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Politica monetaria e transizione climatica: cosa può fare la BCE per il Green Deal?

Leggi il rapporto “Politica monetaria e transizione climatica: cosa può fare la BCE per il Green Deal europeo”

Il cambiamento climatico chiama in causa le banche centrali su molteplici piani: (i) le potenziali alterazioni indotte dagli impatti climatici sul meccanismo di trasmissione e sull’efficacia degli strumenti di politica monetaria; (ii) le modalità con cui le banche centrali possono contribuire a mitigare i rischi climatici e (iii) il supporto che l’azione monetaria può fornire agli investimenti per la transizione [1]

I cambiamenti climatici stanno infatti diventando un fattore di forte condizionamento delle politiche monetarie, la cui efficacia dipende dai comportamenti del sistema finanziario e soprattutto da quelli del sistema bancario. Il sistema bancario è a sua volta al centro del processo di trasmissione e sulla sua stabilità poggia quella dell’intero sistema economico. In questo contesto, includere i cambiamenti climatici nelle proprie valutazioni di politica monetaria è, per le banche centrali, una necessità operativa imprescindibile al fine di preservare le proprie capacità di intervento.

Le banche centrali possono giocare un ruolo proattivo, che non si limita alla tutela del meccanismo di trasmissione, ma che opera anche per facilitare i processi di trasformazione necessari per mitigare i rischi climatici a livello sistemico. Un’ampia evidenza empirica testimonia che le politiche monetarie, attraverso la strumentazione che è loro propria, possono influire in modo differenziale sull’accessibilità e sul costo del capitale, in modo da favorire le imprese green, agevolare la decarbonizzazione di quelle altamente emissive e penalizzare le attività dannose.

Nel contesto del Green Deal europeo, le modalità di attuazione concreta della politica monetaria offrono grandi spazi potenziali alla possibilità della BCE e delle BCN[2] di contribuire al perseguimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione. La BCE e le BCN possono cioè adottare criteri operativi funzionali ad incentivare la riallocazione di risorse da parte del sistema bancario in favore di investimenti finanziari e di credito verdi, senza deviare dalle priorità del proprio mandato.

Benché il contrasto alla crisi climatica non sia una responsabilità primaria della BCE, essa è tenuta al sostegno alle politiche dell’Unione, anche se in via subordinata rispetto all’obiettivo della stabilità dei prezzi.[3]

La BCE può perseguire molteplici linee di condotta per raggiungere questo risultato: (a) può adottare politiche di esclusione delle emissioni di settori o imprese altamente emissivi (negative screening); (b) può orientare le proprie operazioni di mercato aperto (ordinarie e straordinarie) a favore di emissioni “sostenibili” (positive screening); (c) può indirizzare la propria politica di garanzie collaterali (eligibility e haircut) per tenere adeguatamente conto anche dei rischi sistemici di tipo climatico e per incentivare la riallocazione degli attivi bancari in coerenza con gli obiettivi del Green Deal europeo. In tutti e tre i casi, le modalità operative della banca centrale avrebbero una funzione correttiva dei bias negli incentivi rischio/rendimento prevalenti sul mercato a favore delle attività più emissive.

La BCE ha avviato la sottoscrizione di green bonds e sustainability-linked bonds sul mercato dal settembre 2020 e, nel luglio 2022, ha annunciato ulteriori misure in tema di sostenibilità climatica che nei mesi successivi hanno trovato attuazione su tre piani: (1) integrazione dei criteri di selezione dei titoli eligible come collaterale a garanzia di operazioni di mercato aperto e di rifinanziamento bancario (collateral framework) con un sistema di rating interno che tiene conto dell’impronta carbonica, della qualità delle reportistica e dei piani di decarbonizzazione prospettici degli emittenti; (2) attivazione di una progressiva ricomposizione (tilting)  del portafoglio titoli per operazioni monetarie  costituito da titoli emessi da imprese private non-finanziarie, attraverso il reinvestimento dei titoli in scadenza sulla base dei medesimi rating interni di cui al punto precedente (portfolio tilting); (3) inclusione della valutazione dei rischi climatici nelle pratiche interne di risk management e nella politica di reporting della propria attività.

