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Il G7 per rilanciare l’azione climatica

PUNTI CHIAVE
  • Quest’anno il G7 è chiamato a mantenere un delicato equilibrio tra le risposte all’invasione russa dell’Ucraina e l’urgenza di accelerare il passo nell’affrontare la crisi climatica globale.
  • La sicurezza energetica deve essere affrontata garantendo priorità a efficienza energetica e rinnovabili per calcolare il fabbisogno reale di diversificazione ed evitare di legarsi a nuove, costose infrastrutture e produzione di gas, incompatibili con una domanda in calo e l’obiettivo di 1,5°C.
  • Più che forzare la creazione di un “climate club”, che rischia di mancare di efficacia e inclusività, l’azione reale domestica dovrebbe concentrarsi sulla decarbonizzazione del settore elettrico entro il 2035, come suggerito dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, e promuovere la fine della vendita di macchine e veicoli leggeri a combustione interna entro il 2035.

I paesi del G7 e i loro alleati hanno applicato sanzioni finanziarie di vasta portata in risposta all’invasione russa dell’Ucraina. L’impatto combinato della guerra e delle sanzioni ha creato gravi ripercussioni sull’economia mondiale, con effetti ancor più significativi per i paesi in via di sviluppo e le economie emergenti, già particolarmente afflitti dalle conseguenze della pandemia da COVID-19 e dalle pressioni inflazionistiche causate dalla ripresa post-pandemica.    

I leader dei paesi G7 hanno dimostrato la determinazione e la capacità di apportare rapidi e profondi cambiamenti al sistema finanziario ed energetico in risposta all’aggressione della Russia, come leva per perseguire obiettivi geopolitici. Quest’anno il G7 è chiamato a mantenere un delicato equilibrio tra le risposte alla guerra russo-ucraina e l’urgenza di accelerare il passo nell’affrontare la crisi climatica globale.  

La reazione immediata alla guerra verso una rapida quanto complessa diversificazione dell’uso delle fonti fossili sembra per ora indicare un rinnovato interesse verso le tradizionali fonti di energia, in particolare il gas, e una prevalenza di un tradizionale concetto di sicurezza energetica rispetto all’urgenza di rispondere alla minaccia del cambiamento climatico. Nonostante in Europa si registrino passi avanti in questa direzione con il pacchetto REPowerEU, le opportunità offerte dalle rinnovabili e dall’efficienza energetica non sono ancora prese in considerazione per il breve periodo con la stessa priorità e urgenza di nuovi approvvigionamenti di gas, nonostante la continua crescita dei prezzi del gas aumenti sensibilmente la convenienza delle rinnovabili rispetto alle fonti fossili.  

La crescente domanda di sicurezza energetica dovrebbe essere affrontata garantendo priorità all’efficienza energetica come prima azione, accelerando lo sviluppo delle energie rinnovabili e gli investimenti per l’elettrificazione. L’impegno nel breve termine per la diversificazione dovrebbe formare il terzo pilastro per far fronte al fabbisogno residuo ma solo dopo l’applicazione delle prime azioni “pulite” per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Ciò per evitare di legarsi a nuove e costose infrastrutture e produzione di gas incompatibili sia con i fabbisogni reali di una domanda europea di gas attesa in forte calo (meno 40% al 2030 rispetto al 2021) che con l’obiettivo climatico di 1,5°C. 

Il Governo tedesco ha posto queste questioni al centro della sua Presidenza del G7. Gli appuntamenti dei prossimi giorni e settimane saranno cruciali per comprendere la portata dei successi del G7, e la sua capacità di mantenere l’agenda climatica tra le priorità delle principali economie del globo. Il 26-27 maggio si terrà la Ministeriale Clima, Ambiente ed Energia che radunerà i Ministri dei paesi G7 per definire una forte risposta comune alla crisi energetica, senza sacrificare gli impegni presi per contenere la minaccia climatica. Seguirà il Vertice G7 dei leader il 26-27 giugno a Elmau. 

