Elezioni europee 2024

Elezioni europee 2024: scenari politici

Quale clima per la prossima Europa?

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Le elezioni europee 2024 saranno un momento chiave per il futuro del Green Deal europeo e per le politiche climatiche dell’Unione. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha, negli ultimi cinque anni, proposto e costruito il quadro strategico per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. La futura Commissione e il nuovo Parlamento europeo potranno continuare questo percorso, garantendo il raggiungimento degli obiettivi al 2030, necessari per scongiurare gli effetti più disastrosi del cambiamento climatico. Potranno inoltre, e soprattutto, rendere la transizione energetica sostenibile da un punto di vista socioeconomico.

L’inizio della campagna elettorale farebbe pensare a possibili cambiamenti sostanziali nelle politiche climatiche ed ambientali europee. Per verificare quanto questi possano diventare realtà abbiamo elaborato quattro possibili scenari politici sulla base delle proiezioni disponibili a gennaio 2024 e delle dinamiche tra i gruppi politici e gli Stati membri. Per questa elaborazione è infatti importante considerare sia i cambiamenti nelle istituzioni che rappresentano gli Stati membri (Consiglio Europeo e Consiglio dell’Unione Europea), sia nel Parlamento Europeo che viene eletto direttamente dai cittadini.

Dall’analisi della composizione delle istituzioni governative, si può osservare una differenza importante con gli equilibri politici del 2019. Tuttavia, gli equilibri interni al Consiglio Europeo non dovrebbero subire forti variazioni. È indubbio che i paesi guidati da governi di centro destra o destra manterranno la maggioranza del Consiglio Europeo come a metà 2023.

Cosa significa per il clima? Non vi è necessariamente una correlazione tra appartenenza politica e politiche climatiche. In molti paesi il clima è un argomento trasversale. In alcuni casi la transizione è vissuta come una opportunità di sviluppo e, di conseguenza, gli obiettivi climatici sono supportati indipendentemente dal colore della compagine governativa. Per verificare possibili correlazioni, abbiamo analizzato le votazioni su questioni legate a energia e clima dei rappresentanti dei governi nel corso dell’ultimo anno.[1] Se da un lato è più probabile che governi guidati dal centro-destra votino contro le politiche climatiche, rispetto a quelli di centro o di centro-sinistra, dall’altro, la maggior parte dei governi europei conservatori ha votato spesso a favore del clima.

Considerando le dinamiche passate, la composizione del Consiglio Europeo non rappresenterebbe di per sé un ostacolo per l’elezione di un/una Presidente della Commissione che continui quanto fatto in questi anni attraverso il Green Deal europeo, ma potrebbe ridurre l’ambizione climatica del/della prossimo/a Presidente della Commissione Europea.

Dal Parlamento europeo ci si può aspettare una situazione simile rispetto alla tenuta delle politiche climatiche UE. La perdita di influenza dei partiti storicamente europeisti e più favorevoli al clima, combinato all’aumento della rappresentanza del gruppo politico della destra conservatrice euroscettica, potrebbe ridurre le ambizioni climatiche dell’emiciclo. Analizzando il comportamento di voto sulle legislazioni climatiche dell’ultimo anno si osserva infatti una forte eterogeneità di pensiero sul clima dei partiti di destra europei. I gruppi politici europei che registrano, secondo le proiezioni, le maggiori perdite sono sia i Verdi europei, sia il centro di Renew; il partito popolare europeo di von der Leyen sembra invece riprendere consensi negli ultimi due mesi. In questo dato si può leggere potenzialmente anche una critica al Green Deal e alle politiche di centro.

All’interno dell’attuale Parlamento europeo, la maggioranza che ha supportato le politiche climatiche UE è stata molto solida nella grande maggioranza delle votazioni. Sui provvedimenti specifici come il voto sul regolamento 2019/631 sugli standard di CO2 per le auto e sulla direttiva EPBD possiamo osservare che la maggioranza adesso sarebbe molto più ridotta rispetto al momento in cui sono avvenute queste votazioni. Allo stesso modo, la maggioranza a favore dell’inclusione del gas naturale nella tassonomia UE sarebbe molto più rafforzata ora rispetto al 2022.[2] Si nota che il voto finale sugli standard di CO2 per le auto non verrebbe approvato se si votasse oggi con le attuali proiezioni, anche se solo per 13 voti. Se possiamo ritenere che le politiche climatiche non verranno accantonate dal prossimo Parlamento europeo, possiamo però evidenziare come l’equilibrio politico si stia spostando verso narrative più attendiste rispetto all’azione climatica, il che avrebbe un impatto anche sull’economia dell’Unione, che già oggi in alcuni campi sconta un ritardo rispetto ad altre grandi potenze. 

