L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA – International Energy Agency) ha sottolineato qualche giorno fa l’esigenza di una concreta strategia di decarbonizzazione dell’industria pesante, evidenziando la centralità del settore pubblico nel guidare le politiche di indirizzo e il sostegno agli investimenti.
La IEA manda questo messaggio attraverso il rapporto “Achieving Net Zero Heavy Industry Sectors in G7 Members”, pubblicato lo scorso maggio, nel quale vengono proposte dieci raccomandazioni per ridurre rapidamente le emissioni di CO2 derivanti dall’industria pesante dei paesi G7.
Analizziamo qualche dato. I paesi dell’area G7 concorrono al 17% della produzione mondiale di acciaio, rappresentano l’8% di quella di cemento e il 28% di prodotti chimici. I settori dell’industria pesante sono responsabili del consumo di oltre il 15% di carbone e di circa il 10% di petrolio e gas naturale complessivamente utilizzati nei paesi G7. Focalizzando lo sguardo sull’Italia, il nostro Paese è il secondo produttore di acciaio in Europa e l’11° a livello mondiale, il terzo produttore chimico europeo e il dodicesimo al mondo, oltre a essere il secondo produttore europeo di cemento. Il 63% delle emissioni industriali nazionali derivano dai settori hard to abate, così definiti poiché hanno una maggiore difficoltà ad abbattere le proprie emissioni di gas serra, in quanto necessitano di calore a elevata temperatura e perché viene emessa CO2 anche durante le reazioni chimiche che avvengono nel processo produttivo (Figura 1).
Figura 1 – Emissioni dirette dell’industria italiana nel 2020 per settore. Totale: 74,8 Mt CO2eq.
Nell’industria pesante sono ancora poche le soluzioni innovative che hanno raggiunto livelli di maturità tecnologica e commerciale sufficienti e i nuovi processi produttivi sono generalmente caratterizzati da investimenti e costi operativi molto onerosi. Prodotti come acciaio e cemento sono commercializzati a livello internazionale su mercati caratterizzati da un’elevata competizione sul lato dell’offerta, con margini troppo ridotti per assorbire un aumento importante dei costi di produzione. Elementi di criticità, quelli sopracitati, che stanno ostacolando gli investimenti delle imprese in nuove tecnologie per la riduzione delle emissioni.
Un quadro di politiche ambiziose e ben definite è essenziale per creare le condizioni per una rapida decarbonizzazione dell’industria pesante. Le strategie che verranno sviluppate nei prossimi cinque anni saranno fondamentali per indirizzare questi settori industriali su un percorso compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica. Il report della IEA propone 10 raccomandazioni per i paesi G7 per accelerare la transizione e, allo stesso tempo, permettere alle industrie di rimanere dinamiche, competitive e generatrici di lavoro di alta qualità:
- Sviluppare piani d’azione di lungo termine per l’industria. Come sostenuto da ECCO nel policy paper “Clima e sviluppo: una strategia industriale”, per indirizzare gli investimenti verso il raggiungimento degli obiettivi climatici è indispensabile guidare i settori manifatturieri, le catene di valore e approvvigionamento e la finanza pubblica e privata verso progetti innovativi a zero emissioni. Tale strategia dovrà aumentare la resilienza contro la volatilità dei prezzi internazionali, ridurre la dipendenza dalle importazioni fossili e permettere al settore di rimanere competitivo a livello internazionale. Affinché questa politica industriale porti benefici all’economia e crei occupazione, è fondamentale che abbia un orizzonte temporale di medio-lungo periodo. I piani industriali non possono guardare a un tempo di uno o due anni, ma devono proiettare il business nel futuro, per anticipare le tendenze di mercato, mantenere i vantaggi competitivi ed evitare il lock-in in investimenti non pienamente compatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione;
- Finanziare progetti pilota per lo sviluppo delle tecnologie “near zero”. Il sostegno pubblico dovrebbe essere uno stimolo per l’innovazione tecnologica e la sostenibilità e dovrebbe contribuire a ridurre i rischi connessi all’adozione di tecnologie innovative. Ad esempio, in Italia lo Stato potrebbe supportare un progetto presso lo stabilimento ex-Ilva di Taranto per lo sviluppo della tecnologia DRI (Direct Reduced Iron) per la produzione di acciaio verde. La IEA definisce questa soluzione tecnologica come la via maestra per la produzione di acciaio primario verde nei paesi del G7 e si ricorda, tra l’altro, che proprio a questa tecnologia è dedicato anche un investimento all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)Puoi leggere il nostro report: “Taranto, la produzione di acciaio primario nella sfida alla decarbonizzazione” qui