AMBIZIONE

Alla COP26 di Glasgow, i Paesi hanno concordato di impegnarsi a rafforzare le loro ambizioni per allineare i rispettivi obiettivi di riduzione delle emissioni all’Accordo di Parigi. Sulla base degli impegni attuali presentati dai governi, il nostro pianeta si avvia su una traiettoria di circa 2,7°C di riscaldamento con rischi di impatti globali come uragani, incendi e inondazioni, talvolta ormai irreversibili. In questo quadro già poco incoraggiante, si aggiunge il dubbio circa la possibilità che i Paesi adottino le politiche necessarie per rispettare gli impegni assunti. 

La Presidenza tedesca del G7 ha promosso l’idea del Cancelliere Scholz di costituire un “Club del Clima” in risposta all’urgenza di rispettare gli impegni assunti e parallelamente limitare le preoccupazioni dovute alle questioni di competitività potenzialmente associate a livelli di ambizione divergenti tra i principali paesi emettitori. L’iniziativa tedesca vorrebbe in effetti promuovere l’armonizzazione delle politiche di mitigazione tra i paesi membri, soprattutto nei settori industriali dove risiedono le maggiori difficoltà nella riduzione delle emissioni, e ricorrere a meccanismi di adeguamento del carbonio alle frontiere tra i Paesi partecipanti sulla falsariga del CBAM.  Se la proposta tedesca sembra contenere aspetti positivi, restano forti dubbi su: i) le reali possibilità di creare un meccanismo così complesso in poco tempo tra paesi con economie e approcci di riduzione delle emissioni significativamente diversi; ii) l’applicazione di uno strumento comune di adeguamento al carbonio alle frontiere per prodotti chiave per l’industria, in un contesto geopolitico ed economico già molto teso; iii) le modalità di partecipazione al “Club”, che potrebbero mettere a rischio da subito le opportunità di successo dell’iniziativa. Qualunque sia l’esito delle discussioni sotto la presidenza tedesca, è molto probabile che il “Climate Club” necessiterà di mesi, se non di anni, per essere operativo, limitandone quindi da subito il contributo reale nella lotta al cambiamento climatico.

IMPEGNI REALI

L’invasione russa dell’Ucraina sta accentuando quotidianamente la necessità di allontanare il mondo dai combustibili fossili. Per ridurre questa dipendenza, il G7 dovrebbe concordare di aumentare gli investimenti nelle tecnologie per l’uso dell’energia rinnovabile e per l’aumento dell’efficienza energetica, oggi già largamente disponibili e fortemente competitive, con scala e urgenza comparabili a quelle con cui affronta le spese per la difesa. Riprendendo gli impegni presi dai leader G7 nel corso del 2021 e alla COP26, in cui il Presidente del consiglio Mario Draghi ha giocato un ruolo da protagonista, sarebbe importante che i paesi G7 rilanciassero l’iniziativa del “Partenariato per le infrastrutture e gli investimenti” come quadro di riferimento per contribuire a ridurre il divario infrastrutturale nelle economie emergenti e in via di sviluppo. In particolare, risulta cruciale rilanciare l’impegno a trasferire “trilioni” di dollari come nel comunicato di fine dicembre 2021 in cui si afferma che “i Paesi a basso e medio reddito hanno bisogno di espandere gli investimenti in energia pulita di sette volte, fino a oltre 1.000 miliardi di dollari all’anno, per affrontare il cambiamento climatico”. 

