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Il Piano europeo per un green deal dell’industria. Prospettive e opportunità per l’Italia nel settore ​​automotive

Mercoledì 5 aprile a Roma si è svolto un incontro organizzato da ECCO, in collaborazione con Transport and Environment Italia e Motus-E, con l’obiettivo di coinvolgere i principali attori Istituzionali, della ricerca, dell’industria, del lavoro, della finanza in un percorso di approfondimento sulle opportunità per l’Italia nel nuovo quadro regolatorio del Piano europeo per un green deal dell’Industria, con particolare riferimento al settore automotive e alle batterie.  

L’incontro si è svolto in modalità Chatham House rule.   

Quadro di riferimento  

Il Piano, presentato a febbraio dalla Commissione Europea, propone un quadro di riferimento delle politiche e degli strumenti necessari all’Unione per favorire la competitività dell’ecosistema industriale. Alla pubblicazione del Piano sono seguite due nuove proposte legislative, “Industria a zero emissioni nette” e “Materie prime critiche”, finalizzate a creare le condizioni per accelerare e consolidare le filiere tecnologiche strategiche per il raggiungimento degli obiettivi climatici e di sicurezza energetica del Continente. Questi atti, insieme alle nuove regole per gli aiuti di stato del Temporary Crisis and Transition Framework e alla proposta, attesa entro giugno, di istituire un Fondo Sovrano Europeo, sono determinanti per stimolare l’innovazione e per sostenere l’industria delle tecnologie pulite a raggiungere il mercato e sviluppare economie di scala – un passaggio che in Europa manca attualmente di investimenti adeguati. 

Focalizzandosi sui comparti delle tecnologie abilitanti la transizione energetica con il maggior potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra, nonché crescita economica e occupazionale, il Piano europeo segue l’approccio dell’Inflaction Reduction Act (IRA), il più ambizioso piano per l’azione climatica della storia degli Stati Uniti. Il rafforzamento delle catene del valore delle tecnologie abilitanti la transizione energetica su entrambe le sponde dell’Atlantico concorre a riequilibrare il peso della Cina in questi settori, strategici per l’economia e la sicurezza continentale e nazionale, favorendo la trasparenza e il funzionamento delle filiere di approvvigionamento globali: un aspetto rilevante anche nell’ottica dei futuri equilibri geopolitici. 

Tuttavia, l’IRA americano ha suscitato allarme in Europa per alcuni elementi protezionistici a discapito di Paesi con i quali non sono in vigore accordi di libero scambio, tra cui l’Unione Europea. Il timore è che le imprese dell’Unione attive nelle tecnologie pulite possano decidere di rilocalizzare le attività, mettendo a rischio le produzioni continentali e compromettendo la competitività dell’ecosistema industriale del continente.  

Sulla componentistica per l’auto elettrica, e in particolare le batterie, il rischio è concreto e una risposta coordinata da parte dell’Unione risulta più che necessaria. Per l’Italia il Piano può rappresentare un’opportunità concreta per lo sviluppo competitivo di filiere di produzione e riciclo delle batterie. 

Elementi di approfondimento di supporto al dibattito 

A supporto di una discussione informata del tavolo, i lavori sono stati aperti con la condivisione di tre documenti di approfondimento, preparati dagli organizzatori  

Analisi integrata del Piano europeo per un green deal dell’Industria e delle proposte legislative per Industria a Zero Emissioni Nette, Materiali Critici e nella cornice del Quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di stato. 

Stato dell’arte e potenziale industriale europeo nelle catene del valore delle batterie per l’industria automotive in relazione agli sviluppi attesi del mercato dell’auto elettrica. 

Quadro generale e prospettive dell’ecosistema nazionale della mobilità elettrica e ruolo critico delle nuove competenze per il lavoro. 

La discussione del tavolo si è sviluppata seguendo la proposta di alcuni spunti di riflessione identificati come coerenti al quadro di riferimento e gli approfondimenti presentati.  

In merito al quadro regolatorio europeo: i) Efficacia dello schema regolatorio europeo nella ricerca di un equilibrio tra la difesa dell’industria tecnologica e della sicurezza economica europea, a fronte di filiere integrate e globali nel quadro delle politiche dell’Unione per il commercio internazionale; ii) Coerenza dello schema europeo -per capacità di finanziamento, modalità di erogazione dei sostegni, condizionalità di accesso, ecc. – rispetto al raggiungimento degli obiettivi e al mantenimento di un level playing field di competitività in Europa; iii) Approccio che dovrebbe assumere l’Italia in questa prima fase di sviluppo delle politiche europee.  

