COP28

Verso la COP28 di Dubai, passando da Bonn e Parigi

Anche quest’anno, il lungo percorso che accompagna la diplomazia climatica internazionale verso la COP28 passa da importanti momenti politici durante il corso dell’anno. Giugno ne ha avuti due: i negoziati intermedi di Bonn e il Vertice per un nuovo patto di finanziamento globale di Parigi.

Lo stallo di Bonn

Partiamo dal primo. Non sono mancate le difficoltà, con l’agenda dei lavori della COP28 approvata solo un giorno prima della chiusura delle due settimane di lavoro dei negoziati di Bonn. Molti dei nodi che sono venuti al pettine riguardano decisioni procedurali. In vista della COP28 di Dubai (inizio dei lavori il 29 novembre) dovranno essere affrontate questioni politiche fondamentali per garantire che il processo dell’ONU produca risultati concreti e soprattutto funzionali a rispondere all’urgenza degli impatti climatici.

La presidenza emiratina di turno della COP ha un ruolo importante, di indirizzo, ma fino ad oggi non traspare quale sia la linea che vorrà tenere alla COP28. Quale sarà il percorso politico in grado di consolidare il consenso dei attorno a una visione condivisa in grado di definire le azioni concrete per contrastare il cambiamento climatico in linea con quanto indicato dalla scienza? I nodi politici sono parecchi e riguardano, in particolare, un accordo su l’abbandono dei combustibili fossili, sulla finanza, sull’adattamento, sulle perdite e danni e sul Global Stocktake (GST) ovvero il momento di bilancio e verifica previsto ogni cinque anni dall’Accordo di Parigi che si terrà per la prima volta alla COP28.

I negoziatori hanno cercato di concordare una bozza di struttura, ma si sono arenati su opinioni significativamente divergenti su come alcuni temi – non inizialmente considerati ai tempi dell’Accordo di Parigi, come le perdite e i danni -, vadano trattati. Ad oggi però non esiste un percorso politico chiaro per trovare una soluzione o costruire un sostegno politico per un risultato ambizioso a Dubai. Governi con agende più ambiziose sul clima – come l’Europa ma anche la maggior parte dei paesi africani – dovranno essere in grado di colmare l’attuale vuoto di leadership che rischia di portare a risultati deludenti. Oltre a costruire un consenso politico, tali paesi dovranno andare oltre le attuali posizioni di stallo, costruendo ponti tra interessi divergenti per trovare un terreno comune funzionale al raggiungimento di obiettivi di riduzione delle emissioni più elevati.

Venendo ai temi più caldi al centro del dibattito, la finanza per il clima è ora in cima a tutte le agende negoziali. Come e in che misura dotare i paesi – soprattutto quelli più fragili e vulnerabili – di strumenti finanziari capaci di liberare le risorse (nell’ordine dei mille miliardi) necessarie per implementare gli impegni di Parigi, rappresenta il grande elefante nelle stanze della diplomazia climatica. Andranno affrontati i problemi di spazio fiscale nei paesi in via di sviluppo, oltre alla necessità di aumentare i finanziamenti per il clima. Andranno risolte anche le tensioni commerciali derivanti dalle politiche di concorrenza (IRA americano, Piano industriale verde europeo, Via della Seta cinese), cercando soluzioni in grado di sanare le fratture geopolitiche.

Permane una resistenza da parte dei paesi in via di sviluppo per una riduzione delle emissioni più ambiziosa senza adeguate risorse finanziarie.  Le posizioni divergono maggiormente quando blocchi come l’Europa supportano uno spostamento di tutti i finanziamenti dai combustibili fossili verso le energie pulite, facendo leva su una mobilitazione maggiore dei finanziamenti privati. Non c’è quindi ancora chiarezza sulle modalità con cui verranno rispettati gli impegni finanziari.

Sulla questione delle perdite e i danni, a Bonn è stata sottolineata l’importanza di un finanziamento tempestivo per garantire un sostegno efficace in tutte le fasi: preparazione e risposte immediate agli eventi, successive fasi di recupero, ricostruzione e riabilitazione. I paesi hanno riconosciuto l’interconnessione di queste fasi. I partecipanti hanno discusso le sfide associate al finanziamento delle perdite non economiche, intrinsecamente difficili da quantificare in termini monetari. È emerso un ampio consenso sulla necessità di un accesso diretto ai fondi a livello locale/nazionale e sull’importanza di finanziamenti basati su sovvenzioni che non comportino un aumento del debito. È necessario ora ulteriore lavoro sulle questioni irrisolte relative alle definizioni di vulnerabilità e alle fonti di finanziamento ed elaborare le raccomandazioni per la COP28.

A Bonn si è discusso anche degli impegni volontari per le zero emissioni degli attori non statali. Si sta definendo un piano che delinea come il Segretariato ONU garantirà un registro pubblicamente accessibile degli impegni e delle alleanze, dei piani di transizione e dei rapporti sullo stato di avanzamento attraverso il Portale globale dell’azione per il clima (GCAP) guidato dall’UNFCCC. Diversi Paesi hanno espresso il loro sostegno ma sono state sollevate questioni e preoccupazioni, a dimostrazione del fatto che manca ancora ampia adesione.

