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PNIEC 2024: la pagella di ECCO

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Il Piano Nazionale per l’Energia e il Clima (PNIEC) ha un ruolo centrale per il raggiungimento degli obiettivi europei sul clima (Fit for 55), e consegnare il contributo dell’Italia all’Accordo di Parigi. Il Piano ha un ruolo di particolare importanza in un Paese in cui, contrariamente a molti altri Stati Membri[1], manca una Legge Clima e, quindi, un quadro di riferimento sul clima a livello nazionale.

La decisione sul primo Global Stocktake alla COP28 di Dubai ha segnato la direzione che è necessario intraprendere nei prossimi anni. In questo senso, i contributi nazionali dei Paesi (Nationally Determined Contributions, NDCs), che dovranno esseri rivisti e presentati entro febbraio 2025, prima della COP30, dovranno tenere conto della necessità di abbandonare i combustibili fossili (transitioning away from fossil fuels in energy systems). ll PNIEC, che ha un orizzonte al 2030, rappresenta la base di partenza del contributo dell’Italia. A fine aprile, i Ministri G7, sotto Presidenza italiana, hanno trovato un nuovo accordo per attuare i risultati della COP28 a livello domestico. Oltre all’impegno di adottare “piani, politiche e azioni nazionali per l’uscita progressiva dai combustibili fossili, compresi sforzi intensi per ridurne la domanda”, i G7 si sono impegnati a triplicare la capacità rinnovabile, raddoppiare l’efficienza energetica, sestuplicare (a livello globale) gli stoccaggi, aumentare significativamente gli investimenti nella rete, completare la decarbonizzazione del settore elettrico nel 2035, dare priorità all’elettrico come “tecnologia chiave” della decarbonizzazione dei trasporti e terminare i sussidi fossili inefficienti entro il prossimo anno. Poco o nulla di questi impegni G7 sono riflessi nel PNIEC.

Nel giugno 2023, la bozza di PNIEC dell’Italia dichiarava un approccio ‘realistico’. Di quel principio e della concretezza auspicata, non resta molto nella versione definitiva inviata a Bruxelles il 1° luglio 2024. Il Piano mostra contraddizioni rispetto agli obiettivi sia nel suo impianto, sia rispetto alle norme e decreti che, nell’anno trascorso, avrebbero dovuto iniziare ad attuarlo.

Il Piano italiano è stato inviato alla Commissione UE nei tempi previsti dalle norme, insieme a quello di pochi altri Paesi[2], mostrando una volontà politica di adempiere agli obblighi da parte dell’Italia. Tale volontà resta, però, scollegata dall’attuazione e dagli elementi che potrebbero renderla concreta.

Il Piano definitivo inviato dall’Italia:

  1. Non ha forza legale né un impianto attuativo coerente. Le risorse dedicate e le valutazioni di impatto delle politiche non sono chiarite;
  2. Manca una visione del percorso di transizione energetica e trasformazione economica del Paese, non individuando strategie per l’abbandono delle fonti fossili, come richiesto dalla COP28, né “piani, politiche e azioni nazionali per l’uscita dai combustibili fossili” come concordato in sede G7 a Venaria;
  3. L’ambizione sulle rinnovabili non è supportata dallo sviluppo di un quadro coerente di politiche, determinando rischi di prezzi dell’energia elettrica non competitivi per il sistema produttivo e per il sistema Paese;
  4. L’elettrificazione non è individuata come leva per la decarbonizzazione. Il quadro normativo resta poco coerente, mettendo sullo stesso piano soluzioni non allineate con gli obiettivi con quelle più efficienti dal punto di vista energetico ed emissivo. Questo vale, ad esempio, per il sostegno verso le pompe di calore a gas e per le motorizzazioni endotermiche nel settore dei trasporti
  5. Manca una visione organica della trasformazione industriale nella decarbonizzazione che possa costruire le basi per competere nei nuovi mercati internazionali, inquadrando lo sviluppo industriale nell’ambito della prospettiva net zero adottato da Europa, Stati Uniti e Cina, a partire da strategie diversificate che mettano a fuoco le tecnologie disponibili e le loro potenzialità, impostando il percorso per le soluzioni non ancora mature o economiche.
  6. Non c’è un piano per garantire la sostenibilità sociale di fronte ai grandi cambiamenti tecnologici e di mercato che investiranno le persone e le imprese. Nonostante la grande crisi dei prezzi del gas del 2022-2023 e di fronte all’innovazione tecnologica che, se non gestita, rischia forti impatti socio-economici, il PNIEC non offre le tutele necessarie e opportunità alternative per accompagnare le varie fasce della società nell’uscita dall’economia fossile.

Stando alle stime del Piano, l’Italia non centra gli obiettivi emissivi per circa 100MtCO2eq cumulate nel periodo che, sulla base di alcune delle proiezioni più recenti dei costi della CO2, equivalgono a circa 15 miliardi di euro[3]. Una spesa che graverà sulle casse dello Stato, in un Paese già fortemente indebitato, con limitato spazio fiscale. Risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per orientare le politiche in un’ottica di coerenza della spesa pubblica e della fiscalità rispetto agli obiettivi energia e clima, in una visione di sviluppo del Paese a salvaguardia della competitività delle imprese, nell’ambito di scenari che vedono nell’affermarsi delle filiere del clean-tech il posizionamento competitivo delle economie globali.

In occasione dell’ultima consultazione pubblica, abbiamo identificato i 10 elementi indispensabili per realizzare un processo di trasformazione dell’economia che sia funzionale al raggiungimento degli obiettivi clima e capace di cogliere le opportunità strategiche per il sistema Paese.

Ora che il Piano è definitivo, il nostro lavoro si concentrerà sulla necessità di un monitoraggio della sua attuazione e sulle opportunità per migliorare le politiche perché siano allineate agli obiettivi di decarbonizzazione. Il monitoraggio avverrà in due momenti chiave, ovvero la presentazione del Documento di Programmazione Economico Finanziaria DEF e la Legge di Bilancio, valutando l’allineamento delle politiche pubbliche rispetto al clima e agli obiettivi 2030 e 2050.

Un presidio che prenderà in esame la produzione legislativa e regolatoria, valutando ad esempio:

  • se e come norme e regole nell’energia siano coerenti rispetto agli obiettivi di incremento di rinnovabili nel sistema elettrico,
  • se la revisione dell’super/eco bonus riesca a contemperare efficienza energetica, riduzione delle emissioni e sostenibilità sociale della transizione degli edifici,
  • se la fiscalità procede verso una coerenza con gli obiettivi clima, affrontandone le contraddizioni

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NOTE

[1] All’agosto 2023, 22 Paesi EU sono dotati di una Legge sul Clima – https://www.ecologic.eu/sites/default/files/publication/2023/Ecologic_Landscape%20of%20climate%20framework%20laws%20in%20Europe%20-%20Status%20update%202023.pdf

[2] Olanda, Finlandia, Svezia, Danimarca

[3] Stima effettuata sulla base delle proiezioni in Tabella 93 del Piano (ipotizzando un ammanco per 10MtCo2eq/anno per gli anni dal 2025 al 2030) e dei prezzi CO2 Bloomberg al 2030 https://about.bnef.com/blog/global-carbon-market-outlook-2024/#:~:text=Meanwhile%2C%20carbon%20prices%20in%20the,set%20of%20low%2Dcarbon%20technologies .

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