In merito alle opportunità di sviluppo industriale e per il lavoro: i) Strategicità per l’Italia di sostenere gli investimenti nelle catene del valore delle batterie e dei materiali critici necessari allo sviluppo delle tecnologie verdi in Europa; ii) Adeguatezza del quadro regolatorio nazionale nel favorire l’innovazione e la competitività nella transizione all’elettrico del settore automotive; iii) Necessità di sviluppo di un quadro di politiche industriali coerenti con politiche per le competenze del lavoro necessarie alla transizione.  

Aspetti rilevanti emersi dal dibattito 

Le risorse europee attualmente disponibili a sostegno degli investimenti del Piano per un green deal dell’industria non sono sufficienti a garantirne il successo in una scala adeguata alle ambizioni e a mitigare i rischi di migrazione degli investimenti privati delle imprese europee verso gli Stati Uniti per godere degli incentivi dell’IRA. Per questo motivo, è auspicabile l’opportunità di un finanziamento a debito attraverso il Fondo sovrano europeo, che tuttavia difficilmente potrà essere operativo prima del 2026. In questo processo peserà anche la verifica dell’andamento e dell’efficacia della spesa dei fondi NextgenEU, per quanto lo spazio politico per replicare quell’esperienza, rimane. 

La risposta più immediata alle ambizioni del Piano  viene dal Temporary Crisis and Transition Framework per il rilassamento degli aiuti di stato. Questo strumento, tuttavia, non assicura il level playing field necessario a garantire un’azione paritaria di competitività per tutti gli Stati membri a causa del loro diverso spazio di azione fiscale. Ulteriori opportunità nel breve periodo potrebbero venire dalla riforma del Patto di stabilità, che dovrebbe consentire ulteriori spazi di aggiustamento di bilancio utili a finanziare la transizione. Questa può essere un’opportunità per l’Italia, per quanto gli spazi di bilancio rimarrebbero comunque limitati rispetto a quelli di altri Stati membri. 

L’opportunità di finanziare la transizione riguarda anche gli aspetti di garanzia per gli investimenti della finanza privata, che per operare con efficacia ha bisogno di accedere a informazioni certe sulle imprese. In questo senso, rimane rilevante il recepimento delle direttive europee sulla  Corporate Sustainability Reporting Standard e favorire la conclusione del percorso legislativo della proposta di direttiva di Corporate Sustainability due diligence, che garantiscono la rendicontazione delle imprese e la coerenza degli investimenti con la tassonomia verde EU. Questo percorso è centrale per assicurare la competizione sia a livello internazionale, sia all’interno del Mercato Unico, anche in una prospettiva di supporto pubblico.   

Le opportunità di sviluppo industriale per l’Italia sono molteplici. Concentrarsi sul settore automotive, e in particolare sulle batterie, dati anche gli spazi di crescita previsti in Europa, consentirebbe di recuperare il ritardo nazionale nella transizione all’elettrico. Questa opportunità va oltre gli aspetti regolatori europei e riguarda anche la possibilità di agire attraverso politiche coordinate e strumenti mirati e aggiornati.  

Questo sia per favorire la crescita della domanda di veicoli elettrici, attraverso una rimodulazione degli incentivi, sia per sostenere le imprese nel loro riposizionamento sulla filiera elettrica, riordinando gli strumenti a oggi in essere, come i Contratti di sviluppo e gli Accordi per l’Innovazione. Rispetto alla domanda, è inoltre opportuno guardare alla possibilità di disegnare uno schema di incentivi per incrementare la penetrazione di veicoli elettrici nelle flotte aziendali, con l’ulteriore vantaggio di generare in tempi rapidi un mercato dell’usato che ne aumenti la diffusione in tutte le fasce di popolazione. 

Lo spazio per iniziare questo percorso è già stato attivato dal governo con il Tavolo automotive, che deve da subito concentrare gli sforzi su una accurata mappatura del settore, finalizzata a comprendere quali e quante sono le imprese attivamente coinvolte nella transizione all’elettrico -con quanti investimenti, quale livello di integrazione tecnologica, su quali prodotti e componenti-, per definire le effettive esigenze di intervento in un quadro di sviluppo strategico. 