Sono anche proseguite le consultazioni sul paese ospitante la prossima COP29 nel 2024: il Gruppo dell’Europa orientale, a cui spetta la decisione, però non ha ancora raccomandato un paese ospitante, lasciando in sospeso la decisione tra Bulgaria, Azerbaijan e Armenia. Passi avanti sono stati fatti nel testo che riguarda la sicurezza dei partecipanti durante le conferenze ONU e gli eventi correlati. Sottolineiamo l’adesione alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale dei diritti umani, per assicurare la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali oltre all’impegno di mantenere l’integrità, la dignità e la sicurezza di tutti gli osservatori.

Primi (timidi) segnali da Parigi

Il Vertice per un nuovo patto di finanziamento globale di Parigi (22-23 giugno) ha messo le basi per una significativa riforma del sistema finanziario internazionale. Il risultato amplia la coalizione di leader impegnati su questo fronte grazie alla partecipazione di oltre 40 Capi di Stato e di governo, di cui oltre un terzo dall’Africa, e delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali, tra cui il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Italia assente ai massimi livelli e dai tavoli del Vertice, con la sola presenza del Vice Ministro degli Affari Esteri Cirielli.

Gli obiettivi minimi sono stati raggiunti. Questi includono il coinvolgimento di numerosi leader – per l’Europa spiccano Macron, Scholz, Von der Leyen e la Presidente della BCE Lagarde – nelle discussioni su come trasformare le regole e l’architettura del sistema finanziario globale per la lotta al cambiamento climatico e alla povertà (qui il documento finale delle conclusioni, le cui linee sono state anticipate da una lettera congiunta). Positivo l’accordo su una roadmap da qui a fine 2024 per utilizzare i prossimi momenti multilaterali per implementare questa agenda trasformativa. Tra i passi avanti registriamo: il raggiungimento dell’obiettivo di ridistribuzione di 100 miliardi di dollari dei Diritti Speciali di Prelievo; impegni per l’utilizzo di clausole di sospensione del debito in caso di catastrofi climatiche da parte di Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Banca Mondiale; un Partenariato per una giusta transizione energetica per il Senegal (Francia, Germania, Regno Unito, Canada, Unione Europea, BEI e Banca africana di sviluppo contribuiranno con 2,5 miliardi di euro – obiettivo primario è aumentare la quota di energie rinnovabili al 40% nel mix elettrico entro il 2030); e una proposta di ristrutturazione del debito per lo Zambia.

Il risultato più importante è nella volontà politica mostrata dai leader presenti per il sostegno a un cambiamento trasformativo entro il 2025. Questo risultato è stato possibile grazie alla leadership dei piccoli paesi più vulnerabili al clima, come le Barbados, e alle forti richieste di trasformazione provenienti dall’Africa (esemplari i discorsi dei Presidenti dello Zambia e del Kenya). Il messaggio è chiaro: puntare sulla cooperazione e mettere fine alle tensioni tra Cina e Occidente, tra Nord e Sud globale e tra clima e sviluppo che non servono ad affrontare le sfide comuni.

I giovani attivisti per il clima, in particolare con l’intervento di apertura di Vanessa Nakate, hanno lanciato un forte appello sulla responsabilità dei governi e delle aziende produttrici di combustibili fossili di programmare l’uscita e aiutare tutti i paesi nella transizione senza ricorso a nuovi idrocarburi. A riguardo, il think tank ODI esamina in nuovo rapporto la “trappola del debito da combustibili fossili” di cui soffrono 21 paesi a basso e medio reddito che dipendono fortemente dai proventi del petrolio e del gas. Dallo studio emerge come interventi nazionali e internazionali possono contribuire a spezzare il ciclo di dipendenza dai proventi dei combustibili fossili e l’accumulo di livelli insostenibili di debito.

Maggiore attenzione andrà riservata a come affrontare sistematicamente il debito pubblico e privato nei paesi che si trovano, o sono in procinto di trovarsi, in difficoltà. Il Gruppo dei Ministri delle Finanze dei Venti paesi più Vulnerabili (V20) ha lanciato una Coalizione d’emergenza per la sostenibilità del debito e la prosperità climatica per trovare soluzioni comuni. La sfida ora è rendere operativa questa agenda con decisioni e azioni non facili. A questo andrà affiancata una diplomazia politica, sia di alto livello sia tecnica, all’interno delle istituzioni, sfruttando gli appuntamenti dei prossimi 12 mesi, tra cui la Presidenza G7 dell’Italia che prenderà il via a inizio 2024.

Le prossime tappe verso la COP28 dopo Bonn e Parigi

I vertici internazionali che si terranno da qui alla COP28 saranno una cartina di tornasole importante per comprendere se a Dubai potremo parlare di avanzamenti o di pericolosi passi indietro nel finanziamento dell’azione climatica. I prossimi appuntamenti includono il vertice sull’azione per il clima in Africa (Nairobi, 4-6 settembre), il vertice G20 sotto la Presidenza indiana (9-10 settembre), il vertice sull’ambizione climatica durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 settembre e gli incontri annuali del Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale di Marrakech (9-15 ottobre). Per il nostro Paese, anche il vertice Italia-Africa, annunciato per l’autunno, rientra all’interno delle opportunità politiche dei prossimi mesi.

 

Foto di https://www.cop28.com/

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