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Investimenti per la decarbonizzazione in Italia: quale ruolo per pubblico e privato 

Mercoledì 14 dicembre si è svolto un incontro organizzato da ECCO in collaborazione con il Forum per la Finanza Sostenibile, con l’obiettivo di coinvolgere i principali attori istituzionali nella costruzione di un percorso di approfondimento sul tema degli investimenti necessari per la realizzazione della transizione ecologica e l’identificazione degli strumenti più idonei per affrontarla. L’incontro si è svolto in modalità Chatham House rule 

L’International Energy Agency (IEA) stima che gli investimenti necessari entro il 2050 si attestano a una media annua di circa 2 trilioni di dollari (tr US$) negli ultimi cinque anni e una più che doppia nei prossimi cinque (4,5 tr US$). Riproporzionando questi ordini di grandezza sull’economia italiana, gli investimenti necessari su scala nazionale, sarebbero da 5 a 7 volte superiori rispetto a quelli a tutt’ora stanziati. Per l’Italia, infatti, il raggiungimento degli obiettivi climatici implica uno sforzo di investimento e di trasformazione economica di grande entità che solo in parte trova espressione nel PNRR. È quindi necessaria a tutti livelli una riflessione attenta e approfondita sull’entità delle risorse effettivamente necessarie affinché un’operazione trasformativa di così ampia portata possa avere successo in un arco di tempo limitato. Nel contempo, sarebbe importante conteggiare nella stima complessiva anche le componenti a oggi non considerate nel computo finale, come gli investimenti di adattamento al clima e i costi generati dai danni diretti e indiretti causati dai cambiamenti climatici in corso. 

In questa prospettiva, l’Unione europea ha ridefinito la priorità di strategia industriale (1), avviando un progetto a supporto della transizione “verde” (il Green Deal e il pacchetto Fit-for-55). Inoltre, in risposta alla pandemia da Covid19, Bruxelles ha stanziato risorse significative attraverso il Next Generation Fund o NGEU. In questo contesto, l’Italia ha beneficiato dello stanziamento europeo più rilevante (205 mld investibili tra il 2021 e il 2026) e ha elaborato il proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Tuttavia, il PNRR non appare sufficientemente focalizzato sugli obiettivi di decarbonizzazione e di contenimento delle emissioni di gas climalteranti (2), né sufficientemente allineato alle priorità di politica industriale europee (3). Inoltre, i documenti tecnici a cui il PNRR dovrebbe riferirsi – ossia il Piano Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC) del dicembre 2019 e la Strategia italiana a lungo termine per la riduzione dei gas ad effetto serra del gennaio 2021 – devono essere aggiornati rispetto ai nuovi obiettivi riduzione delle emissioni definiti dalla UE (-55% netto anziché -40% sul 1990).  

L’Italia deve quindi adeguare tali strumenti – prioritariamente il PNIEC -, per non rischiare di trovarsi in ritardo nel processo di decarbonizzazione dell’economia, subendone gli impatti negativi (diretti e indiretti) su alcuni importanti settori del proprio tessuto industriale, senza potere, nel contempo, riposizionarsi per coglierne i vantaggi produttivi, occupazionali e competitivi.  

L’aggiornamento del PNIEC sarà l’occasione per l’Italia per declinare in modo coerente il nesso strategico tra obiettivi di riduzione dei gas serra, strategia energetica a medio-lungo termine, strategie industriali e politiche di bilancio. 

Per l’Italia la messa a punto di un percorso coerente con gli obiettivi del Green Deal è importante anche in relazione alla riforma del Patto di stabilità e Crescita in discussione a livello europeo. Se la recente proposta della Commissione europea verrà accolta, le dinamiche future della spesa netta e del debito nei prossimi 4-7 anni (che è anche la prima tappa della decarbonizzazione) saranno infatti condizionate dalle priorità che deriveranno dalla necessità di finanziare gli investimenti necessari alla trasformazione energetica ed ecologica. Nell’ambito del nuovo Patto di stabilità, una strategia di decarbonizzazione e di transizione ecologica coerente con obiettivi europei vincolanti può divenire per l’Italia un asse portante anche delle strategie di finanza pubblica da negoziare a livello europeo. Il primo passo di questo percorso è il censimento degli investimenti necessari alla decarbonizzazione. A questo scopo ECCO ha svolto analisi settoriali, confrontandone i risultati con le più recenti fonti disponibili al fine di identificare le diverse ipotesi di politiche sottostanti e individuare i settori con maggiore necessità di approfondimento.  

Il lavoro di approfondimento proposto da ECCO intende focalizzarsi su due questioni principali, ovvero:  

  • A quanto ammontano le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione Green Deal / Fit-for-55 per il 2030? 
  • Quale relazione sussiste tra finanza pubblica e privata per sostenere gli investimenti? 

Questo primo workshop si è concentrato sulla prima delle due questioni, rimandando a incontri successivi l’approfondimento della relazione tra finanza pubblica e privata.  

Per rispondere alla prima domanda, la discussione sollecitata da ECCO ha analizzato i fabbisogni di investimento dei principali macrosettori dell’economia, secondo una metodologia bottom up, focalizzata sulle concrete politiche e misure da realizzare su ciascun settore per raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti in linea con i target europei al 2030 e la neutralità carbonica al 2050.  Tale scelta si fonda anche sulla necessità di correlare la stima degli investimenti necessari con l’identificazione concreta degli strumenti pubblici più idonei per attivarli (ad es., come supporto o meccanismo abilitante nella decarbonizzazione del patrimonio immobiliare privato, ovvero nell’uptake dei veicoli elettrici nel parco circolante, oppure ancora come copertura dei rischi nel caso di investimenti in tecnologie innovative nel settore industriale, ecc.).  

