I livelli di prezzo di benzina e diesel registrati a gennaio 2023 non giustificano ulteriori sacrifici dei conti pubblici per sostenere l’acquisto di carburanti con un prolungamento degli sconti generalizzati sulle accise.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con la reintroduzione dell’accisa ai livelli pre-crisi russa, nella prima settimana di gennaio il prezzo medio della benzina è stato di 1.812,01 €/l, mentre per il gasolio si è registrato un prezzo di 1.868,13 €/l, valori in linea con quelli registrati nei primi mesi del 2022.
Tali valori risultano inferiori a quelli già registrati nel periodo 2012-2014, quando le accise applicate ai carburanti erano allo stesso livello di quelle nuovamente in vigore oggi. Applicando i coefficienti di rivalutazione monetaria ai prezzi storici dei carburanti in base agli all’indice dei prezzi al consumo Istat, a prezzi costanti marzo 2022, ovvero prendendo come riferimento l’inizio della guerra in Ucraina, un litro di benzina acquistato nel settembre 2012 costava, nel 2012, l’equivalente di 2,069 €/l (prezzo di allora alla pompa di 1,871 €/l) e il litro di diesel 1,951 €/l (1,764 €/l). Includendo nel calcolo l’inflazione registrata nel corso dello scorso anno questi valori risultano rispettivamente di 2,221€/l per la benzina e 2,094 €/l per il gasolio.
Andamento storico a prezzi costanti (rif. marzo 2022) dei
prezzi medi mensili alla pompa di benzina e diesel (€/l)
Fonte: Elaborazione ECCO su dati Mase e Istat
Nel 2012 gli aumenti furono innescati dalla crisi siriana e dai i timori di ripercussioni su tutto il Medio Oriente, come effettivamente è stato. Una guerra è un costo per la collettività. In particolare, la guerra di oggi come quella di allora vede protagonisti paesi strategici per i nostri approvvigionamenti energetici, ancora fortemente legati ai combustibili fossili. Nel 2012, non ci fu nessun intervento sulle accise, che erano anzi state aumentate qualche mese prima per recuperare risorse utili a ripristinare le finanze e la credibilità del Paese in un periodo estremamente critico per i conti pubblici -stante le modifiche al patto di stabilità introdotte dal Two Pack e dal Six Pack, in particolare sulle tempistiche (1/20 all’anno) del rientro al 60% del rapporto debito/PIL, allora intorno al 125% -, lo spread btp-bund viaggiava intorno ai 500 punti base e Draghi da Governatore della BCE annunciava il suo Whatever it takes.
L’austerità dello scorso decennio è oggi ampiamente criticata soprattutto in considerazione degli impatti sociali che ha determinato. Oggi il rapporto debito-pil è superiore al 150%, ma la sospensione temporanea delle regole del patto di stabilità, estesa a tutto il 2023, e le prospettive di revisione di tale regole pongono meno pressione a livello europeo di ridurre il rapporto debito/PIL nel breve termine. Tuttavia, una spesa non mirata a gestire le sfide sociali, fortemente connesse a quelle energetiche e climatiche, e al contrario non selettiva, continuerebbe a indebolire i fondamentali della nostra economia, riducendo lo spazio pubblico di intervento nel gestire la transizione.
Dopo l’impennata nel corso del 2022, nell’ultimo periodo i prezzi del greggio sono in ribasso verso valori comparabili con quelli del 2021. Al netto delle dinamiche registrate negli ultimi giorni, i prezzi alla pompa dei carburanti non hanno mostrato segnali di scostamento da questo andamento. Per verificare e contrastare eventuali comportamenti opportunistici, se non speculativi, il governo è intervenuto con il Decreto Legge 14 gennaio 2023 nr. 5 introducendo il monitoraggio giornaliero dei prezzi con l’obbligo di comunicazione e pubblicità per i distributori, incrementando le sanzioni e rafforzando i collegamenti tra Garante per la sorveglianza dei prezzi, l’Antitrust e la Guardia di Finanza.