Considerando che sia i governi che il Parlamento UE concorrono nell’eleggere la futura Commissione, sono stati elaborati quattro scenari per un esecutivo UE più o meno favorevole alle politiche climatiche: Europa dei conservatori, Continuità del Green Deal, Ambizione climatica, l’Europa delle destre:

  1. L’Europa dei conservatori. Una coalizione che esprime una Commissione di centro-destra. Il principale gruppo politico di centro-destra, il Partito Popolare Europeo (PPE) potrebbe ottenere il supporto di altri partiti conservatori ottenere così una maggioranza più solida rispetto agli altri partiti e formare una coalizione con Socialisti e Liberali da una posizione di maggioranza. Questa coalizione potrebbe avere a capo della Commissione una personalità come Von der Leyen, o più conservatrice, e risulterebbe meno ambiziosa sul clima rispetto alla precedente. In parte anche a causa del PPE, che sta esprimendo posizioni più attente alla protezione dei settori tradizionali e meno dell’innovazione necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici.
  2. Continuità del Green Deal. La stessa coalizione di centro attuale (PPE, Socialisti, Liberali) e Von der Leyen come Presidente della Commissione europea per un secondo mandato. In questo scenario, la Commissione continuerebbe il lavoro intrapreso, nonostante una maggioranza indebolita rispetto al 2019 ma che potrebbe comunque contare sul supporto esterno dei Verdi europei.
  3. Europa delle destre. Si tratta di una coalizione di maggioranza solo di destra senza i socialisti ma con l’appoggio dei liberali (dunque PPE, Liberali, Destra, Ultradestra). Una tale alleanza mostra al momento alcune difficoltà per l’eterogeneità dei partiti che la comporrebbero, non solo sul tema clima, ma anche in questioni essenziali come l’europeismo, il posizionamento rispetto alla guerra in Ucraina e il rispetto dello stato di diritto. Riuscirebbe tuttavia a raggiungere la maggioranza degli europarlamentari anche escludendo i partiti della destra più radicale (Rassemblement National, Alternative fur Deutschland, e PiS).
  4. Ambizione climatica. Composto dai gruppi politici che votano sempre a favore del clima, quindi PPE, Socialisti, Liberali e Verdi, che esprimerebbero una maggioranza più ampia rispetto ai precedenti scenari. Questa coalizione sarebbe più ambiziosa nell’assicurare l’implementazione degli obiettivi climatici e potrebbe continuare ad avere Von der Leyen come Presidente della Commissione. Tuttavia, la campagna elettorale dei partiti di centro-destra è partita con forti critiche al Green Deal. La fattibilità quindi di un forte sostegno dei popolari al Green Deal come pensato nel 2019 appare al momento poco probabile.

Nonostante vi siano dei cambiamenti politici in corso rispetto alle elezioni del 2019, questi non dovrebbero essere tali da portare ad uno sconvolgimento delle attuali politiche climatiche europee, eccetto nel caso di una vittoria più netta del previsto dei partiti di destra e di un accordo politico, per mettere in discussione tutto l’impianto del Green Deal. Gli scenari più probabili mostrano una Commissione indebolita sul clima e quindi il rischio di diventare meno propositiva proprio negli anni decisivi per limitare gli impatti del cambiamento climatico.  

Come nel 2019, la famiglia di centro destra dei Popolari ha in mano le chiavi della partita politica. Non è chiaro l’esito della crescita delle destre più conservative e scettiche, rappresentate dai partiti della famiglia di Fratelli d’Italia (ECR): opteranno per un’Europa dei conservatori, accettando la convivenza con liberali e progressisti e una continuità del Green Deal (seppur indebolito), oppure proveranno a formare una nuova coalizione delle destre, in discontinuità con il Green Deal, che però rischia di cadere proprio sul clima?

Nel primo caso Fratelli d’Italia potrebbe aumentare la sua legittimazione in UE e partecipare attivamente alla costituzione della nuova Commissione. Nel secondo, qualora si creasse una coalizione più spostata verso destra, Fratelli d’Italia sarebbe comunque un attore di peso nella politica europea.

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NOTE

[1] In Consiglio dell’Unione Europea, siedono infatti i ministri di ciascun paese membro competenti, per esempio, in materia di clima ed energia

[2] In 2022 il Regolamento 2019/631 sugli standard di CO2 per le auto è stato approvato in prima lettura con un margine di 97 voti tra gli europarlamentari a favore e quelli contrari, mentre se si votasse ora sarebbe approvato con una differenza di 30 voti. Il voto finale invece non sarebbe approvato. Allo stesso modo, il primo voto sull’EPBD è passato con 123 voti di scarto tra i favorevoli e i contrari, mentre ora sarebbe approvato con un margine di 57 voti.  Al contrario la maggioranza favorevole all’inclusione del gas fossile nella tassonomia ora sarebbe più forte rispetto al 2022 (100 vs 50 voti di differenza.

Foto di Fabian Holtappels

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