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Esiste un’opportunità strategica nell’inquadrare lo sviluppo industriale del Paese, in particolare del settore dell’acciaio, dentro il percorso di riduzione delle emissioni di gas serra. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) rappresenta un’occasione in questo senso[1].
Per la sua rilevanza economica (15% del PIL) ed emissiva (22% delle emissioni nazionali), il settore della manifattura nazionale deve impostare un percorso di sviluppo nell’ambito della decarbonizzazione. Il quadro normativo e di pianificazione dovrebbe facilitare questo cambiamento.
La trasformazione industriale implica declinare le politiche con dettaglio settoriale, ivi compresi i comparti non energivori e le PMI, affinché queste possano portare effetti sia nel breve (2030) che nel lungo periodo, in prospettiva 2050, nel complesso dell’ecosistema industriale nazionale.
L’Italia è il secondo produttore di acciaio in Europa e l’undicesimo al mondo. La produzione dell’acciaio in Italia nel 2023 si attestata a 21,1 milioni di tonnellate (Mt).
Di queste, ben 18 Mt (l’86% del totale), sono prodotte da rottame d’acciaio. L’Italia, infatti, rappresenta il maggior produttore europeo di acciaio con forno elettrico e utilizzo di rottami. Pertanto, in termini emissivi la produzione nazionale di acciaio è tra le più efficienti a livello globale, con fattori di emissione per tonnellata di prodotto grezzo significativamente inferiori rispetto alla produzione di acciaio da minerale con tecnologia a BF-BOF a carbone (circa 2,3 – 2,5 tCO2/tacciaio nel ciclo BF-BOF a carbone contro circa 0,8 – 0,9 CO2/tacciaio dell’EAF[2]).
Per quanto riguarda l’acciaio da minerale, la cui produzione nazionale resta strategica, sia per i suoi utilizzi specifici (costruzioni, latte e alimentari, scocche e carrozzerie) sia in ottica di sicurezza degli approvvigionamenti, l’unico sito attivo in Italia è quello dell’ex-ILVA di Taranto, anche in previsione di un incremento della domanda di rottame d’acciaio nei mercati globali nei prossimi anni. Tale sito, a fronte di una capacità produttiva di circa 9,5 Mtacciaio/anno, a causa del perdurare della crisi aziendale, nel 2022 ha visto livelli produttivi nell’ordine dei 3,5 Mt e nel 2023, in ulteriore calo, a meno di 3 Mt.
La trasformazione industriale dell’acciaio nella transizione favorirebbe anche le imprese produttrici delle tecnologie e dei materiali compatibili con la fabbricazione di acciaio a zero-basse emissioni (in seguito acciaio ‘verde’), quali DRI con possibilità di funzionamento a idrogeno, o la produzione di sostituti per additivi carboniosi nei forni elettrici, nonché dell’efficienza energetica del settore, che rappresentano importanti presidi della produzione nazionale.
La mancanza all’interno del PNIEC di obiettivi chiari per la manifattura e percorsi di trasformazione delle filiere strategiche appare ancor più evidente, anche alla luce delle iniziative di finanziamento pubblico delle cosiddette clean-tech, quali l’Inflation Reduction Act o i Piani quinquennali in Cina o il Clean technology Fund in India o il Net Zero Industry Act, dell’UE.
Il mantenimento di un presidio produttivo e la trasformazione della siderurgia in ottica ‘net zero’ sono obiettivi strategici sia per la decarbonizzazione sia per la competitività dell’industria manufatturiera italiana. Altre siderurgie europee (Svezia, Germania e Francia fra tutte) si stanno muovendo da tempo verso la conversione delle loro produzioni più emissive, con un approccio integrato che guardi a tutta la filiera e alle implicazioni rispetto al sistema energetico, economico e sociale. Le soluzioni tecnologiche per decarbonizzare la produzione di acciaio esistono, in grande parte (si veda anche Una strategia per l’acciaio verde, agosto 2022).
Il maggiore ostacolo dell’acciaio a zero-basse emissioni o ‘verde’ è la sua mancanza di competitività di costo alle condizioni di mercato. Anche finanziando l’investimento di installazione dei nuovi impianti, i costi operativi della produzione di acciaio verde superano quelli di produzione dell’acciaio tradizionale.
Per questa ragione, risulta necessario concepire un insieme di politiche industriali a cui assegnare diversi gradi di priorità e da coordinare nella loro esecuzione. Le politiche di sostegno all’offerta dovrebbero aggredire i costi di investimento e in un momento immediatamente successivo prevedere un sostegno ai costi energetici da consumo di gas naturale (e di elettricità). In contemporanea, si devono introdurre meccanismi regolativi, di incentivo e di protezione dal lato della domanda, per favorire lo sviluppo di un mercato che possa costituire uno sbocco alle più costose produzioni di acciaio verde.
Alla luce del complesso quadro normativo costruito intorno agli obiettivi energia e clima, questo policy paper fornisce una prospettiva e uno schema concettuale per la definizione del quadro di politiche che sia coerente con gli obiettivi del Paese sulla riduzione delle emissioni.
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NOTE
[1] Si vedano anche Pniec un Piano per l’azione – capitolo industria (https://eccoclimate.org/wp-content/uploads/2024/02/Shadow-PNIEC_Industria-Manifatturiera.pdf ) e Industria e Elettrificazione: Opportunità Strategiche per Il Piano Nazionale Energia e Clima (https://eccoclimate.org/it/industria-e-elettrificazione-opportunita-strategiche-per-il-piano-nazionale-energia-e-clima/)
[2] Da IEA e da bilanci di sostenibilità delle acciaierie da rottame che specificano le emissioni relative alla produzione di acciaio grezzo. Il dato si riferisce alle sole emissioni dirette associate all’acciaio grezzo, al netto del processo di laminazione.
Foto di Anamul Rezwan