Il 2 aprile 2025, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha annunciato la nomina dell’Ambasciatore Francesco Maria Talò come inviato speciale italiano per il corridoio India-Medio Oriente-Europa (IMEC). Si tratta di una nomina attesa, che giunge dopo il rilancio del progetto IMEC, nel quadro del recente incontro tra il primo ministro indiano Narendra Modi e il presidente statunitense Donald Trump, della visita in India della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e poco prima della visita del Ministro Tajani in India prevista il 10-11 aprile.
IMEC è un progetto strategico per la proiezione geopolitica e geoeconomica italiana, oltre ad essere un veicolo di connettività per il Mediterraneo. In questo senso, dati i profondi rapporti dell’Italia con gli attori coinvolti nel progetto – India, Paesi del Golfo, e USA – Roma ha l’opportunità di rafforzare il legame tra questa iniziativa e la promozione di stabilità e sviluppo in Medio Oriente.
IMEC: connettività, stabilità e sviluppo
IMEC ha lo scopo di facilitare il commercio e la cooperazione economica, favorendo integrazione tra gli attori e le regioni coinvolte. Il progetto prevede la costruzione di un corridoio infrastrutturale che parte dall’India e arriva fino all’Europa, passando per Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Israele e Grecia. Denominato anche la Via del Cotone, IMEC prevede il transito di beni e servizi, la creazione di collegamenti tra le reti elettriche dei Paesi, e una nuova infrastruttura per l’esportazione di idrogeno verde verso l’Europa.
L’adesione italiana a IMEC riflette un nuovo approccio diplomatico e commerciale verso l’Indo-Pacifico, esprimendo un’estensione del concetto di “Mediterraneo allargato”. L’iniziativa rappresenta un’occasione importante per consolidare il ruolo geopolitico dell’Italia e rafforzare i legami commerciali con partner strategici, come l’India e i Paesi del Golfo – necessari soprattutto alla luce delle incertezze del mercato globale attuale.
IMEC, lanciato nel 2023 in ambito G20 e sottoscritto da Stati Uniti, UE, Italia, Germania, Francia, Regno Unito, India, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e India, è stato bloccato dallo scoppio del conflitto in Medio Oriente, mettendo in luce lo stretto legame tra la stabilità della regione e il progresso dell’iniziativa. Infatti, la difficile soluzione diplomatica e la devastazione del conflitto in Medio Oriente hanno comportato una frenata del processo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita e di conseguenza anche del progetto. D’altro canto, risulterebbe difficile immaginare che il proseguimento di IMEC possa prescindere dall’affrontare le questioni regionali di sicurezza.
In un contesto geopolitico sempre più frammentato, investire in pace e sviluppo sostenibile nel Medio Oriente non è dunque solo una necessità umanitaria, ma anche una questione di sicurezza, stabilità e sviluppo globale.
In questo quadro, integrare Gaza e il Levante nel progetto IMEC potrebbe accelerarne l’implementazione e porre le basi per una nuova interdipendenza economica tra Israele, Palestina, i paesi limitrofi e quelli coinvolti nel progetto, contribuendo a favorire sviluppo e stabilità, partendo dalla condivisione di interessi.
La ricostruzione di Gaza: oltre l’emergenza
La ricostruzione di Gaza potrebbe essere l’occasione per rilanciare la fiducia globale nel multilateralismo e nelle istituzioni internazionali, oltre che rappresentare il termometro geopolitico della tenuta delle alleanze, anche nello stesso campo occidentale.
Secondo un recente rapporto congiunto delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e della Banca Mondiale, la ricostruzione di Gaza richiederà investimenti per oltre 53 miliardi di dollari nel prossimo decennio, con 20 miliardi necessari nei primi tre anni.
Il dibattito internazionale su come gestire questa ricostruzione è già avviato: il piano proposto dal presidente statunitense Donald Trump per trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente” ha suscitato forti reazioni, anche da parte dei leader arabi. Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Giordania hanno proposto una soluzione alternativa, accolta anche dall’Italia.
