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Il 6 febbraio 2024 la Commissione europea ha presentato la propria raccomandazione sugli obiettivi di decarbonizzazione per il 2040. La Commissione analizza tre possibili scenari di riduzione delle emissioni: fino all’80%, tra l’85% e il 90% e infine tra il 90% e il 95%. Quest’ultimo scenario è coerente con le indicazioni dell’European Scientific Advisory Board on Climate Change (ESABCC) ed è all’interno di questo range che si situa l’obiettivo di riduzione del 90% raccomandato dalla Commissione.
Le tempistiche della decarbonizzazione sono dettate da una parte dai crescenti danni climatici (circa l’1% del PIL nell’eurozona già nel 2019 secondo la BCE) e dall’altra dalla corsa internazionale verso i nuovi mercati di tecnologie verdi (il cui valore la IEA stima intorno ai 650 miliardi di dollari l’anno entro il 2030). In questo contesto, fissare l’obiettivo di decarbonizzazione al 2040 non è un esercizio artificiale verso obiettivi irraggiungibili, ma un’occasione preziosa per dare chiarezza sul percorso necessario verso la neutralità climatica al 2050.
Davanti alla profondità del cambiamento, la sfida che la politica dovrà affrontare di qui al 2040 è quella di gestire la transizione in maniera più ordinata possibile, coniugando questa trasformazione con le nuove opportunità di sviluppo e con la necessità di supportare ed accompagnare chi è più colpito da questi cambiamenti e meno in grado di affrontarli. Questo può rendere la transizione un’opportunità di riduzione delle diseguaglianze sociali in ambiti chiave quali le abitazioni, la povertà energetica e i trasporti.
Il compito della politica è quello di fornire gli strumenti e dare delle risposte concrete su come accompagnare la transizione di settori complessi come l’agricoltura o l’industria manifatturiera.
Per l’Italia, il piano di decarbonizzazione è il PNIEC. Il Piano, nella sua forma attuale, soffre di una mancanza di chiarezza sia nel percorso di eliminazione dei combustibili fossili sia nelle misure concrete per il raggiungimento degli obiettivi 2030, in particolare sulla penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico. Entro giugno 2024 il PNIEC dovrà essere aggiornato, e questa sarà un’occasione preziosa, prima di tutto per allinearlo con gli obiettivi 2030, come richiesto dalla Commissione stessa. Un’occasione per tracciare una rotta chiara e concreta per la decarbonizzazione del sistema economico italiano, accompagnando le politiche con una coerente strategia di attuazione, anche in termini di sostenibilità economica e sociale, e con meccanismi di monitoraggio che consentano di indirizzare le politiche nel tempo.
La Comunicazione della Commissione sugli obiettivi di decarbonizzazione al 2040
La COP28 dello scorso dicembre è stata segnata da una decisione storica che, in un contesto multilaterale con quasi 200 Paesi presenti e alla luce dei progressi ancora insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ha sancito per la prima volta la necessità di un percorso di allontanamento dall’utilizzo delle fonti fossili. Tale decisione è stata raggiunta alla conclusione del primo dei cosiddetti Global Stocktakes, ovvero i ‘bilanci globali’ che, ogni 5 anni valutano i progressi ottenuti a livello globale nella risposta alla crisi climatica e nell’attuazione dei contributi nazionali determinati dai Paesi sottoscrittori dell’Accordo (Nationally Determined Contributions, NDCs). Per tenere conto dei risultati di questo processo, come previsto dall’Accordo stesso, la legge europea sul clima prevede la necessità di fissare un obiettivo di decarbonizzazione per il 2040 entro sei mesi dal global stocktake. È in questo contesto che la Commissione ha presentato la propria raccomandazione sugli obiettivi di decarbonizzazione per il 2040 nella giornata di ieri, 6 febbraio 2024.
Nel documento, la Commissione analizza tre possibili scenari sulla percentuale di riduzione delle emissioni al 2040 (rispetto al 1990):
- Opzione 1: una riduzione fino all’80%, in coerenza con la traiettoria lineare tra l’obiettivo del 2030 e quello del 2050.
- Opzione 2: una riduzione tra l’85% e il 90%, coerente con la riduzione che si otterrebbe estendendo l’attuale framework di politiche fino al 2040
- Opzione 3: una riduzione tra il 90% e il 95%, coerente con le indicazioni dell’European Scientific Advisory Board on Climate Change (ESABCC)
Il target raccomandato dalla Commissione del 90% è all’interno di quest’ultimo range.