Gli elementi di riflessione emersi dalla discussione del workshop, hanno sottolineato alcune evidenze preliminari, quali:  

  • I costi fissi della decarbonizzazione del sistema di produzione di energia elettrica  potrebbero  essere sostenuti in larga misura da capitali privati. Tuttavia, a tal fine occorrerebbe ‘liberare’ gli investimenti privati in rinnovabili da vincoli e ostacoli autorizzativi e, al tempo stesso, aumentare gli sforzi per creare condizioni favorevoli di mercato sul lato della domanda di energia. L’attenzione è infatti attualmente concentrata quasi esclusivamente sugli investimenti di potenziamento della capacità produttiva di energia elettrica (peraltro scontando ancora una forte dipendenza dal gas) e relativamente poco sulle modalità più efficienti di riduzione e modulazione dei consumi di energia (ad es. attraverso tecnologie di monitoraggio e redistribuzione). Una maggiore attenzione verso interventi sul lato della domanda, oltre a permettere un utilizzo più efficiente delle risorse, contribuirebbe anche a contenere gli oneri di investimento complessivi. In quest’ambito occorrerebbe peraltro un radicale riorientamento della spesa pubblica corrente rispetto all’attuale sostegno alle fonti fossili;  
  • Nel settore trasporti (che in Italia è anche quello più emissivo), il ruolo delle risorse pubbliche è già molto rilevante, soprattutto per quel che riguarda le infrastrutture ferroviarie. Tuttavia, occorrerebbero interventi decisi e focalizzati  per incrementare l’efficienza del parco circolante di veicoli privati, sia attraverso incentivi mirati all’elettrificazione della flotta, sia con un più ampio supporto allo sviluppo di infrastrutture di ricarica pubblica e privata. 
  • Nel settore civile (residenziale e terziario) il ruolo delle risorse pubbliche si è già dimostrato decisivo nell’attivare i meccanismi di trasformazione del patrimonio immobiliare, anche per il privato. L’elemento cruciale è tuttavia il ridisegno degli incentivi, per rendere gli investimenti funzionali all’efficientamento energetico,  allineandoli alla decarbonizzazione, anche al fine di evitare il rischio di carbon lock in (ovvero il rischio di promuovere interventi rilevanti, ma di modesta efficacia in termini di decarbonizzazione). In questo senso, sarebbe urgente una revisione organica e una ricomposizione delle misure di incentivazione vigenti, assicurando il loro allineamento con gli obiettivi climatici e con l’evoluzione in corso del pacchetto Fit For 55. Altrettanto urgenti e auspicabili appaiono anche le proposte di revisione delle componenti fiscali e parafiscali delle bollette energetiche, al fine di ‘riequilibrare’ il segnale di prezzo dei vettori energetici, rispetto ai costi ambientali e agli obiettivi climatici; 
  • Nel settore industriale, l’analisi ha mostrato la necessità di un approfondimento specifico per ciascuno dei principali comparti produttivi (soprattutto con riferimento a quelli più energivori). Questo perché i modelli comunemente utilizzati nelle simulazioni di scenario non sono in grado di cogliere le specificità tecnologiche e produttive, trattando l’intero settore industriale come un unico “agente rappresentativo” ottimizzante.  Inoltre, un approccio aggregato al settore non permetterebbe di cogliere le interazioni intersettoriali lungo le filiere produttive (ad es. le ricadute di politiche di supporto alla domanda di veicoli elettrici sulla produzione nazionale di componentistica), né di offrire una base analitica sufficientemente granulare da consentire valutazioni di coerenza tra soluzioni energetiche e priorità strategiche di politica industriale (ad es. supportare filiere nazionali in grado di catturare i benefici economico-occupazionali, minimizzando nel medio-lungo termine la dipendenza da importazioni e investimenti esteri). Aspetti delle politiche di decarbonizzazione che dovrebbero essere collocati in un quadro strategico coerente ma non sembrano ancora adeguatamente affrontati nei documenti di pianificazione e programmazione ufficiali.  
Conclusioni 

L’incontro organizzato da ECCO e dal Forum per la Finanza Sostenibile ha rappresentato un punto di partenza di un confronto che continuerà nel corso di prossimi mesi. Analisi e confronti mirati per ogni settore, supportati da incontri più ampi permetteranno di definire quale strada dovranno prendere gli investimenti e le politiche per permettere all’Italia di affrontare con successo la sfida della decarbonizzazione. Un dibattito che potrà alimentare ulteriori riflessioni sia nel percorso che condurrà alla stesura della prossima bozza di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, nella possibile revisione delle misure del PNRR e nella necessità di integrare il Piano con il capitolo REpowerEU, così come nel dibattito sul processo di revisione del Patto di Stabilità e Crescita come strumento chiave per liberare nuove risorse essenziali per la transizione. 

NOTE

(1) European Commission, “A new industrial strategy for Europe” COM(2020) 102 final (10/3/2020); “Updating the 2020 New Industrial Strategy”, COM(2021) 250 final (5/5/2021). 

(2) Un’analisi preliminare effettuata daGreen Recovery Tracker mostrava infatti che sui 192 md del RRF, i progetti che potevano esercitare un impatto inequivocabilmente positivo per la transizione climatica rappresentavano solo il 24% e che il restante 76% si divideva tra progetti privi di impatti significativi (50,1%) e progetti di impatto ambiguo (26%). Cfr. Wuppertal Institute, E3G, “Green Recovery Tracker Report: Italy”(3/6/2021) https://www.greenrecoverytracker.org/country-reports-overview 

(3) Maranzano, P., Noera, M, Romano, R., “The European Industrial Challenge and the Italian NRRP”, PSL Quarterly Review (forthcoming) 

 

Photo by Karolina Grabowska

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