Il rating carbonico nella selezione dei titoli eligible come collaterali delle operazioni di mercato aperto e di rifinanziamento è stato però applicato solo ai titoli emessi da imprese non-finanziarie (corporate) e non anche a quelli di emittenti sovrani, a quelli emessi di intermediari finanziari o alle cartolarizzazioni. Nell’insieme quindi il criterio di intensità carbonica ha riguardato in media una frazione molto limitata del totale dei titoli eligible (11%). Inoltre, il criterio di selezione di questi ultimi non ha dato luogo ad alcuna differenziazione degli haircuts (ovvero dei costi di rifinanziamento per le banche), sulla base dell’ipotesi che i rischi climatici sono già adeguatamente riflessi nelle valutazioni di mercato del rischio di credito degli emittenti.

Le politiche di decarbonizzazione del portafoglio non hanno coinvolto i titoli di emittenti pubblici, né quelli emessi da istituzioni finanziarie e, nell’ambito dei programmi di quantitative easing messi in atto tra metà 2022 e metà 2023 (APP e PEPP), hanno riguardato esclusivamente i titoli di imprese private non-finanziarie, nell’ambito di programmi che sono stati sospesi nel luglio 2023 (CSPP) o che sono destinati ad esaurirsi entro dicembre 2024 (PEPP). Con l’eccezione del PEPP (che ha goduto di una maggiore flessibilità), le operazioni in titoli sono state condotte sulla base del principio di market-neutrality (cioè nelle stesse proporzioni della capitalizzazione di mercato dei titoli): poiché sul mercato la quota di titoli di emittenti ad alta impronta carbonica è largamente prevalente, questa impostazione si riflette automaticamente in un bias carbonico avverso anche nel portafoglio della banca centrale. Gli obiettivi di decarbonizzazione non hanno inoltre riguardato i criteri di concessione dei rifinanziamenti bancari straordinari a tassi agevolati dei programmi TLTRO (a parte i criteri di eligibility dei titoli privati), né sono stati adottati per determinare gli haircut sui collaterali delle operazioni di mercato aperto e di rifinanziamento.

L’impatto carbonico di queste politiche sul sistema è stato di conseguenza modesto, sia perché ha riguardato una frazione relativamente piccola di titoli, sia perché l’arco temporale di applicazione delle politiche di tilting del portafoglio attraverso il reinvestimento dei titoli in scadenza è stata molto breve (ottobre 2022-luglio 2023) per via della disattivazione delle politiche di QE conseguenti al nuovo corso restrittivo della politica monetaria.

Nella fase tendenzialmente deflazionistica 2015-2021, in cui la BCE ha continuato ad effettuare acquisti netti di titoli pubblici e anche successivamente, fino a metà 2023, in cui la banca centrale ha continuato a reinvestire quelli in scadenza, non ci sarebbe stata alcuna controindicazione di politica monetaria a perseguire una ricomposizione sistematica ed aggressiva del portafoglio di QE a favore di titoli privati a minore impronta carbonica e di titoli privati e pubblici di tipo GB/SLB. In questa lunga fase è stata persa una importante occasione per: (a) riorientare non solo le imprese, ma anche il settore pubblico e gli intermediari finanziari verso l’emissione di GB/SLB; (b) incentivare gli emittenti privati e pubblici ad adottare comportamenti coerenti con gli obiettivi climatici dell’ Unione Europea, attraverso misure premiali sui rendimenti (eligibility e haircut) e (c) agevolare l’erogazione di credito bancario condizionale a piani di decarbonizzazione, di efficientamento energetico e/o di investimento green (TLTRO).

 Dalla fine del 2021 in poi, il contesto generale è invece drasticamente cambiato: le tensioni inflazionistiche conseguenti al conflitto russo-ucraino ed alla crisi energetica che ne è seguita hanno completamente rovesciato la postura espansiva delle banche centrali, che hanno avviato una fase di intenso rialzo dei tassi di interesse in funzione anti-inflazionistica. Nella nuova fase, il QE non è quindi più per la banca centrale una leva agibile per supportare la decarbonizzazione dell’economia.