In questo sviluppo rientrano le politiche per l’aggiornamento delle competenze per il lavoro, sia in riferimento agli occupati attuali, sia alle necessità future del settore. Questo può essere fatto intervenendo sugli strumenti di supporto al Fondo Nuove Competenze, finanziato dal PNRR. In particolare, va verificato che l’analisi fabbisogni su cui impostare i progetti di riqualificazione/formazione sia mirata sulle specializzazioni di settore aggiornando il database dell’Atlante per il Lavoro. In questo percorso, va inoltre considerata l’opportunità di un riordino della governance delle Politiche attive per il lavoro, che oggi sono di competenza regionale, rendendo disponibili programmi nazionali replicabili a livello locale. La formazione professionale per le tecnologie pulite per la transizione è un punto imprescindibile del Piano europeo per un green deal dell’Industria e vanno sfruttate le opportunità di sviluppare soluzioni quali le accademie per le tecnologie, che godono di finanziamenti specifici. 

Il percorso strategico di sviluppo di una politica industriale per l’elettrico su larga scala può essere intrapreso da subito e a partire dalle risorse pubbliche già stanziate, ad esempio nel fondo automotive e nel PNRR, che oltre ai fondi per le infrastrutture di ricarica (700 milioni per punti di ricarica sulle strade di lunga percorrenza), finanzia anche la ricerca. Ci sono 320 milioni di euro a disposizione del Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, che ancora non sembra aver definito una linea coerente con le esigenze di indirizzo per lo sviluppo mobilità elettrica. Sulle batterie, ad esempio, è in programma l’attivazione di un progetto di ricerca per la verifica delle potenzialità di un loro utilizzo di “seconda vita” come accumulatore statico per le rinnovabili (una applicazione certamente utile, ma futuribile e soggetta a grandi disponibilità di batterie a fine vita), mentre manca una linea di ricerca per le soluzioni innovative sui materiali o sulle celle. 

Per l’installazione di Gigafactory di produzione di batterie in Italia, l’unico progetto che sembra possa avere probabilità di successo riguarda lo stabilimento di Termoli (ACC, joint venture joint venture formata da Stellantis, Mercedes e Total, ndr), mentre le altre iniziative in essere sembrano non avere un adeguato piano di sviluppo (Italvolt, tutti i nodi per la fabbrica di batterie dopo il fallimento di Britishvolt – Il Sole 24 ORE, ndr) 

Sulle batterie, è importante allargare lo sguardo a tutta la filiera, incluse le fasi a monte di raffinazione dei materiali, dove la competizione degli incentivi dell’IRA americano è meno serrata,  e a valle per il riciclo a fine vita, anche per ridurre l’impronta ambientale di queste componenti.  

In questa visione, esistono opportunità di sinergia di investimento tra le due fasi, con la prima, per la raffinazione, che può essere successivamente integrata con la seconda, per il riciclo, quando i volumi disponibili potranno garantire un ritorno maggiore. 

Conclusioni 

Dal dibattito informato dell’incontro emerge che la transizione alla mobilità elettrica deve essere ricentrata come priorità di politica industriale, con uno sguardo alle tendenze del mercato e a tutte le opportunità di investimento, per cui deve essere definita una cornice in grado di fare leva sugli investimenti pubblici per attrarre i capitali della finanza privata.  

Il problema del protezionismo dell’IRA americano può essere marginalizzato purché si trovi una via comune tra Stati membri e a livello UE. In questo senso, la diplomazia italiana deve giocare un ruolo attivo a livello comunitario per risolvere le criticità che riguardano, ad esempio, il nuovo patto di stabilità e la revisione del PNRR. Questo obiettivo può essere raggiunto disegnando un quadro di politiche industriali coerenti con il disegno e le priorità europee che consentano al Paese di attrarre i necessari investimenti.  

In questo senso, la revisione del Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC), può essere l’occasione per costruire la cornice entro cui riuscire ad attivare le necessarie interazioni con la finanza privata. Questa visione e sforzo diplomatico dell’Italia devono essere proposti sia a livello UE che a livello G7. 

 

Photo by Erick Garcia

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