SUMMARY E ELEMENTI CHIAVE
Gasdotto EastMed: è veramente utile per Italia ed Europa?
Di cosa si tratta?
Il gasdotto EastMed è un’infrastruttura per il trasporto di gas naturale progettato dal consorzio IGI Poseidon, che si snoderebbe per circa 1900 km tra Israele, Cipro e Grecia. Da qui, attraverso l’estensione Poseidon, raggiungerebbe l’Italia.
Obiettivo: congiungere i giacimenti di Israele e Cipro – e in prospettiva quelli egiziani – con l’Italia.
Perché proprio ora?
L’esigenza europea di emanciparsi dalle importazioni di gas da Mosca – in seguito all’invasione russa dell’Ucraina – , ha convinto il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani a firmare un decreto di proroga dell’autorizzazione per l’avvio dei lavori di costruzione del gasdotto.
I lavori dovrebbero cominciare entro il 1° ottobre 2023 e concludersi entro i due anni successivi.
Numeri e criticità
- Tempi lunghi. La realizzazione di EastMed richiede almeno 4 anni. Se i lavori cominciassero nel 2023, l’opera sarà a regime solo nel 2027-2028. Non sarà quindi utile per ridurre la dipendenza da Mosca nel breve periodo.
- Calo della domanda. Stime dell’Unione europea indicano che il consumo di gas dei paesi europei è in rapido declino: 40% in meno nel 2030 rispetto al 2021.
- Ritorno di investimento. La fluttuazione dei prezzi delle fonti fossili rende difficile una stima del ritorno di investimento – previsto in 15-20 anni – – e della competitività dell’infrastruttura.
- Impatto ambientale. Anche le stime più conservative attribuiscono al gasdotto EastMed una elevata impronta climatica.
- Geopolitica. Tensioni e rivalità regionali rischiano di minare la stabilità di un quadrante geopolitico già fragile.
Un’interconnessione tra Europa e Mediterraneo in linea con gli obiettivi climatici è invece rappresentata dalle interconnessioni elettriche.
I vantaggi:
- Non creano legami fondati su combustibili fossili.
- Preparano la regione euro-mediterranea a un futuro di elettricità prodotta da fonti rinnovabili.
- Maggior equilibrio nelle relazioni tra Europa e Mediterraneo
- Vantaggio sui propri competitor (in primo luogo la Cina) nella definizione degli standard tecnologici, su cui si gioca la vera partita geopolitica globale.
Il Mediterraneo può diventare il nuovo hub per la sicurezza energetica europea. Un hub di energia pulita e modello di un passaggio ordinato e giusto di tutte le economie del Mediterraneo verso la decarbonizzazione.
TESTO COMPLETO
La scoperta di giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo orientale nel decennio scorso ha portato alla ricerca di modalità per trasportare tale gas in Europa. Il gasdotto EastMed, inserito per la prima volta nei Projects of Common Interest (PCIs) europei nel 2013, si snoderebbe lungo un percorso di circa 1900 km, in parte offshore e in parte onshore, congiungendo i giacimenti offshore israeliani – attraverso Cipro – alle coste della Grecia sud-orientale, per poi proseguire onshore fino alla Grecia occidentale e, da lì, attraverso la connessione offshore Poseidon, approdare in Puglia, a Otranto. Il solo gasdotto EastMed (senza la connessione Poseidon) avrebbe un costo stimato di partenza di 6 miliardi di euro e una capacità annua di 10 bcm, espandibili in futuro a 20 bcm. Il gasdotto offshore Poseidon congiungerebbe poi la costa greca a quella italiana, per una lunghezza di 216 km e una capacità di 15 bcm. Proprietaria di entrambi i progetti è IGI Poseidon S.A., joint-venture tra la Public Gas Corporation greca DEPA e Edison, azienda italiana controllata dal gruppo francese Électricité de France. Tra il 2019 e il 2020, Grecia, Cipro e Israele hanno firmato accordi per dare il via al progetto, sostenuti dall’amministrazione Trump in nome della diversificazione delle forniture e della forte vicinanza tra l’allora presidente Usa e il governo israeliano di Benjamin Netanyahu. Nonostante ciò, il progetto ha faticato a decollare principalmente a causa della sua scarsa redditività economica. La spesa decisamente elevata e le difficoltà tecniche di costruire un gasdotto su fondali molto profondi e dalla conformazione geologica complessa non sarebbero state ripagate dalle modeste quantità di gas attualmente a disposizione e soprattutto da una domanda europea già ampiamente soddisfatta dalle forniture russe e da altre infrastrutture. Anche per il PNIEC – il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima pubblicato dal Governo a fine 2019 che delinea le priorità energetiche al 2030 – EastMed non rappresentava una priorità poiché l’Italia era (e rimane) il Paese UE che più di ogni altro già diversifica le proprie fonti e “visto che gli scenari di decarbonizzazione possono essere attuati tramite le infrastrutture esistenti e il TAP”.
