccanismi di adeguamento del carbonio alle frontiere tra i Paesi partecipanti, sulla falsariga del meccanismo europeo (CBAM) in esame a Bruxelles.
Nonostante l’attivismo tedesco, non sembra ci sia consenso né all’interno del G7 né tra le altre grandi economie del pianeta per elevare il “Climate Club” a strumento su cui puntare per accelerare l’azione climatica globale. Qualora ci fosse un accordo tra i leader ad Elmau, è molto probabile che il “Climate Club” necessiterà di mesi, se non di anni, per essere operativo, limitandone quindi da subito la capacità reale di contribuire alla lotta al cambiamento climatico.
I RISCHI ECONOMICI E CLIMATICI DI ESPANSIONE DEL GAS
Alla Ministeriale G7 Energia, Clima e Ambiente di fine maggio i Ministri G7 hanno segnalato che la risposta energetica alla guerra in Ucraina risiede primariamente in nuovi investimenti in energie rinnovabili ed efficienza energetica. Ciononostante, stiamo assistendo ad una rapida e incontrollata espansione degli investimenti in nuove infrastrutture e contratti di gas senza un confronto con le alternative disponibili e una valutazione trasparente dei costi economici e climatici che essa comporta. Occorre ricordare che il gas è responsabile del 20% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia e, secondo l’IPCC, per mantenere il limite di 1,5°C la domanda globale di gas dovrebbe diminuire dal 21% al 61% entro il 2050 rispetto al 2020. L’Agenzia Internazionale dell’Energia indica che non dovrebbero essere sviluppati nuovi giacimenti di gas naturale e che molti dei terminali di rigassificazione e liquefazione di gas liquido (GNL) attualmente in costruzione o in fase di progettazione non sono necessari.
Per l’Italia, le opzioni di diversificazione identificate dal Governo ammontano a un potenziale doppio rispetto alle importazioni attuali dalla Russia, prospettando un forte rischio di duplicazione dei costi delle infrastrutture a carico di cittadini e imprese, di intrappolare il sistema italiano nel gas per un lungo periodo (effetto lock-in) e di entrare in contraddizione con gli obiettivi di decarbonizzazione. Questi asset e contratti rischiano di diventare rapidamente obsoleti man mano che l’Italia e l’Europa avanzano nella decarbonizzazione delle loro economie (la riduzione della domanda di gas in Europa è attesa in calo del 40% al 2030 rispetto al 2021) ma i costi associati rimarranno a carico di cittadini e imprese per almeno i prossimi due decenni. Inoltre, la dipendenza dal gas rischia di dare origine a nuova insicurezza considerando che la maggior parte dei paesi esportatori è collocata in aree ad alto rischio instabilità, come il Nord Africa o la fascia subsahariana, come recentemente identificato dalla nuova Strategia di sicurezza e difesa per il Mediterraneo del Ministero della Difesa.
Tutte le scelte sul gas dovrebbero perciò essere prima di tutto messe a confronto diretto con le alternative pulite immediatamente disponibili (risparmio, efficienza e rinnovabili), verificate rispetto alla loro compatibilità con l’obiettivo climatico di 1,5°C ed evidenziare in modo trasparente gli impatti dei nuovi investimenti e contratti sui costi economici e sociali nel medio e lungo periodo. Ogni iniziativa sul gas dovrebbe essere temporanea, senza creare vincoli di lungo periodo.
Particolarmente rischioso risulta l’impegno di alcuni leader G7, in particolare del Presidente Draghi e del Cancelliere Scholz, a favore di nuove esplorazioni, produzione e trasporto di gas in Africa. Ciò mette a forte rischio la credibilità del G7 su una transizione energetica reale, giusta e accelerata. Infatti, questa espansione del gas in Africa non è compatibile con il limite di 1,5°C fissato dall’Accordo di Parigi e rischia di minare la stabilità fiscale dei paesi produttori (considerando il rapido calo della domanda europea e l’esigenza globale di ridurre i consumi di gas), di rallentare la crescita economica rispetto alle alternative e di fare passi indietro sugli obiettivi di sviluppo in molti casi a causa della corruzione, dell’aumento della militarizzazione e della repressione politica legata allo sviluppo degli idrocarburi. Il Mozambico è un esempio chiave del fallimento dell’idea di sviluppo attraverso il gas ma ciononostante non si registra alcun ripensamento dell’approccio italiano in supporto al gas.
