Dopo un’analisi preliminare della proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e per il Clima (PNIEC) pubblicata il 19 luglio, abbiamo elaborato di seguito la nostra pagella.
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Valutazione complessiva
- Il Piano intende abbandonare l’approccio del PNIEC2019, considerato troppo ‘ottimista’ nel tradurre le politiche in obiettivi credibili.
- Il Piano presenta importanti limiti: non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili – in particolare per il gas -, e in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050; non garantisce una percentuale di penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico che tenga anche conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035; non definisce un quadro di politiche e misure basato su di un’analisi critica dei risultati ottenuti, anche nei settori non ETS. L’approccio di ‘neutralità’ tecnologica non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria per misurare l’efficacia della spesa pubblica. Il quadro di politiche appare complesso, ridondante e, in diversi casi, contraddittorio rispetto all’obiettivo.
- Manca un impianto di governance che renda il Piano uno strumento attuativo ed efficace anche a seguito della sua approvazione. Il percorso di monitoraggio, che trova una sua dimensione, non si ricollega ad un percorso continuo di miglioramento e adeguamento del Piano in costante dialogo con tutti gli attori chiamati alla sua attuazione.
- Apertura verso un percorso di miglioramento – da sviluppare nei prossimi 12 mesi – “per innalzare ulteriormente il livello di ambizione”. Tale percorso dovrebbe essere realizzato su tutti i settori, comprese le dimensioni abilitanti come la finanza, la dimensione sociale e le ricadute sul tessuto produttivo.
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Aree da migliorare:
- La proposta di Piano2023 deve rappresentare un punto di partenza per lo sviluppo di un documento che possa esprimere una visione di decarbonizzazione del Paese e declinare coerentemente le politiche e le misure in un quadro organico, non contradditorio e innovativo.
- Definizione di una governance di attuazione del Piano. Il Piano dovrebbe essere adottato mediante uno strumento legale adeguato. Importante prevedere dei meccanismi di attuazione con il pieno coinvolgimento dei territori e delle parti, la responsabilizzazione degli Enti a più livelli coinvolti nell’attuazione. Il solo ripristino del burden sharing regionale degli obiettivi rinnovabili o l’elencazione dei numerosi, ed evidentemente poco efficaci, provvedimenti per la semplificazione del processo autorizzativo non possono rispondere a pieno a questa esigenza. Il Piano deve segnare un netto cambio di passo anche per il raggiungimento di quegli obiettivi che ora sono dati per raggiungibili. In assenza di una governance efficace, che valorizzi adeguatamente il contributo degli investitori in un quadro regolatorio non ambiguo, il rischio di ricadere nell’approccio ‘ottimista’ del 2019 resta concreto.
- La governance del Piano dovrebbe consentire il monitoraggio, la valutazione e l’aggiornamento delle misure in relazione agli obiettivi, comprese le politiche abilitanti, in costante dialogo con le parti, gli enti e i soggetti coinvolti nell’attuazione, valorizzando le azioni dal basso (bottom up) sulla base di indirizzi chiari e non contraddittori dall’alto (top down)
Il Piano dovrebbe poter andare oltre energia e clima e restituire una visione di sviluppo del Paese, valutando le ricadute delle politiche sul sistema economico, sociale e produttivo, valorizzando le opportunità e la gestione dei rischi di un percorso di trasformazione delle economie verso la transizione ecologica.
Contesto e metodologia di analisi
L’aggiornamento del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) deve rivedere gli impegni sulla base di un obiettivo di riduzione dei gas serra (GHG a livello UE) del -55% al 2030 rispetto al 1990, come ridefinito dalla Commissione europea nell’ambito del Green Deal .
Nel luglio 2021, la Commissione ha presentato un pacchetto, noto come “Fit for 55”, con l’obiettivo di riformare l’insieme di direttive e regolamenti che stabiliscono gli impegni in materia di clima e energia, per poter raggiungere la neutralità climatica al 2050.
Il cuore del pacchetto ‘Fit for 55’ in relazione al clima interessa i settori ETS (Emissions Trading Scheme), ESR (Effort Sharing Regulation), efficienza energetica e rinnovabili.