Inoltre, le attività di esplorazione nella regione hanno riacceso le tensioni irrisolte tra i paesi coinvolti e la Turchia, con il rischio che da rivendicazioni territoriali originasse un conflitto più ampio nella regione. Ciò nonostante, nel novembre 2021 EastMed e Poseidon sono stati inclusi nuovamente nella lista europea dei PCIs come parte del Southern Gas Corridor, divenendo dunque idonei a ricevere fondi pubblici europei. Nel gennaio 2022 gli Stati Uniti hanno ritirato il proprio sostegno politico al progetto, ritenuto da Washington non in linea con gli obiettivi climatici di decarbonizzazione e foriero di instabilità regionale, a causa delle tensioni tra i paesi coinvolti nel progetto e la Turchia. Una decisione ribadita nel mese di aprile, quando Washington ha affermato la propria preferenza verso progetti di interconnessione elettrica, in grado di supportare tanto il gas quanto le energie rinnovabili.
L’aggressione russa dell’Ucraina e la necessità per i paesi europei di ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di gas da Mosca hanno riacceso i riflettori sul gasdotto EastMed. Secondo i sostenitori del progetto, la costruzione dell’infrastruttura diverrebbe oggi vantaggiosa sotto il profilo economico per via dei prezzi elevati del gas, mentre sotto il profilo geopolitico risponderebbe all’esigenza di ridurre la dipendenza dalla Russia. Anzi, esso permetterebbe di riorientare gli equilibri energetici europei verso sud, con un ruolo preponderante di Italia, Grecia, Cipro come nuovo hub energetico europeo al posto della Germania.
Nel mese di marzo, il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha firmato un decreto di proroga dell’autorizzazione per l’avvio dei lavori di costruzione del gasdotto Poseidon. Secondo il decreto, affinché l’autorizzazione rimanga valida, i lavori dovrebbero cominciare entro l’1 ottobre 2023 e concludersi entro i due anni successivi.
Per valutare la desiderabilità o meno del progetto, e più in generale per individuare il tipo di interventi necessari oggi per rispondere all’emergenza, occorre prendere in considerazione diversi elementi. Soprattutto, occorre guardare non solo alla situazione attuale ma agli scenari futuri, incrociando i dati su tempi di costruzione e implementazione del progetto, e proiezioni sulla domanda europea e italiana di gas.
Per quanto riguarda il primo dato, si stima che la realizzazione di EastMed richieda almeno 4 anni e abbia un payback period (il periodo di tempo necessario per rientrare dagli investimenti ) di 15-20 anni.
Per quanto riguarda invece il secondo dato, le proiezioni sulla domanda di gas – e dunque di quante forniture effettive di gas l’Italia e l’Europa avranno bisogno in futuro – occorre prendere in considerazione due fattori: l’andamento della domanda di gas e la quantità di gas risparmiabile attraverso interventi su risparmio, efficienza e rinnovabili. Considerando che ogni nuovo investimento ci impegna per diversi anni a venire, è intrinsecamente errato puntare a una sostituzione “uno-a-uno” delle molecole di gas russo.