Basandosi dunque su precedenti impegni internazionali, inclusa la dichiarazione di Glasgow sul sostegno internazionale alla transizione all’energia pulita, i paesi del G7 dovrebbero lavorare con impegno e ambizione per concordare di: 

  • Eliminare il carbone come fonte domestica di produzione elettrica entro il 2030 e decarbonizzare il settore elettrico entro il 2035, in linea con quanto previsto dai percorsi indicati dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) per raggiungere la neutralità climatica entro metà secolo e mantenere l’aumento della temperatura entro 1.5°C;
  • Impegnarsi a presentare una roadmap e meccanismi di controllo e verifica dal 2023 per l’eliminazione dei sussidi fossili entro il 2025;
  • Eliminare il sostegno internazionale da parte dei paesi G7 alle fonti fossili nei paesi in via di sviluppo, estendendo tale impegno alle banche multilaterali di sviluppo, forti del ruolo di membri dei board e principali finanziatori di queste istituzioni;  
  • Promuovere la fine della vendita di macchine e veicoli leggeri a combustione interna entro il 2035, sostenendo parallelamente il dispiegamento su vasta scala dei veicoli elettrici e delle infrastrutture di ricarica. 

Questo cambio di paradigma non può avvenire senza la costruzione di un’architettura finanziaria fortemente orientata a sostenere una transizione energetica globale finalmente pulita, in cui le banche pubbliche, comprese le banche centrali e le istituzioni finanziarie internazionali, utilizzano i rispettivi strumenti e risorse per accelerare l’agenda della decarbonizzazione, consolidando i segnali al mercato sulle opportunità di sviluppo e di business disponibili. 

LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE

Sebbene queste siano azioni cruciali, il solo contributo dei Paesi G7 non potrà essere sufficiente per dare una risposta definitiva al cambiamento climatico: la cooperazione internazionale è e sarà sempre più fondamentale per tracciare un percorso che mantenga l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C. E’ ormai evidente che decarbonizzare il settore elettrico e accelerare il passaggio dal carbone direttamente verso le energie rinnovabili nelle grandi economie emergenti, come India, Indonesia e Vietnam, rappresenta la migliore opzione sia per una transizione giusta che per la sicurezza energetica, oltre che un passo obbligato negli sforzi per rispettare gli obblighi di Parigi. La partnership per la transizione giusta in Sudafrica annunciata alla COP26 per emancipare il paese dal carbone come fonte di produzione elettrica sembra essere un modello apprezzato da paesi in via di sviluppo e dai finanziatori internazionali, con grandi potenziali di replicabilità in altri paesi intenzionati ad avviare una transizione reale verso un’economia decarbonizzata e più giusta.  

Forte di questa opportunità, il G7 dovrebbe annunciare congiuntamente ulteriori partenariati per la transizione energetica giusta (Just Energy Transition Partnerships o JET-Ps), guidati dalle grandi economie emergenti e tarati sulle loro priorità di sviluppo, climatiche e sociali. È fondamentale che le JET-Ps siano piattaforme sufficientemente agili per realizzare in breve tempo i cambiamenti radicali delle infrastrutture energetiche e siano alimentati dai finanziamenti pubblici e privati necessari, per non rischiare di diventare una nuova promessa disattesa dai paesi più industrializzati. L’Italia può e deve giocare un più forte ruolo di potenziale contributore delle partnership esistenti o come guida di nuove, soprattutto nei paesi dell’area del Mediterraneo e in Africa.  

Queste offerte non sono solo imprescindibili per ridurre drasticamente le emissioni in linea con quanto prescritto dalla scienza, ma sono anche gli strumenti prioritari con cui i paesi sviluppati potranno giustamente mettere fine ai loro finanziamenti internazionali per i combustibili fossili, senza conseguenze sulla stabilità delle economie emergenti. 

In un anno in cui è stato probabilmente sancito il declino del G20 come forum multilaterale per affrontare sfide sistemiche e globali in modo unitario, la leadership del G7 e una sua rinnovata e genuina collaborazione con le grandi economie emergenti, appare quanto mai essenziale. Il G7 oggi più che mai resta un foro chiave per guidare un’azione climatica ambiziosa in vista della COP27 di Sharm el-Sheikh di novembre prossimo e, più in generale, verso gli obiettivi globali che dovranno essere raggiunti in questo decennio critico per limitare l’innalzamento della temperatura entro l’1,5°C. 

 

Photo credit NATO

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