- Sviluppare meccanismi di finanziamento per supportare la diffusione di tecnologie near zero e delle relative infrastrutture, come ad esempio la produzione e la distribuzione di energia elettrica rinnovabile e di idrogeno verde. L’obiettivo di neutralità climatica al 2035 per il sistema elettrico è fondamento per la decarbonizzazione sia dei settori industriali che richiedono calore a elevata temperatura, consentendo la produzione della necessaria quantità di idrogeno verde, sia di quelli che richiedono calore a media e bassa temperatura, ottenibile per mezzo dell’elettrificazione;
- Creare mercati per materiali near zero. Per permettere alle aziende di investire in tecnologie low carbon è necessario creare una robusta domanda di prodotti verdi. A tal proposito, sono necessarie politiche per stimolare la domanda di questi prodotti, facendo leva innanzitutto sul settore pubblico e incoraggiando un medesimo comportamento anche in quello privato, anche attraverso apposite politiche fiscali. Ad esempio, nel caso dell’industria siderurgica, gli appalti pubblici possono creare uno sbocco per l’acciaio verde nei settori delle infrastrutture e degli edifici. Sempre con riferimento all’acciaio, esistono partnership industriali nei settori automotive, come quelle tra SSAB e Volvo oppure come quelle che sta siglando H2 Green Steel con Mercedes e Schaeffler, che potrebbero essere promosse anche nei settori elettromeccanico, navale, ferroviario, delle costruzioni e degli imballaggi. Tali partnership potrebbero essere garantite dallo Stato con strumenti quali, ad esempio, i contratti per differenza, in modo tale che l’acquirente possa acquistare acciaio verde a un prezzo che sia competitivo con quello dell’acciaio da altiforni a carbone. Il surplus di costo verrebbe pagato al produttore dallo stato;
- Creare un’alleanza internazionale a supporto della transizione industriale. Un’alleanza di ampio respiro, preferibilmente di livello internazionale e promossa dai paesi G7, permetterebbe di coordinare l’implementazione di meccanismi che possono accelerare la decarbonizzazione dell’industria pesante;
- Mettere al centro dei dialoghi internazionali sul clima della COP27 la decarbonizzazione del settore del cemento. Questo è un settore particolarmente complesso in termini di decarbonizzazione in quanto circa il 60% delle emissioni sono di processo, cioè vengono generate dalle reazioni chimiche che avvengono durante il processo produttivo. La sostituzione dei combustibili fossili con combustibili a zero emissioni (come l’idrogeno verde) non ha alcun impatto su questo tipo di emissioni. È necessario dunque analizzare altre soluzioni, come l’utilizzo di differenti materie prime o l’adozione di tecniche per il sequestro della CO2;
- Consolidare standard condivisi per la quantificazione delle emissioni. I paesi membri del G7 dovrebbero concordare un insieme di criteri e norme per la valutazione delle emissioni di ciascun materiale;
- Adottare soglie di emissione che permettano di identificare chiaramente i prodotti near zero. L’identificazione di fattori di emissione limite permette di individuare quali prodotti e materiali possano essere identificati come “verdi” e quali no, mettendo un freno al greenwashing;
- Elaborare degli step intermedi per ridurre le emissioni di gas serra. Sebbene siano importanti gli obiettivo di medio-lungo periodo in termini di decarbonizzazione, è fondamentale che ogni piano di abbattimento delle emissioni preveda degli step intermedi che permettano di valutare l’efficacia del percorso intrapreso. In particolare, per le economie UE è necessario elaborare delle misure che consentano di raggiungere gli obiettivi sia di lungo termine che quelli intermedi identificati nel pacchetto europeo Fit for 55;
- Estendere i lavori sull’identificazione di standard, norme e soglie di emissione all’intera catena del valore, dall’approvvigionamento delle materie prime al fine vita dei prodotti. Per questo fine, uno strumento utile è la valutazione LCA (Life Cycle Assessment), una metodologia per la stima dell’impatto ambientale e climatico di prodotti e servizi, che prende in considerazione l’intero ciclo di vita, dall’approvvigionamento delle materie prime al fine vita.
Le economie più avanzate hanno sia la responsabilità che l’opportunità di assumere un ruolo di leadership nel portare avanti la trasformazione dei settori dell’industria pesante. I paesi G7 possono e devono far da leva e ispirare la transizione dell’industria anche in altre aree del mondo.
L’Italia, come membro G7 e G20 e come economia fortemente manifatturiera, si trova di fronte alla necessità di adottare piani industriali chiari e specifici per i vari settori, che mettano insieme gli obiettivi di decarbonizzazione e di sviluppo economico. Solo così si potranno mantenere i vantaggi competitivi, guidando al contempo l’innovazione verso tecnologie e processi a bassa intensità di carbonio, evitando investimenti in tecnologie che cesseranno di essere competitive nel breve periodo ed eliminando gradualmente, ma rapidamente, l’uso di tutte le fonti fossili. Solo in questo modo decarbonizzazione e sviluppo economico potranno andare di pari passo, come suggerisce la International Energy Agency.
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