La crisi energetica ha messo in luce il problema della dipendenza italiana – ed europea – dal gas naturale e dalle sue fluttuazioni di prezzo. Rimanere legati a fonti fossili non può far altro che esporre le nostre economie al rischio di nuove crisi.
L’Europa sta rivedendo la sua politica energetica con l’obiettivo di accelerare la decarbonizzazione e ridurre rapidamente la sua domanda di energia. Nella bozza di piano RePowerEU la Commissione europea definisce le azioni per affrancare l’Europa dai combustibili russi, riconoscendo la necessità di interventi immediati di diversificazione degli approvvigionamenti. Il piano definitivo – previsto per il 18 maggio – individua nell’efficienza energetica e nelle rinnovabili gli strumenti chiave per rispondere alla crisi energetica e più in generale combattere la crisi climatica.
Il Governo italiano, nella sua strategia di diversificazione dal gas russo – nelle stime del Ministro Roberto Cingolani e del Presidente Mario Draghi – non ha ancora quantificato il contributo dell’efficienza energetica. Dati ECCO mostrano un potenziale di efficienza energetica fino a 7 bcm di gas al 2025, a cui si potrebbero aggiungere i potenziali di risparmio immediato, attraverso misure volontarie di contenimento emergenziale dei consumi di riscaldamento ed elettricità, fino a ulteriori 7 bcm. La somma (14 bcm) di tutti i potenziali corrisponde a circa il 50% delle importazioni di gas russo.
Analizziamo l’efficacia delle misure di incentivazione dell’efficienza energetica nel nostro Paese. A partire dal 2007, l’Italia ha introdotto una serie di incentivi fiscali nel settore edilizio, responsabile di oltre il 17% delle emissioni nazionali di gas serra. Oltre il 65% del patrimonio edilizio italiano ha più di 45 anni ed è caratterizzato da consumi energetici elevati. Per rinnovarlo gli investimenti necessari sono ingenti, circa 650 miliardi da qui al 2050. Meccanismi di incentivazione da parte dello Stato appaiono quanto più necessari, così come una programmazione di più ampio raggio che garantisca il raggiungimento degli obiettivi climatici nell’edilizia privata e pubblica. Gli strumenti di incentivazione devono assicurare ambiziosi obiettivi di risparmio e tali misure devono diventare un elemento strutturale e permanente della politica energetica nazionale. Tuttavia, essi devono essere economicamente sostenibili per l’erario e favorire la mobilitazione degli investimenti privati, senza i quali sarà impossibile raggiungere tali obiettivi.
L’impianto generale degli attuali incentivi lungi dall’essere efficace ed efficiente. Gli strumenti sono tanti, troppi (Bonus Casa e Bonus Mobili al 50%, Bonus Facciate al 90%, Ecobonus al 65%), e hanno caratteristiche e condizionalità differenti che non richiedono uguali strumenti di verifica. Aspetto ancora più rilevante è che non tutti sono finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica, come gli incentivi per la sostituzione di caldaie con nuovi impianti sempre alimentati a gas, incompatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione.
Il Superbonus 110%, introdotto nel 2020, in linea di principio è un meccanismo valido in quanto valorizza l’efficientamento energetico nel suo complesso, ma presenta anch’esso alcune criticità. L’orizzonte temporale di breve periodo – 4-5 anni -, genera problematiche di costo e disponibilità di materiali. L’incertezza sulla permanenza della detrazione crea infatti strozzature e un elevato numero di richieste in breve tempo. In secondo luogo, pone condizioni di accesso troppo deboli rispetto al valore della detrazione. Prevede il miglioramento di due sole classi energetiche, non esclude seconde case e incentiva l’installazione di caldaie a gas. Infine, il Superbonus, ma in generale tutti gli attuali meccanismi, sono strumenti socialmente regressivi, che agevolano in misura crescente i redditi elevati, sia in termini di percentuali di accesso agli incentivi sia in termini di importo dei lavori. Famiglie benestanti che vivono in edifici e villette indipendenti accedono con maggior frequenza alle detrazioni fiscali rispetto alle classi più vulnerabili che spesso vivono in edifici particolarmente inefficienti. Queste componenti della società, più esposte all’aumento delle spese energetiche, devono avere accesso agli strumenti per l’efficienza energetica attraverso la creazione di meccanismi alternativi e strumenti di finanziamento dedicati all’edilizia popolare.
Una revisione degli attuali incentivi alle ristrutturazioni dovrà favorire gli interventi di risparmio energetico e garantire maggior accesso ai finanziamenti per le classi sociali più vulnerabili, assicurando livelli di detrazione adeguati alle riqualificazioni in grado di ridurre al minimo le emissioni degli edifici. Solo in questo modo lo strumento sarà più sostenibile e diventerà un elemento chiave di sicurezza energetica ed economica, riducendo la dipendenza da importazioni di gas e le bollette dei consumatori, e permanente della transizione.
Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Il Fatto Quotidiano.
Photo by Ricardo Gomez Angel on Unsplash