- Emissions Trading Scheme – Revisione del Regolamento del sistema di scambio di quote di emissione di GHG. Il sistema comprende i settori più energivori ed emissivi (termoelettrico, industrie energivore, trasporto aereo, trasporto marittimo), prevedendo un obiettivo di riduzione del -62% delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (obiettivo precedente: -43% rispetto al 2005).
- I settori non inclusi nell’ETS sono compresi nel Regolamento sulla condivisione degli sforzi (Effort Sharing Regulation, ESR)[1]. Il perseguimento degli obiettivi per i settori non-ETS è delegato alle politiche nazionali, con obiettivi vincolanti, il cui mancato rispetto determina dei meccanismi di penalità con effetto potenziale sul bilancio dello Stato. Per l’Italia l’obiettivo generale UE del 40% si traduce in una riduzione delle emissioni del -43,7% (obiettivo precedente: -33% rispetto al 2005). I settori dell’edilizia e del trasporto su strada rimangono inclusi sia nell’ESR che nell’ETS2 poiché è stato ritenuto che il mercato non sia sufficiente ad assicurare la necessaria riduzione delle emissioni.
- La revisione della Direttiva sull’efficienza energetica prevede un obiettivo UE dell’11,7% al 2030 rispetto al 2020, a cui gli Stati membri dovranno contribuire in percentuali variabili. I risparmi di energia annuali per il consumo finale vengono aumentati gradualmente fino a raggiungere l’1,9% al 2030, ovvero il doppio di quanto previsto in precedenza (0,8%).
- Per l’Italia ciò si traduce in una quota tra il 38,4% e il 39% sui consumi finali lordi di energia.
Come evidenziato da ISPRA nel rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” già oggi, a politiche correnti (considerando l’effetto delle misure adottate nel 2021, incluse quelle definite nel PNRR), emerge un divario emissivo di quasi 11 MtCO2eq al 2021 [Tabella 1]. Rispetto allo scenario di riferimento analizzato da ISPRA, al 2030 ai settori soggetti a ESR è richiesta un’ulteriore riduzione delle emissioni di 52,5 MtCO2e (-21% rispetto allo scenario a politiche correnti), con un contributo verosimilmente più significativo dai settori civile e trasporti.
Tabella 1 – Emissioni storiche di gas a effetto serra e proiezioni secondo lo scenario di riferimento a politiche correnti per i settori ETS e non-ETS. Fonte: ISPRA,PNIEC
1990 2005 2021 2025 2030 2040 MtCO2 eq. |
||||||
Emissioni di gas serra (escluso LULUCF), di cui: | 523 | 594 | 418 | 389 | 359 | 325 |
ETS | 248 | 132 | 124 | 110 | n.a. | |
Effort Sharing (ESR) | 344 | 284 | 263 | 246 | n.a. | |
Obiettivi Effort Sharing (**) | 273 | 241 | 194 | n.a. | ||
Distanza dagli obiettivi ESR | 10,9 | 22 | 52 | n.a. |
(**) Obiettivi 2021-2030 indicativi definiti sulla base del nuovo Regolamento Effort Sharing (-43,7% rispetto al 2005)
Il PNIEC2019 ha mostrato un approccio semplicistico e, per stessa ammissione del Governo, eccessivamente ‘ottimistico’ rispetto alla definizione, ma soprattutto, all’attuazione delle politiche energetiche e climatiche. Situazione in parte dovuta anche all’eccezionalità di alcuni eventi esterni, come la pandemia e l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina.
Di conseguenza, l’impianto del PNIEC2019 si è dimostrato inadeguato allo scopo. L’Italia, già nel 2021 si è allontanata dagli obiettivi emissivi, assegnati mediante il Regolamento Effort Sharing ,[2] di quasi 11MtCO2eq. Per il funzionamento del Regolamento, la mancata conformità agli obiettivi determina l’applicazione di meccanismi di penalità (oltre a procedure di infrazione) con conseguenze sul bilancio dello Stato.