AZIONI DOMESTICHE CONCRETE
Il Vertice di Elmau deve essere l’opportunità per segnalare inequivocabilmente l’intenzione dei G7 di aumentare gli investimenti in energia rinnovabile ed efficienza energetica, con scala e urgenza comparabile a quella con cui sono state affrontate crisi globali di simile portata. È ugualmente necessario proteggere, rilanciare e migliorare gli impegni presi fino ad oggi. Facendo seguito all’incontro ministeriale di maggio, i leader G7 dovrebbero lavorare per:
- Confermare l’eliminazione del sostegno internazionale alle fonti fossili nei paesi in via di sviluppo entro fine 2022 senza nuove clausole in supporto all’esplorazione e produzione di nuovo gas e petrolio, che rappresenterebbero un grave passo indietro;
- Eliminare il carbone come fonte domestica di produzione elettrica entro il 2030 e decarbonizzare il settore elettrico entro il 2035, in linea con quanto previsto dai percorsi indicati AIE per raggiungere la neutralità climatica entro metà secolo e mantenere l’innalzamento della temperatura entro 1.5°C;
- Assicurare che gli investimenti promessi per il GNL e i sussidi ai combustibili fossili siano temporanei; i leader devono compiere uno sforzo reale per sostenere l’accesso all’energia attraverso le fonti rinnovabili e la rete elettrica;
- Seguendo l’esempio del Parlamento europeo, promuovere la fine della vendita di macchine e veicoli leggeri a combustione interna entro il 2035, sostenendo parallelamente il dispiegamento su vasta scala dei veicoli elettrici e delle infrastrutture di ricarica.
FINANZA PER IL CLIMA
La cooperazione internazionale, in particolare attraverso la finanza, è lo strumento essenziale per garantire che tutti i paesi siano in grado di realizzare quella trasformazione sistemica necessaria per contribuire a mantenere l’innalzamento della temperatura globale entro 1,5°C, costruire resilienza contro gli impatti attraverso azioni di adattamento e fornire risorse adeguate per fare fronte alle perdite e ai danni (loss & damage).
La Presidenza tedesca ha investito importanti energie diplomatiche per coordinare i paesi G7 e altri donatori al fine di promuovere nuove partnership con le economie emergenti (in particolare India, Indonesia, Vietnam e Senegal) sul modello del partenariato con il Sudafrica presentato alla COP26. L’obiettivo di queste Just Energy Transition Partnerships (JET-Ps) è mettere a disposizione finanziamenti adeguati alla decarbonizzazione del settore elettrico e progressivamente dirottare gli investimenti dal carbone alle energie rinnovabili. La definizione di un’architettura finanziaria che veda un ruolo cruciale non solo dei Governi, ma anche delle banche multilaterali e della filantropia, è centrale per affermare le grandi potenzialità di questo modello e le sue possibilità di essere replicato in diverse regioni in modo da avviare una transizione reale e giusta che non sacrifichi le necessità di sviluppo di ciascun paese.
È fondamentale che nel corso del Vertice di Elmau i leader G7 annuncino nuovi finanziamenti che siano affidabili e agevolati (donazioni e non prestiti). Per realizzare un’iniziativa trasformativa – evitando azioni che rischiano di minare la fiducia, come precedenti impegni non rispettati in materia di finanzia per il clima – il G7 deve introdurre finanziamenti reali e garantire che questi promuovano una leadership dei paesi riceventi. Oltre al passaggio alle rinnovabili, i leader dovrebbero impegnarsi ad aumentare gli investimenti in efficienza energetica per contribuire a colmare il divario di investimenti esistente fino al 2030.
Più in generale, i leader dovrebbero incaricare i Ministri delle Finanze di elaborare un pacchetto completo di riforme istituzionali per mobilitare i “trilioni” necessari ad aiutare i paesi in via di sviluppo ad abbandonare la loro dipendenza dai combustibili fossili e impegnarsi a riunirsi nuovamente prima della COP27 per agire su queste proposte.
Infine, anche in vista dei risultati deludenti della sessione tecnica di giugno a Bonn in preparazione alla COP27, i leader G7 dovranno impegnarsi a mettere in campo le prime forme di finanziamento per le perdite e i danni e rendere questa questione centrale per la finanza, la cooperazione e la solidarietà internazionale. I paesi più vulnerabili richiedono la creazione di uno strumento finanziario per le perdite e i danni anche per tradurre questi impegni in una dinamica positiva verso la COP27. Lo “Scudo globale contro i rischi” (Global Risk Shield) proposto dalla Presidenza tedesca può essere uno degli strumenti per dare slancio a questo tipo di finanziamento mentre qualsiasi meccanismo assicurativo proposto dovrebbe essere finanziato attraverso una garanzia di sostegno ai premi dei Paesi sviluppati e risultare nuovo ed aggiuntivo rispetto alle assicurazioni contro il rischio di catastrofi esistenti.
