Nelle ultime settimane, nel nostro Paese, si parla diffusamente della prospettiva di rendere l’Italia un hub dell’energia, puntando sul gas, attraverso nuove infrastrutture e nuova produzione, in Italia e nel Mediterraneo.
Una prospettiva che però non tiene conto dell’impatto delle dinamiche di mercato, della reale fattibilità e convenienza di ulteriori infrastrutture e dell’impatto di un’espansione di fonti fossili rispetto agli obiettivi climatici.
Rendere l’Italia un hub del gas significa rafforzare l’infrastruttura di trasporto tra Algeria e Italia, aumentare fino a raddoppiare la capacità del TAP e prevedere altri due rigassificatori fissi oltre a quelli galleggianti già previsti a Ravenna e Piombino. Un piano che prevede inoltre di raddoppiare la produzione nazionale di gas nel mar Adriatico e più in generale nel Mediterraneo.
Una prospettiva che si scontra con i principali scenari di decarbonizzazione
i quali evidenziano l’incompatibilità di nuove infrastrutture e produzione di gas con il raggiungimento degli obiettivi climatici. Scenari per i quali la sicurezza energetica passa dalla sostituzione di fonti fossili con energia rinnovabile ed efficienza energetica, anche a fronte di una popolazione in crescita. A riprova, lo scenario di decarbonizzazione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), mostra una domanda globale di energia in calo del 23% nel 2050 rispetto al 2021. Con essa, l’offerta di gas si ridurrebbe del 90%.
In Europa, l’impatto del RepowerEU determinerebbe una riduzione della domanda di gas intorno al 40% nel 2030. Il nuovo scenario della compagnia di Oil & Gas BP appena pubblicato, proietta per il 2030 un calo della domanda gas europea del 50% rispetto al 2019 nello scenario di decarbonizzazione.
Infatti, “una combinazione di aumento più rapido dell’efficienza energetica, rapida crescita dell’energia rinnovabile, eolica e solare, e la crescente elettrificazione del consumo finale di energia significa che la domanda di dell’UE nel 2030 sarà inferiore di circa il 50% (190 bcm) rispetto ai livelli del 2019. Questa domanda è superiore alla perdita delle importazioni di gas dai gasdotti russi, il che implica che il livello di importazioni di GNL necessario per soddisfare il consumo interno di gas dell’UE nel 2030 è inferiore a quello del 2019.”
Se l’Italia sarà in grado di raggiungere gli obiettivi europei, definiti dal pacchetto Fit for 55 e RepowerEU, attraverso un’accelerazione di rinnovabili, efficienza ed elettrificazione del settore residenziale, potremo attestarci su un calo della domanda di gas simile a quanto previsto per la media europea. Inoltre, secondo nostre stime, tale accelerazione porterebbe enormi vantaggi in termini di sicurezza energetica, permettendoci di sostituire, già nel 2025, fino all’80% del gas russo importato dall’Italia. Un trend in linea con la riduzione dei consumi di gas da parte di cittadini e imprese italiane avviata nel 2022 – pari al 15% – con una conseguente contrazione dei prezzi.
Allo stesso modo, i centri studi europei E3G, Ember e Rap calcolano che a livello europeo questo mix verde può sostituire fino a due terzi del gas russo importato in Europa. Lo scarto rimanente sarebbe coperto da nuove importazioni di gas attraverso le infrastrutture esistenti. La conferma di un incremento della componente rinnovabile nel mix energetico è confermata da un rapporto del centro studi Ember pubblicato a fine gennaio 2023. Infatti, lo scorso anno l’elettricità prodotta da eolico e solare (22%) in Europa ha superato quella prodotta dal gas (20%).
Una delle motivazioni apportate a sostegno della costruzione di nuove infrastrutture è la compatibilità di tale rete con il trasporto di idrogeno
Tuttavia, l’utilizzo dei gasdotti per il trasporto resta ancora da verificare, poiché al momento è possibile “mischiare” (blending) solo piccole quantità di idrogeno, ed è improbabile che i bisogni di volumi attuali del gas coincidano con quelli futuri dell’idrogeno. È inoltre molto probabile che gli elettrolizzatori necessari per la produzione di idrogeno saranno distribuiti all’interno di un sistema logistico radicalmente diverso da quello attuale del gas.
Un altro tema prioritario riguarda i costi di tale prospettiva
Chi coprirà gli investimenti in queste infrastrutture e chi si sobbarcherà i rischi economici di un eventuale – e molto probabile – mancato utilizzo? La garanzia di un investimento tutelato dallo stato implica che tali costi graveranno sui consumatori, attraverso tariffe e spesa pubblica, per decenni. Costi sia per le infrastrutture e che per gli impegni commerciali e di approvvigionamento di lungo periodo, garantiti in diverse forme dallo Stato, CDP o SACE. Infine, vi è la componente internazionale. Paesi esportatori di gas come Algeria, Egitto e Libia, rischiano di essere legati ad asset fossili svuotati di valore, con gravi conseguenze sull’entrate pubbliche e sulla capacità di garantire stabilità sociale.
Le evidenze sono molte. Rendere l’Italia e il Mediterraneo un hub del gas è antieconomico e controproducente sotto tutti i punti di vista. Al contrario trasformare l’Italia un hub “verde” puntando su energia rinnovabile, reti elettriche, batterie, efficienza energetica, materiali critici, oltre alla messa in sicurezza dei sistemi idrici e alimentari, potrebbe costituire le fondamenta di un nuovo ambizioso Piano Mattei, capace di costruire un futuro ambizioso e sostenibile per l’Italia e per l’Europa.
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