La strategia energetica europea di risposta all’aggressione russa, articolata nel piano REPowerEU, prevede un pacchetto ambizioso di misure che riguardano sia la domanda che l’offerta di energia. Il risultato di queste misure sarà una riduzione in toto della dipendenza dal gas naturale, non solo da quello russo. L’obiettivo europeo è la riduzione entro il 2030 del consumo di 100-155 bcm di gas, ovvero l’equivalente attuale di importazioni dalla Russia. Ciò, insieme alle misure del pacchetto Fit for 55, determinerà una riduzione della domanda europea di gas del 40% nel 2030 rispetto al 2021. Al 2030 verrà dunque meno l’esigenza di compensare le forniture dalla Russia. Secondo le direttive UE, ciò sarà possibile attraverso accelerazione delle rinnovabili, interventi su efficienza energetica, sviluppo di idrogeno e biogas. Guardando al caso specifico dell’Italia, le analisi ECCO pubblicate da inizio conflitto mostrano che attraverso azioni su risparmio, efficienza energetica e rinnovabili è possibile arrivare a risparmiare fino al 50% del gas russo in un anno. Anche senza contare le misure di risparmio, una spinta su efficienza energetica e rinnovabili, in linea con il pacchetto Fit for 55 e le stime dell’industria elettrica, potrebbe sostituire fino a oltre l’80% del gas russo al 2025.
Se si osserva la domanda di gas in Italia, il trend in calo è già fortemente visibile. Dopo il picco del 2005, la domanda di gas è calata del 14% grazie alle misure di efficienza energetica, rinnovabili e all’impatto delle successive crisi economiche. Per quanto riguarda le proiezioni future, il PNIEC stima un calo della domanda di gas in Italia di oltre il 12% al 2030 rispetto al 2020, con importazioni nette in calo del 9%. Ma queste proiezioni, nonostante di per sé già indichino un’accelerazione del calo della domanda, sono fortemente sottostimate in quanto non prendono in considerazione i nuovi target nazionali ed europei stabiliti dalla fine del 2019 a oggi. In particolare, con il Piano per la Transizione Ecologica (PTE) il target nazionale 2030 di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico passa dal 55% del PNIEC al 72%. Il target emissivo europeo passa da una riduzione di emissioni del 40% ad almeno il 55% al 2030. Sia Italia che Europa si sono poi impegnate a raggiungere la neutralità climatica al 2050, orizzonte che il PNIEC non prende in considerazione. Come anticipato sopra, con il nuovo piano REPowerEU gli obiettivi di efficienza e rinnovabili verranno ulteriormente rivisti al rialzo. Infine, gli scenari della IEA (l’Agenzia Internazionale dell’Energia) allineati all’obiettivo climatico di 1.5°C pubblicati nel 2021 indicano per i paesi G7 il 2035 come l’anno in cui azzerare le emissioni nel settore elettrico. Questo obiettivo non è preso in considerazione né dal PNIEC né dalla Strategia di lungo periodo al 2050 dell’Italia.
L’implicazione principale del forte calo della domanda di gas atteso è il venire meno della futura profittabilità economica di ogni nuova infrastruttura a gas. Al contrario, nuovi investimenti nel settore rischiano di intrappolare cittadini e imprese, e potenziali nuovi sostegni pubblici, in contratti di lungo periodo ben oltre il 2030.
In ogni caso, è vero che nel breve periodo occorre trovare un certo livello di forniture alternative per compensare il gas russo mancante, ma questo obiettivo può essere realizzato attraverso l’aumento dei flussi via gasdotti esistenti e GNL, che garantisce maggiore flessibilità.
La realizzazione di infrastrutture fisiche quali il gasdotto EastMed-Poseidon non corrisponde ad alcuna esigenza di ridurre la dipendenza dalla Russia nel breve periodo, dato che il progetto non potrà essere pronto prima del 2025-2026. Considerando poi il tempo di payback, stimato in 15-20 anni, si nota come esso corrisponda alle tempistiche europee per il raggiungimento della neutralità climatica. A meno che il progetto non sia carbon-neutral, esso dovrà essere dismesso a breve. Inoltre, se al momento attuale gli elevati prezzi del gas sembrano giustificare gli investimenti nel settore, occorre considerare che per valutare la redditività di EastMed non bisogna guardare ai prezzi odierni ma a quelli di quando il gasdotto sarà in funzione. Considerando il trend calante della domanda, è ragionevole supporre che nel 2025 i prezzi saranno decisamente più bassi rispetto a oggi e molto più simili al periodo pre-pandemico.