CLIMA E CIBO
La crisi alimentare sarà al centro del vertice G7. L’emergenza di approvvigionamenti e prezzi ci ricorda quanto siano urgenti misure per riformare il sistema alimentare globale, che da tempo non funziona e risulta altamente iniquo. Riforme urgenti includono la riduzione dello spreco di cibo e il miglioramento delle diete; la revisione e abolizione delle politiche sui biocarburanti che usano il cibo come combustibile; investire in approcci agro-ecologici che ripristinino il clima e i sistemi naturali, compresi maggiori investimenti in fertilizzanti più ecologici e un loro uso più efficiente; promuovere l’empowerment delle donne e l’equità di genere come fattori chiave del cambiamento per accelerare l’azione per il clima e migliorare la resilienza nei confronti delle molteplici crisi (climatica, alimentare, di salute e finanziaria) che colpiscono più duramente i Paesi in via di sviluppo. Per affrontare la crescente crisi alimentare, i leader G7 dovrebbero presentare un piano d’azione di impegni concreti, in particolare:
- mantenere il cibo in circolazione, evitando l’accumulo di scorte e i divieti di esportazione, affrontando le distorsioni del mercato laddove si verificano;
- Affrontare la fame e la cattiva alimentazione, compreso un contributo di 21,5 miliardi di dollari al Programma Alimentare Mondiale (World Food Programme) e 2,3 dollari all’anno per sostenere gli interventi sulla nutrizione;
- Aumentare il sostegno ai piccoli agricoltori, anche raddoppiando i finanziamenti per l’adattamento al clima e garantendo che siano direttamente accessibili agli agricoltori e alle comunità locali;
- Garantire che i futuri investimenti nell’agricoltura proteggano e ripristinino un clima sicuro, suoli sani, acqua e biodiversità e sostengano un “approccio unico alla salute” (One Health), anche attraverso il sostegno agli approcci agro-ecologici;
- Smettere di usare il cibo come combustibile: revocare i mandati per i biocarburanti, con l’impegno di ridurli subito del 50%;
- Garantire l’accesso ai fertilizzanti essenziali, investendo al contempo in un uso più efficiente e in fertilizzanti sostenibili che riducano la dipendenza dai combustibili fossili e riciclino i nutrienti;
- Impegnarsi in un programma di lavoro del G7 per affrontare lo spreco alimentare e promuovere diete sostenibili e sane, con una valutazione dei progressi prima della COP28.
L’Italia potrebbe ricoprire un ruolo chiave, muovendosi verso un sistema alimentare più sostenibile, riconoscendo la leadership italiana in questo settore e il valore unico delle agenzie onusiane basate a Roma (FAO, WFP, IFAD).
CONCLUSIONE: COSTRUIRE FIDUCIA NEL MULTILATERALISMO
Al governo tedesco deve essere riconosciuto il merito di aver posto la questione climatica al centro della sua Presidenza del G7 e di aver tentato di far convergere le economie più grandi del pianeta su obiettivi ambiziosi e sfidanti, resi ancor più difficili dall’attuale contesto geopolitico. Fino ad oggi, il lavoro dei Ministri ha consentito di mantenere la sfida climatica tra le priorità dell’agenda politica internazionale ma ha mancato di centrare obiettivi significativi.
Il 26-28 giugno prossimi ad Elmau, i leader del G7 devono rilanciare un’azione domestica ambiziosa in linea con l’obiettivo di 1,5°C e impegni finanziari che ridiano fiducia alla cooperazione internazionale, in vista anche della COP27 di Sharm el Sheikh del novembre prossimo. Un forte e chiaro messaggio al ricatto energetico e alimentare russo, senza sacrificare gli impegni presi per contenere la minaccia climatica, può rappresentare il segnale di credibilità e leadership globale di cui il pianeta ha urgentemente bisogno per mantenere la fiducia nel multilateralismo e avere i mezzi per costruire una resilienza duratura agli shock presenti e futuri, senza cui sarà impossibile garantire gli obiettivi di pace, prosperità e sicurezza per tutti.