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I ritardi sulla Plastic Tax e le conseguenze per l’Italia

Nel disegno della Legge di Bilancio 2022, all’articolo 3, viene nuovamente proposto il rinvio dell’entrata in vigore della plastic tax nazionale, al 1° gennaio 2023. Questo avviene nonostante le dichiarazioni dell’Italia in sede G20 e COP26 sull’importanza della fiscalità ambientale per guidare la decarbonizzazione.

Un ulteriore rinvio in contraddizione con i principi di fiscalità ambientale che rappresentano una colonna portante delle politiche di decarbonizzazione, ed un segnale allarmate della difficoltà del governo nella costruzione di una fiscalità ambientale, in concomitanza con l’avvio di una delega sulla riforma fiscale.

Con questo rinvio, la Legge Finanziaria dispone di fatto di impiegare risorse pubbliche per coprire i costi della filiera della plastica: l’Italia, infatti, deve versare all’Europa circa 800 milioni di € all’anno come gettito della plastic tax europea a copertura dei rifiuti d’imballaggio di plastica non riciclati prodotti in Italia. La plastic tax europea è stata introdotta per raccogliere le risorse necessarie a finanziare i piani di Recovery europei (di cui l’Italia è la maggiore beneficiaria). Tali risorse, se non raccolte con la plastic tax nazionale,  gravano sul bilancio dello stato. Oltre alle implicazioni sulla finanza pubblica, il rinvio rappresenta un disincentivo a ridurre il consumo di plastica fossile monouso e rappresenta un’occasione mancata nella lotta all’inquinamento causato dalla plastica e un freno al processo di innovazione dell’industria. Con questo rinvio si rallenta la transizione di questa filiera verso un’economia più circolare, che privilegia prodotti riutilizzabili e riciclati.

La plastic tax europea è un’aliquota uniforme sui rifiuti d’imballaggio di plastica non riciclati prodotti in ciascuno stato membro, in vigore dal 1° gennaio 2021 e pari a 0,8 €/kg. Nel 2018 in Italia sono state prodotte 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti d’imballaggio di plastica, il 44,6% delle quali sono state destinate al riciclo. Si ha quindi che 1,3 milioni di tonnellate di questi rifiuti sono stati spediti al recupero energetico oppure al deposito in discarica. Si stima dunque che l’Italia paghi all’Unione Europea circa 800 milioni di euro, considerando anche la riduzione forfettaria di 184 milioni di € di cui il nostro Paese beneficia. Questi contributi sono destinati al budget europeo, che viene a sua volta utilizzato per finanziare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il piano prevede un prestito di 390 milioni di euro per il potenziamento della rete di raccolta e di riciclo della plastica (Missione 2 Componente 1.1).

L’Italia è la seconda consumatrice di plastica a livello europeo e quello degli imballaggi rappresenta la prima fonte d’impiego delle materie plastiche nel nostro Paese. Un primato non invidiabile dal momento che per la produzione di un kg di plastica vengono emessi 1,7 – 2 kg di CO2 in atmosfera (considerando anche le fasi di estrazione delle materie prime fossili) e che ogni anno circa 570 mila tonnellate di plastica finiscono nel Mediterraneo. Una plastic tax può contribuire a ridurre il consumo di prodotti di plastica, in particolare quelli monouso, e la loro dispersione nell’ambiente e può favorire il riciclo.

L’Italia aveva introdotto la plastic tax con la legge di Bilancio 2020 e questa sarebbe dovuta entrare in vigore nell’estate del 2020, ma è stata poi rimandata a gennaio 2021, a luglio 2021 e ancora a gennaio 2022. La plastic tax si applica al consumo dei Manufatti Con Singolo Impiego (detti MACSI), cioè ai manufatti realizzati con l’impego, anche parziale, di materiale plastico fossile aventi funzione di contenimento, protezione, manipolazione e consegna di merci. Prodotti, dunque, che non sono concepiti per essere riutilizzati più volte durante la loro vita utile. Sono esempi di MACSI le bottiglie e i tappi di plastica, le confezioni per gli alimenti, i contenitori in Tetrapak, i flaconi per i detersivi, il polistirolo e il pluriball utilizzati per proteggere le merci, i film di plastica usati per avvolgere i pallet, etc. Sono invece esclusi dall’applicazione della plastic tax i MACSI compostabili e la plastica contenuta nei MACSI che proviene da processi di riciclo.

I soggetti obbligati a versare la plastic tax sono:

  • Per i MACSI fabbricati in Italia: il fabbricante o il committente, cioè il soggetto che richiede la fabbricazione di MACSI;
  • Per i MACSI provenienti da altri paesi dell’Unione Europea: il soggetto che acquista MACSI;
  • Per i MACSI provenienti da paesi terzi: l’importatore.

L’ammontare di questa plastic tax è di 0,45 € per chilogrammo di materia plastica contenuta nei MACSI.

Le plastic tax hanno impatti sull’intera catena del valore della filiera della plastica. Di fatto, con il rinvio della plastic tax nazionale, si continua a coprire un costo legato al settore della plastica (il gettito della plastic tax europea) con fondi pubblici del budget nazionale, senza incentivare questa filiera a una transizione verso un’economia più circolare.

 

Questi temi erano al centro dell’evento online, EFFICIENZA ENERGETICA, PLASTICA E RISORSE DISTRIBUITE: Tre punti della decarbonizzazione, tre incognite del Recovery Plan e della Finanziaria, che si è tenuto giovedì 2 dicembre 2021. Maggiori informazioni, qui.

 

IMAGE CREDITS: Jasmin Sessler on Unsplash

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