La transizione richiede tuttavia investimenti molto ingenti sia per trasformare le infrastrutture, i processi produttivi, la mobilità e il patrimonio residenziale, sia per sviluppare tecnologie innovative. Un contesto prolungato di tassi di interesse elevati tende a danneggiare gli investimenti in energie rinnovabili e in tecnologie sostenibili più di quanto non penalizzi invece le energie fossili ed i processi produttivi energivori. Il perseguimento di una politica monetaria a sostegno della decarbonizzazione e della trasformazione tecnologica può operare per generare condizioni di costo del capitale differenziali a favore delle attività green e a sfavore delle attività brown, attraverso:

  • l’estensione dei criteri di rating carbonico per la selezione dei titoli eligible (oggi operanti solo sui titoli corporate) anche a categorie di titoli emessi da istituzioni finanziarie (covered bonds e ABS) esplicitamente collegati al finanziamento di piani di efficientamento energetico e/o di decarbonizzazione;
  • l’applicazione di haircut preferenziali per categorie di titoli GB/SLB o di emittenti compliant con piani di decarbonizzazione credibili (che supporterebbe la crescita dei mercati secondari e che avrebbe anche l’effetto indiretto di generare una convenienza per le banche ad erogare credito cartolarizzabile della stessa natura);
  • l’attivazione di schemi di rifinanziamento bancario agevolato a lungo termine, analoghi al TLTRO, mirati esclusivamente al rifinanziamento di crediti bancari finalizzati ad investimenti green e a piani di decarbonizzazione.

Queste operazioni sarebbero policy neutral, ovvero compatibili con qualunque obiettivo generale di politica monetaria (in quanto calibrabili nelle quantità), ma avrebbero effetti altamente selettivi (in quanto tendono a segmentare il mercato ab-origine e a promuovere effetti di sostituzione tra tipologie di titoli che non necessariamente comportano impatti monetari espansivi).

Vi sono tuttavia almeno tre questioni di impostazione strategica che appaiono dirimenti e che dovrebbero essere affrontate dalla banca centrale in via preliminare per la definizione di un’azione monetaria che, nel rispetto delle priorità statutarie della BCE, possa assumere iniziative coerenti anche con gli obiettivi del Green Deal europeo:

  • l’adozione di una capacità di lettura “d’impatto” delle operazioni di politica monetaria con riferimento ai processi di decarbonizzazione dell’economia, finalizzata a misurare l’effettivo contributo della politica monetaria a questi processi. Questo implica: (a) la misurazione della riduzione delle emissioni assolute finanziate (e non solo della loro intensità emissiva); la fissazione di target (o l’adozione di benchmark) per valutare periodicamente la coerenza degli impatti della politica monetaria con gli obiettivi climatici dell’Unione europea.
  • Il passaggio da una logica esclusivamente risk-based (ad esempio nella selezione degli assets utilizzabili per le operazioni di politica monetaria e nella valutazione degli haircuts) ad una logica policy-oriented, nel riconoscimento che quest’ultima è necessaria per affrontare la dimensione sistemica del rischio climatico.
  • Il superamento del criterio di market neutrality nella composizione degli interventi della banca centrale sul mercato, nel riconoscimento che il mercato non è in grado di prezzare adeguatamente i rischi climatici ed è quindi incapace di evitare le distorsioni allocative che ne derivano a favore delle attività più emissive e con pregiudizio per gli investimenti necessari alla transizione.

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NOTE

[1] Nel presente rapporto l’espressione generica green e/o verde è utilizzata in senso restrittivo con riferimento specifico alle attività coerenti con la strategia del Green Deal ed i criteri di sostenibilità definiti dalla Tassonomia europea. Le espressioni brown e/o carbonico identificano invece le attività che non rientrano in quei perimetri.

[2] La Banca Centrale Europea (BCE) e le Banche Centrali Nazionali (BCN) fanno parte dell’Eurosistema (il sistema delle banche centrali dei paesi che hanno adotto l’euro) che, nel presente contesto, equivale anche all’acronimo ESCB o in italiano SEBC (European System of Central Banks) adottato nel Trattati dell’Unione Europea. In questo rapporto il riferimento a BCE va sempre inteso come sinonimo di Eurosistema o ESCB.

[3] Art.127 TFUE: “L’obiettivo principale del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità di prezzi, il SEBC sostiene le politiche generali dell’Unione …”.

 

Foto di Charlotte Venema

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