La COP26 si chiude con un bicchiere mezzo pieno e un buon testo di compromesso che permette passi avanti ma lascia dei divari da colmare. Un consenso di questa portata non era scontato. Gli impegni politici per accelerare la riduzione delle emissioni in linea con 1,5 nella prossima decade ci sono, come quello di tornare al tavolo nel 2022 con piani di riduzione delle emissioni aggiornati. Bene anche primo impegno globale della COP ad aumentare gli sforzi di riduzione del carbone e terminare il supporto ai sussidi fossili. Ma segna anche un isolamento internazionale di Cina e India rispetto un impegno sulla fine del carbone. Ma le azioni che escono dalla COP di fatto accelerano la fine del carbone che è ora inevitabile.
Sulla finanza, l’impegno dei paesi avanzati di raddoppiare la finanza per l’adattamento agli impatti crescenti da qui al 2025 è certamente un buon segnale per colmare il divario di oltre 300 miliardi di dollari l’anno. Manca invece un chiaro processo e una chiara decisione sulla finanza per aiutare chi soffre dalle perdite e i danni degli impatti. Su questo il testo prevede solamente, ma per la prima volta, dei “dialoghi” per i prossimi due anni. Questo però è un risultato ancora insufficiente per tutti i paesi e le comunità che già oggi soffrono tremende perdite e danni. Abbiamo bisogno di vedere più impegni concreti su questo tema nel 2022, anche dall’Europa.
L’Italia ha giocato, forse per la prima volta, un vero ruolo di leadership internazionale. Sia prima della COP26, preparando il terreno con il consenso del G20, che a Glasgow. I riferimenti al testo di Roma sono stati tanti e qui abbiamo fatto passi avanti. La presenza e i nuovi impegni del Presidente Draghi e dei Ministri Cingolani e Franco segnano una svolta dell’Italia sul piano internazionale. L’impegno del Ministro Cingolani di terminare i sussidi fossili internazionali entro la fine del 2022 è particolarmente rilevante. La sfida dell’Italia è ora tradurre questa leadership internazionale nell’attuazione domestica e in una posizione ambiziosa sul pacchetto europeo “Fit for 55” dei prossimi 10 anni e sulla tassonomia per definire gli investimenti verdi.
Fondamentale sarà inoltre rendere questa leadership più strutturale possibile per segnare davvero un punto di non ritorno, anche per i futuri Governi. Per questo, e per rispondere ai grandi cambiamenti necessari e concordati a Glasgow, tutte le istituzioni italiane e la politica italiana hanno bisogno di un salto quantico sulle competenze, le risorse umane e l’azione diplomatica che ancora fortemente mancano all’Italia.
A livello internazionale e sotto la guida di Draghi, l’Italia deve portare avanti nel 2022 la sua visione di riformare l’architettura finanziaria globale per il clima. Questa deve passare da un nuovo mandato, nuove regole e nuovi meccanismi delle Banche multilaterali di sviluppo e dall’utilizzo di strumenti innovativi, come i Diritti speciali di prelievo emessi dal Fondo Monetario Internazionale. Fondamentale sarà garantire accesso ed evitare condizionalità per i paesi più vulnerabili.