A seguito dell’emergenza Covid i paesi europei hanno sospeso l’applicazione del patto di stabilità fino al 2022 e ora la Commissione propone di estendere la sospensione fino alla fine del 2023. Nel frattempo si è avviato un dibattito sulla revisione del patto di stabilità. La necessità di trovare un accordo su come finanziare la transizione climatica è finora rimasta ai margini di questo dibattito, eppure rappresenta un elemento importante di possibile incontro tra le posizioni frugali e quelle riformiste.
In questo policy briefing riflettiamo, in particolare, su una proposta per assegnare uno status speciale alla spesa verde, coerente con qualunque decisione venga presa sulla riforma del patto di stabilità.
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La spesa per la transizione si compone non solo di investimenti pubblici e privati, ma include anche il sostegno mirato alla domanda di prodotti e servizi compatibili con la decarbonizzazione, la spesa nel capitale umano e nella realizzazione di una transizione ‘giusta’ sia da un punto di vista di equità sociale, sia in quanto prerequisito per la riuscita della transizione stessa.
L’Unione europea stima siano necessari 270 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica per la transizione. Una nostra prima stima per l’Italia porta ad identificare una spesa pubblica annuale di almeno 33 miliardi.
In paesi come l’Italia, caratterizzati da alto debito pubblico, lo spazio fiscale per poter reperire nuove risorse risulta limitato rispetto alla necessità dei tempi e della profondità della transizione. La possibilità di ricorrere a debito diventa pertanto una necessità. L’azione climatica è per sua natura un’azione collettiva, e non potrebbe definirsi un successo se non fosse possibile ai paesi con situazioni debitorie complesse seguire i più virtuosi su questa strada.
Per consentire ai paesi ad alto indebitamento di reperire le risorse necessarie per la transizione è necessaria quindi una deroga del patto di stabilità. In particolare, le spese per la transizione dovrebbero essere escluse dal calcolo del debito pregresso e legarsi a tempistiche di rientro più lunghe e specifiche per ogni paese. Un riassetto della fiscalità è inoltre necessario per renderla coerente con la transizione, sottostando a strette condizionalità che garantiscano la coerenza di questa spesa con gli obiettivi climatici e la sostenibilità del debito e prevengano eventuali abusi.
Questi temi sono stai al centro di un dibattito organizzato da ECCO e Friedrich Ebert Stiftung il 23 maggio 2022 a Roma. L’evento è stata un’occasione di confronto tra economisti, parlamentari ed esperti di policy in rappresentanza di due delle economie più importanti all’interno dell’Unione europea, Italia e Germania, paesi esponenti di due visioni spesso ai poli opposti del dibattito. Può il finanziamento dell’azione climatica costituire un terreno comune di accordo?
Il primo elemento della nostra proposta è una definizione della spesa verde. La spesa per la transizione si compone infatti non solo di investimenti pubblici e privati, ma include anche il sostegno mirato alla domanda di prodotti e servizi compatibili con la decarbonizzazione, la spesa nel capitale umano e nella realizzazione di una transizione ‘giusta’ sia da un punto di vista di equità sociale, sia in quanto prerequisito per la riuscita della transizione stessa.
Il secondo elemento della nostra proposta verte sul come finanziare l’azione collettiva sul clima.
L’Unione europea stima siano necessari 270 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica per la transizione. Una nostra prima stima per l’Italia porta ad identificare una spesa pubblica annuale di almeno 33 miliardi.
In paesi come l’Italia, caratterizzati da alto debito pubblico, lo spazio fiscale per poter reperire nuove risorse risulta limitato rispetto alla necessità dei tempi e della profondità della transizione. La possibilità di ricorrere a debito diventa pertanto una necessità. L’azione climatica è per sua natura un’azione collettiva, e non potrebbe definirsi un successo se non fosse possibile ai paesi con situazioni debitorie complesse seguire i più virtuosi su questa strada.
Per consentire ai paesi ad alto indebitamento di reperire le risorse necessarie per la transizione è necessario che le spese per la transizione siano escluse dal calcolo del debito pregresso e dalle altre regole del patto di stabilità e legate a tempistiche di rientro più lunghe e specifiche per ogni paese. Questa spesa dovrà comunque sottostare a strette condizionalità che garantiscano la coerenza di questa spesa con gli obiettivi climatici e la sostenibilità del debito e prevengano eventuali abusi. Un riassetto della fiscalità è inoltre necessario per renderla coerente con la transizione.
Questi temi sono stai al centro di un dibattito organizzato da ECCO e Friedrich Ebert Stiftung il 23 maggio 2022 a Roma. L’evento è stata un’occasione di confronto tra economisti, parlamentari ed esperti di policy in rappresentanza di due delle economie più importanti all’interno dell’Unione europea, Italia e Germania, paesi esponenti di due visioni spesso ai poli opposti del dibattito. Può il finanziamento dell’azione climatica costituire un terreno comune di accordo?
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Photo by Karolina Grabowska – Pexels