Sotto il profilo climatico, anche le stime più conservative attribuiscono al gasdotto EastMed una elevata impronta climatica: il gas trasportato in un anno sarebbe responsabile per 38 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, a cui si aggiungerebbero le perdite di metano (un gas dall’effetto serra 72 maggiore rispetto all’anidride carbonica) di 365 tonnellate annue. In un anno, EastMed sarebbe dunque responsabile di più emissioni che l’impianto a carbone di Bełchatów, in Polonia, al momento responsabile del più alto livello di emissioni in Europa.
Un altro elemento da tenere in considerazione è la crescita della domanda di gas nelle economie dei paesi esportatori della regione: tanto in Israele quanto in Egitto i trend sono in ampia crescita, sollevando dunque interrogativi circa la capacità della produzione di supplire tanto alla domanda locale quanto a quella europea.
Infine, ma non meno importante, la dimensione geopolitica. L’avvio delle attività di esplorazione nella regione ha portato la Turchia a formulare rivendicazioni territoriali in aree marittime contese e, soprattutto, a rivendicare un ruolo nella gestione delle risorse energetiche regionali. La creazione, nel 2019, dell’East Mediterranean Gas Forum, che riunisce tutti i paesi della regione a eccezione della Turchia, non ha fatto altro che esacerbare la percezione di isolamento turca, portando Ankara a manovre aggressive nelle acque dell’Egeo. Le tensioni si sono poi sopite con lo stop momentaneo imposto dalla pandemia alle attività di esplorazione, a dimostrazione del fatto che la contesa sulla gestione degli idrocarburi è il principale fattore alla base delle tensioni e delle rivalità geopolitiche regionali. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha fatto emergere la Turchia come attore in grado di dialogare tanto con la Russia quanto con l’Ucraina: Ankara si posiziona infatti oggi come mediatore nella crisi. Al contempo, le difficoltà economiche che affliggono la Turchia, hanno portato Ankara a ricercare un dialogo regionale con attori quali Egitto, Israele, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, i quali avevano preso posizioni ostili ad Ankara nelle contese sul Mediterraneo orientale. Ciononostante, rimane aperto e apparentemente senza soluzione il contenzioso su Cipro, nelle cui acque territoriali dovrebbe transitare il gasdotto EastMed. Il rischio è che la Turchia, forte del proprio ritrovato ruolo regionale, si trovi nuovamente a osteggiare il progetto.
L’analisi della dimensione geopolitica, così come dei trend della domanda di energia e degli obiettivi climatici, ci porta a formulare una diversa proposta per l’interconnessione tra l’Europa e il Mediterraneo, quella delle interconnessioni elettriche rappresentata dai progetti di Euro-Asia Interconnector e Euro-Africa Interconnector. A differenza dei gasdotti, l’interconnessione tramite reti elettriche presenta diversi vantaggi: se nel breve periodo può dare spazio allo scambio di elettricità prodotta dal gas naturale, essa non lega i paesi della regione e l’Europa a questo combustibile fossile, bensì prepara per la regione euro-mediterranea un futuro di elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Inoltre, sebbene essi costituiscano un’infrastruttura fisica, il rapporto di dipendenza non sarebbe sbilanciato a favore dei paesi produttori, come nel caso dei gasdotti. Al contrario, il collegamento delle reti elettriche darebbe all’UE un vantaggio sui propri competitor (in primo luogo la Cina) nella definizione degli standard tecnologici, su cui si gioca la vera partita geopolitica globale. Il Mediterraneo può dunque divenire il nuovo hub per la sicurezza energetica europea, non come hub di nuova dipendenza dal gas bensì come hub di energia pulita e di un passaggio ordinato e giusto di tutte le economie del Mediterraneo verso la decarbonizzazione. La possibilità per l’Italia e per gli altri paesi del sud Europa di acquisire una nuova leadership risiede in questa capacità di posizionarsi come leader dei sistemi energetici puliti del futuro, in linea con gli obiettivi climatici.