L’utilità degli obiettivi di decarbonizzazione
Une delle certezze da cui parte l’analisi della Commissione è quella dei danni fisici prodotti dal cambiamento climatico, che l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima intorno ai 170 miliardi di euro negli ultimi 5 anni. La BCE stima che i danni causati dal cambiamento climatico hanno prodotto una perdita di circa l’1% del PIL nel 2019 nell’eurozona, perdita che, secondo l’analisi presentata ieri dalla Commissione, potrebbe ridurre il PIL dell’Unione nell’ordine del 7% entro la fine del secolo in assenza di misure di decarbonizzazione rispetto a uno scenario con transizione ordinata nel 2040. Questo evidenzia che un’azione incisiva e rapida ha il potenziale di evitare impatti economici significativi, riducendo danni ad abitazioni, persone ed attività produttive, proteggendo posti di lavoro e in generale riducendo i costi della collettività per far fronte ai disastri naturali. Questo è soprattutto vero per il settore agricolo, che è particolarmente esposto a danni naturali e alla riduzione di resa dovuta a condizioni climatiche meno favorevoli. Basti pensare che l’alluvione in Emilia Romagna del 2023 ha provocato quasi 10 miliardi di danni, a cui si aggiungono danni per ulteriori miliardi sommando gli effetti di vari episodi di maltempo sulla penisola e i danni dovuti ai periodi di siccità.
Egualmente importante è considerare le opportunità economiche portate dalla transizione, a partire da un mercato di beni legati alla decarbonizzazione che la IEA stima varrà 650bn di dollari all’anno entro il 2030. Vari Paesi (tra cui in particolare USA e Cina) hanno investito e stanno investendo molto in queste tecnologie, ipotecando il controllo di una larga fetta dei mercati internazionali dei prossimi decenni e spingendo l’Europa a muoversi in fretta per evitare di perdere ulteriore terreno. Proprio in queste ultime settimane l’industria solare e delle pompe di calore hanno pubblicato appelli alla Commissione per chiedere misure concrete di sostegno contro la concorrenza extra UE.
Entrambi questi fattori economici impongono al settore privato un cambio di direzione per gli investimenti rispetto agli scenari economici ‘business as usual’. In questo contesto fissare degli obiettivi di decarbonizzazione offre la certezza della direzione di viaggio che serve per investire in processi produttivi a basse emissioni e nelle catene di valore di beni legati alla transizione.
In un contesto dove le tempistiche della decarbonizzazione sono dettate da una parte dai crescenti danni climatici e dall’altra dalla corsa verso i nuovi mercati di tecnologie verdi, fissare l’obiettivo di decarbonizzazione al 2040 non è un esercizio artificiale verso obiettivi irraggiungibili, ma un’occasione preziosa per dare chiarezza sul percorso necessario verso la neutralità climatica al 2050.
La sfida della decarbonizzazione
L’analisi della Commissione pubblicata il 6 febbraio mette in chiaro che, a prescindere dall’obiettivo che l’UE finirà per adottare, la strada verso la neutralità climatica parte, come minimo, dalle misure contenute nel pacchetto Fit for 55, che sono alla base di tutti e tre gli scenari considerati. In tutti e tre gli scenari, sistemi energetici dell’UE devono essere decarbonizzati in misura significativa entro il 2040, e questo comporta un’intensificazione degli sforzi di sostituzione dei combustibili fossili con fonti rinnovabili e l’aumento dell’efficienza energetica in vari settori. Nuove produzioni industriali tra cui la lavorazione di materiali critici o la produzione di acciaio verde saranno necessarie per alimentare questa trasformazione, e gli investimenti necessari a tutto questo alimenteranno l’innovazione.
Portare il livello di decarbonizzazione rispetto al 1990 da circa il 32% del 2022 al range considerato dell’80%-95% in 16 anni è, in ogni caso, una sfida complessa che impone una trasformazione radicale del sistema economico che avrà impatti rilevanti, anche redistributivi, sulla società, il lavoro e le famiglie. L’analisi della Commissione evidenzia, però, che gli impatti dello scenario con l’obiettivo più elevato non sono significativamente superiori a quelli degli altri due scenari sia in termini di livelli di investimento necessari nel periodo 2031-2050, sia in termini di costi per le famiglie (principalmente grazie all’efficienza energetica).