Il principale elemento di debolezza del Piano era l’assenza di una governance adeguata. Esempi di tale fragilità strutturale sono: politiche e misure non attuate; mancanza di strutture per il monitoraggio la valutazione e l’eventuale correzione delle politiche; incoerenza del quadro regolatorio che ha seguito il Piano. Ciò ha determinato inefficacia di azione contro il cambiamento climatico e oneri di spesa pubblica. Ad esempio, incentivi per le ristrutturazioni non sufficientemente focalizzati verso obiettivi di riduzione delle emissioni, o quelli per l’acquisto auto ai privati ancora diretti verso tecnologie non compatibili con la decarbonizzazione, aiuti alle bollette a pioggia senza incentivi all’efficienza o considerazioni in merito al reddito, incapacità di trasferire a tutti i livelli di governo, dal centrale, al locale linee comuni per l’efficace gestione e il necessario snellimento delle procedure autorizzative.
La mancanza di uno strumento legale adeguato, di un coordinamento centrale efficace ha determinato una deresponsabilizzazione delle strutture deputate all’attuazione del Piano. Le strutture centrali non sono riuscite efficacemente a trasferire e condividere la responsabilità dell’attuazione del Piano mediante il coinvolgimento concreto delle strutture di governo centrale e locale, così come dei territori e di tutti i soggetti a vario titolo chiamati all’attuazione del Piano.
Per queste ragioni il PNIEC2023 dovrebbe segnare un netto cambio di passo, su almeno tre elementi fondamentali
- Una governance adeguata, che incardini il PNIEC nell’ordinamento legislativo, lo renda uno strumento attuativo e descriva:
- come rendere il Piano e le politiche allineate sempre all’evidenza scientifica;
- come realizzare il dialogo multilivello in costante coordinamento con gli Enti, i territori e i soggetti a più livelli coinvolti nella sua attuazione;
- come tale dialogo sia integrato nel processo di definizione, monitoraggio, valutazione e modifica delle politiche, in un processo di miglioramento continuo. Processo che, nelle intenzioni, dovrebbe avviarsi sin d’ora, e che dovrebbe riguardare tutti i settori, comprese le dimensioni trasversali e abilitanti.
- Una visione di decarbonizzazione del Paese, che comprenda i tempi e le modalità della sua realizzazione. Le politiche proposte dovranno ricondurre a tale visione, in modo efficace, non contraddittorio ed efficiente dal punto di vista economico.
- Una visione di sviluppo del Paese, per valutare le ricadute delle politiche sul sistema economico, sociale e produttivo. Valorizzando le opportunità e la gestione dei rischi di una transizione globale in cui l’Italia deve giocare un ruolo da protagonista.
Abbiamo elaborato la nostra pagella a seguito di un’analisi preliminare della proposta di PNIEC pubblicata il 19 luglio.
I voti non sono buoni. Mancano elementi chiave di una strategia per l’energia e il clima. Il Piano:
- non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili – in particolare per il gas – e in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050,
- non garantisce il raggiungimento degli obiettivi rinnovabili mediante un quadro di politiche incisivo e mirato e non tiene conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035
- Non definisce un quadro di politiche e misure basato su di un’analisi critica dei risultati ottenuti sui settori non ETS (civile, trasporti, agricoltura, industria <20MW), dando priorità ad interventi più efficaci. L’approccio di ‘neutralità’ tecnologica non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria anche per misurare l’efficacia della spesa pubblica. Questo vale, ad esempio, per il sostegno verso le pompe di calore a gas e per le motorizzazioni endotermiche nel settore dei trasporti.
È però presente la volontà politica per miglioramento, senza dubbio l’elemento più positivo e distintivo di questo Piano. Il vero lavoro inizia adesso.
Il Piano deve sapere fare un passo in avanti nell’azione per il clima, mostrando un approccio: innovativo, coraggioso, rigoroso e realistico. Deve inoltre munirsi di meccanismi di controllo e correzione per mettere il Paese nella traiettoria per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e trasformare questa necessità in opportunità di sviluppo del Paese.
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NOTE
[1] Trasporto su strada, piccola industria, edifici, rifiuti, agricoltura.
[2] Anche con la revisione degli obiettivi EU al 2023, per gli anni 2021 e 2022 gli obiettivi dei Paesi sono rimasti coincidenti a quelli precedenti le modifiche del Fit for 55 e, quindi, allineati al vecchio obiettivo EU del -40%, meno stringente
Foto di Hoan Ngoc