Andamento storico dei prezzi correnti mensili alla pompa di benzina
e gasolio (rif. asse sx) e Brent FOB Europa (rif. asse dx)
Fonte: Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e IEA
La riduzione del prezzo del greggio, a livelli non più emergenziali, ha consentito al Governo Meloni – che già a novembre 2022 aveva parzialmente ridotto lo sconto in accisa di 0,25 €/l introdotto da Draghi – di ripristinare il livello delle accise pre-crisi, pari a 728 € per 1000 litri di benzina e di 617 €/kl per il diesel. Questa decisione permette di ragionare su politiche per la gestione dell’accesso all’energia con strumenti meno regressivi e sperequativi di quanto non sia una riduzione generalizzata delle accise.
Mantenere lo sconto nelle proporzioni introdotte a marzo dal Governo Draghi, costerebbe allo Stato oltre 9 miliardi di euro annui, generando un risparmio medio mensile pari a meno di 15 euro per i consumatori. Inoltre, tali risorse sarebbero distribuite in maniera iniqua tra tutti i consumatori. Secondo le rilevazioni ISTAT sulle condizioni economiche delle famiglie e diseguaglianze, la spesa per consumi di carburanti cresce con l’aumentare del reddito e le fasce medio alte (IV e V quintile ISTAT) consumano fino a 3 volte più carburante delle fasce medio basse (I e II quintile). Una distribuzione non selettiva delle risorse beneficia maggiormente coloro che hanno redditi elevati e si spostano di più e con mezzi a maggiori consumi, mentre chi ha un basso reddito e limita gli spostamenti con mezzi privati, ne trae un vantaggio molto limitato. E chi usa i mezzi pubblici in luogo dell’auto privata non ne beneficia affatto.
Risparmio mensile e proiezioni annuali per quantili di reddito Istat
del taglio delle accise introdotto dal governo Draghi (valori in Euro correnti)
Elaborazione di ECCO su dati Istat e del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica
Rispetto al 2021, nei primi 11 mesi del 2022 i consumi di benzina e diesel sono aumentati del 9% e del 5% rispettivamente, a fronte di un calo generalizzato dei consumi energetici di gas -7,8% (rif. Mase, -11% nel settore civile, rif. Staffettaonline) ed elettrici -0,8% (rif. Terna) sarebbe un ulteriore segnale contraddittorio per i consumatori.
In questo senso, pur se l’introduzione del meccanismo di aliquota flessibile introdotto dal Decreto legge nr. 5 del 14 gennaio 2023 -ossia di rimodulare il valore dell’accisa qualora il prezzo del petrolio superi i valori tendenziali indicati dal Documento di economia e finanza- rappresenta una garanzia di controllo dei prezzi, è da tenere in considerazione che il segnale di prezzo è importante per assicurare che i consumatori riducano i propri consumi a fronte di un costo eccessivo dei carburanti fossili.
Al pari, la rigidità della domanda dei consumi di carburanti fossili, non facilmente sostituibili, nel breve periodo, e l’impatto sui costi per ragioni di necessità, sentito dai più vulnerabili, potrebbe richiedere l’adozione di politiche di supporto condizionate, da gestire con strumenti selettivi per i quali non è opportuno ridurre il gettito fiscale.
La sospensione del Patto di Stabilità e Crescita non deve condurre a spese non selettive da parte dello Stato per sostenere consumi di combustibili fossili che sono l’origine dalla crisi attuale. Non tutti subiscono gli stessi effetti del caro energia ed è prioritario incanalare le risorse disponibili a difesa di chi ha maggiormente subito la crisi in termini di disponibilità economica, e per accelerare l’uscita dai combustibili fossili. In questo senso, nel programma di riforma della fiscalità del settore energetico anticipata dal Governo è auspicabile che vengano introdotti meccanismi per assicurare che il gettito raccolto dalle accise sia prioritariamente diretto a soluzioni utili ad affrontare la povertà da mobilità e la transizione del sistema dei trasporti verso la decarbonizzazione,
La sfida con cui il governo dovrà necessariamente confrontarsi già a partire dalle prossime settimane, con la revisione del Piano Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), riguarda la proposta di un quadro di misure efficaci in grado di coniugare la riduzione delle emissioni dei trasporti con una maggiore equità di accesso alla mobilità e con le priorità strategiche di politica industriale per lo sviluppo del Paese, come nel caso delle filiere automotive nella transizione all’auto elettrica.
Photo by Engin Akyurt