Dati gli enormi impatti economici (oltre che in termini di perdite vite umane) dell’inazione rispetto al cambiamento climatico, non fare nulla non appare una strada percorribile. Questo è vero per tutti i settori, e in maniera particolare per il settore agricolo, che è uno dei settori che pagherebbe il prezzo più alto per l’inazione contro il cambiamento climatico. L’agricoltura contribuisce a oltre il 10% delle emissioni europee, e pur subendo gli impatti del cambiamento climatico in maniera significativa, ha finora contribuito molto poco alla riduzione delle emissioni, dato che l’agenzia ambientale europea stima una riduzione delle emissioni del solo 4% nel 2030 rispetto al 2005 a politiche attuali. Il compito della politica è, quindi, quello di fornire gli strumenti e dare delle risposte concrete su come accompagnare questa necessaria trasformazione, anche di settori complessi come l’agricoltura o l’industria manifatturiera, coniugando la transizione con le nuove opportunità di sviluppo e la necessità di supportare ed accompagnare chi è più colpito da questi cambiamenti e meno in grado di affrontarli. Questo può rendere la transizione un’opportunità di riduzione delle diseguaglianze sociali in ambiti chiave quali le abitazioni, la povertà energetica e i trasporti.
A fronte di queste realtà un dibattito pubblico sul come la transizione deve avvenire è necessario e auspicabile, mentre rigettare gli obiettivi climatici appare controproducente. Tutti i settori economici devono prendervi parte e tutti gli attori e le rappresentanze della società devono poter avere un ruolo nel definire quali politiche devono essere attuate, quali aiuti sono necessari per chi, e questo implicitamente comporta l’accettazione e l’assunzione di responsabilità da parte di tutti del punto di arrivo del percorso, cioè l’obiettivo di decarbonizzazione calcolato sulla base della scienza e illustrato dalla Comunicazione della Commissione.
La dimensione nazionale di una transizione ordinata
La chiarezza del percorso offerta dagli obiettivi di decarbonizzazione consente agli Stati di definire le politiche e preparare dei Piani nazionali su come la transizione può avvenire in maniera ordinata, cioè in modo da massimizzare le opportunità e minimizzare impatti e costi.
A livello nazionale, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione passa principalmente per il National Energy and Climate Plan (NECP), che per l’Italia è il Piano nazionale integrato energia e clima o PNIEC, che gli Stati membri hanno aggiornato negli scorsi mesi per includere gli obiettivi concordati nel pacchetto Fit for 55. La Commissione ha pubblicato il 18 dicembre 2023 le proprie osservazioni sui 24 piani inviati, tra i quali quello italiano. Quello che emerge è che al momento di iniziare il dibattito sull’obiettivo di decarbonizzazione per il 2040, diversi Paesi europei non hanno ancora adeguatamente valutato come attuare nel concreto le azioni al 2030 né come gestirne i costi e gli impatti redistributivi.
Per l’Italia, il piano di decarbonizzazione è il PNIEC. La nostra analisi evidenzia che il piano nella sua forma attuale soffre di una mancanza di chiarezza sia nel percorso di eliminazione dei combustibili fossili che nelle misure concrete di accompagnamento per il raggiungimento degli obiettivi 2030, il cui principale elemento abilitante è il raggiungimento degli obiettivi di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico. Nel breve periodo il piano promuove tecnologie non allineate agli obiettivi, mentre manca una visione coerente di transizione nel medio/lungo periodo. Entro giugno 2024 il PNIEC dovrà essere aggiornato, e questa sarà un’occasione preziosa, prima di tutto per allinearlo con gli obiettivi 2030, come richiesto dalla Commissione stessa. Soprattutto sarà un’occasione per far sì che sia in grado declinare una strada chiara e concreta per la decarbonizzazione del sistema economico italiano, accompagnando le politiche con una coerente strategia di attuazione, anche in termini di sostenibilità economica e sociale, e con meccanismi di monitoraggio che consentano di indirizzare le politiche nel tempo.
Guarda il briefing stampa “nuovo obiettivo EU di riduzione delle emissioni al 2040”
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Foto di Guillaume Meurice