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Mobilità elettrica: sfide e opportunità occupazionali

di Francesco Naso, Segretario Generale di Motus-E

Cosa andrebbe fatto per la trasformazione e lo sviluppo della filiera automobilistica italiana? Di cosa ha bisogno il nostro Paese per cogliere le opportunità che la mobilità elettrica e l’elettrificazione dei trasporti stanno offrendo?

Motus-E, la prima associazione italiana costituita per fare sistema e accelerare la transizione verso la mobilità elettrica, indica quattro pilastri sui quali è fondamentale intervenire al più presto per affrontare le sfide che saranno sempre più urgenti.

Sulla mobilità elettrica punta anche il principale produttore di auto in Italia, Stellantis e in questa direzione si stanno muovendo altri Paesi europei: Germania, Francia, Spagna e Polonia hanno già pianificato la trasformazione del loro ecosistema industriale. L’Italia, al contrario, non ha ancora una strategia di transizione. È quindi necessaria, e non più rimandabile, una politica industriale funzionale all’evoluzione della filiera automobilistica italiana, così come un piano di formazione di nuove competenze dei lavoratori del settore.

Ma quali sono gli elementi imprescindibili per una politica industriale che possa sfruttare tutte le opportunità della transizione verso l’elettrico?

Conoscenza del contesto

Uno scenario in rapida evoluzione richiede una mappatura continua della trasformazione della filiera automotive, con l’obiettivo di comprendere quali siano le imprese e i lavoratori davvero impattati, prevedendo sostegni e formazione adeguata. La miglior comprensione del contesto potrebbe essere facilitata da una pubblicazione chiara e puntuale degli strumenti di supporto alle imprese e delle relative modalità di accesso. Tali fondi andrebbero misurati in termini di efficacia, rendendo consultabili gli investimenti suddivisi per settore e tipologia.

Per quanto concerne il comparto ricerca e sviluppo, è necessaria una promozione dei gruppi di ricerca nelle università e nei centri studi e gli spin off universitari che lavorano sulla mobilità elettrica e le batterie. Questo permetterebbe alle imprese della filiera allargata di acquisire competenze tecnologiche e di sviluppo, attraverso contratti di ricerca e l’incentivazione di dottorati industriali.

Azione a livello europeo

Il Regolamento europeo sulla CO2 ha un impatto diretto sul sistema italiano e per questo è fondamentale discutere a livello europeo dell’allocazione preferenziale all’Italia, come Paese fortemente impattato dalla trasformazione dell’automotive, del Just Transition Fund.

Inoltre, sarebbe opportuna una negoziazione dell’estensione temporale del temporary framework per il settore automotive per utilizzare strumenti potenziati in deroga alla norma sugli aiuti di Stato in ambito europeo.

Vanno inoltre ridefiniti, se non eliminati i vincoli territoriali degli aiuti di Stato europei che si concentrano preferenzialmente nelle zone depresse (regioni di convergenze), e stimolata la creazione di una politica di re-shoring delle filiere delocalizzate fuori dall’Europa.

Strumenti di supporto

Tra gli strumenti di supporto è necessario semplificare l’accesso ai Contratti di sviluppo e aumentare la copertura a fondo perduto, in particolare per i progetti di R&D, premiando i progetti di collaborazione fra le imprese. È inoltre opportuno rivedere gli Accordi di innovazione che devono prevedere una analisi preventiva dei progetti presentati, allocando fondi separati per settori e lasciate aperte delle finestre temporali ampie strutturando gli Accordi con uno sportello aperto permanentemente, come i contratti di sviluppo come meritoriamente ha incluso il MiSE nell’ultimo recente DCPM che revisiona questo strumento di supporto. Ci auguriamo che il nuovo governo prosegua su questa strada.

Un tavolo permanente ad hoc, che metta insieme i principali stakeholder (istituzioni e filiera), può essere funzionale alla messa a disposizione di esperti per meglio comprendere i nuovi veicoli, i processi industriali di produzione e le infrastrutture necessarie per il loro sviluppo. A tal fine, potrebbe anche essere utile la pubblicazione di un elenco di potenziali consulenti accreditati cui le imprese possono attingere con voucher e incentivi.

Infine, è opportuno intervenire per rivedere gli aiuti che hanno la forma di Credito d’Imposta, poiché risultano poco efficaci per le piccole imprese che spesso non hanno la necessaria capienza fiscale per beneficiarne.

 

Formazione e nuove competenze

Puntare sulla formazione e sulle nuove competenze per l’auto elettrica è un altro elemento strategico nella transizione. In questo senso, va aggiornato il Fondo nuove Competenze, previsto dal PNRR in alternativa agli ammortizzatori sociali, per puntare ad un vero reskill dei lavoratori. È necessario inoltre aggiornare il Database ufficiale delle competenze del Ministero del lavoro (Atlante Lavoro) in modo da renderlo più aderente con le nuove professioni e, di conseguenza, più efficace nel monitorare i cambiamenti del settore e le competenze che saranno più richieste.

Serve istituire dei dottorati industriali, con l’obiettivo dell’assunzione finale del dottorando da parte dell’impresa, e riqualificare il ruolo di formazione di Istituti Tecnici Superiori (ITS), fondamentali per le nuove professioni.

Anche l’importazione di competenze utili è un ambito di azione da perseguire, ad esempio attraverso una forte copertura contributiva e defiscalizzazione per esperti, italiani e non, in arrivo dall’estero.

Per approfondire le proposte di Motus-E leggi l’analisi completa su: https://www.motus-e.org/news/automotive-ed-occupazione-le-sfide-e-le-opportunita-della-mobilita-elettrica

Photo by Mike B

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