Parlare di ricostruzione mentre le ostilità sono ancora in corso non è solo un esercizio teorico, ma un imperativo strategico per pianificare ed essere pronti a sostenere sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile nel day after. La ricostruzione della regione non può limitarsi al solo ripristino delle infrastrutture distrutte, ma deve essere orientata verso la sostenibilità e la resilienza, grazie a investimenti in energie rinnovabili, infrastrutture e politiche di sviluppo economico sostenibile. Secondo la proposta del Peace Triangle-Imec elaborata dal think and do tank EcoPeace Middle East, la natura politica e diplomatica di un simile piano per Gaza dovrebbe convergere all’interno di iniziative di cooperazione regionale più ampie già esistenti, come IMEC.
Il ruolo dell’Italia
L’Italia ha espresso in più occasioni il proprio sostegno a una soluzione a due Stati come chiave per una pace duratura in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito questa posizione in diversi incontri con i leader israeliani e palestinesi, mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sottolineato l’importanza di avviare un percorso politico parallelo alla ricostruzione.
A livello umanitario, l’Italia ha già destinato oltre 104 milioni di euro in aiuti per Gaza, inclusa la missione “Food for Gaza“, ma il solo aiuto emergenziale non è sufficiente. Serve una strategia di lungo periodo che integri politiche di sviluppo sostenibile, investimenti infrastrutturali e soluzioni diplomatiche per garantire stabilità alla regione.
L’Italia è perfettamente posizionata per contribuire direttamente alla pace in Medio Oriente e svolgere un ruolo centrale, facendo leva: sulle forti relazioni transatlantiche, in particolare con l’amministrazione Trump; sulla proiezione indo-pacifica, costruita attraverso i legami con il Primo Ministro Modi; sulle rinnovate relazioni con i paesi del Golfo e i legami storici nel Mediterraneo e nel Levante, inclusi tanto Israele quanto l’Autorità palestinese.
Legare l’ambizioso progetto diplomatico, economico e infrastrutturale di IMEC alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese aiuterebbe a creare integrazione regionale attraverso sane interdipendenze tra Israele, un possibile futuro Stato palestinese e i paesi della regione, sbloccando al contempo il processo di sviluppo del progetto.
Inoltre, il supporto a questa iniziativa offrirebbe a Roma l’opportunità di accelerare e rafforzare la propria leadership in un’iniziativa strategica per la pace e la sicurezza nel Mediterraneo allargato e per il futuro del commercio e della connettività globale.
La proposta di EcoPeace
La proposta dell’organizzazione regionale EcoPeace Middle East promuove l’integrazione regionale tra Israele, il futuro Stato di Palestina e la Giordania nel disegno strategico di IMEC, attraverso lo sviluppo di tre progetti catalizzatori: (1) la partecipazione della Palestina al progetto “Prosperity” per la gestione congiunta delle risorse idriche ed energetiche, (2) la creazione di un hub per l’export di energia rinnovabile a Gaza e (3) lo sviluppo di una rete ferroviaria elettrificata che colleghi il Medio Oriente al Mediterraneo attraverso anche la costruzione di un porto commerciale a Gaza.
Come nel modello storico della Comunità del carbone e dell’acciaio dell’Europa del dopoguerra, gli interessi economici e di sicurezza potrebbero intrecciarsi, forgiando un potente fronte di interessi comuni nella regione, che potrebbe contrastare efficacemente le forze fondamentaliste.
Incorporare il Peace Triangle nel disegno strategico di IMEC potrebbe generare un impatto positivo e duraturo sulle dinamiche securitarie della regione sul breve-medio termine, in linea con gli interessi nazionali dei Paesi firmatari. Tra i quali, come detto, figura l’Italia.
Foto di Natacha de Hepcée