Il 28 aprile 2025, gran parte della penisola iberica è rimasta senza corrente elettrica, a causa di un blackout che ha coinvolto milioni di utenti tra Spagna e Portogallo. L’evento, subito ribattezzato dai media spagnoli come “el gran apagón” – in italiano, con qualche forzatura, la parola corrispondente sarebbe “spegnone” – ha sollevato interrogativi sulla stabilità del sistema elettrico in un contesto sempre più dominato dalle fonti rinnovabili.
Pochi giorni fa, a circa due mesi dall’accaduto, le autorità spagnole hanno pubblicato un primo rapporto tecnico che ricostruisce le cause dell’incidente. Il documento, pur con alcune parti oscurate, indica chiaramente una serie di carenze nei meccanismi di regolazione della rete e nel coordinamento tra gli impianti coinvolti, mettendo in luce una responsabilità che, contrariamente a quanto si è sentito raccontare, non ricade sulle rinnovabili non programmabili, bensì su alcuni impianti tradizionali incaricati di garantire la stabilità del sistema.
Più in dettaglio:
- il disastro è stato causato dalla mancata risposta in termini di regolazione di tensione – uno dei servizi remunerati che mantengono in equilibrio la rete – da parte di alcuni degli impianti tradizionali ammessi al relativo mercato;
- il gestore della rete non aveva approvvigionato sufficienti quantità di tale servizio.
Inoltre, altri impianti connessi alla rete per la produzione di energia – non per servizi di regolazione – si sono staccati in risposta alla sovratensione prima di quanto avrebbero dovuto. Tra questi, anche parchi fotovoltaici, oltre che impianti tradizionali.
Un sistema con molte rinnovabili non programmabili, in particolare con molto fotovoltaico non tenuto a essere connesso con inverter “grid forming” come quello spagnolo, necessita di precauzioni diverse rispetto a uno con sole macchine rotanti tradizionali? Sì. È possibile farlo in sicurezza? Sì. La stessa rete spagnola, e in molti fine settimana recenti anche quella italiana, funziona spesso con energia fornita solo da rinnovabili, avendo altri impianti connessi solo per regolazione o backup. Nelle ore dell’incidente invece erano in servizio anche un 10% di nucleare e una piccola quota di gas.
Ritenere che tante rinnovabili, oltre ad abbassare il prezzo dell’energia coi risultati spettacolari visti in Spagna, mettano in pericolo la sicurezza perché richiedono forme parzialmente diverse di gestione della rete rispetto al passato è come ritenere che una strada con delle curve è pericolosa perché richiede l’uso dello sterzo.
L’analisi spagnola ribadisce un principio che forse era già una tautologia: il gestore della rete e i loro fornitori di servizi sono pagati per gestire il sistema in sicurezza. Se questi soggetti falliscono nel predisporre e poi fornire quanto dovuto, può esserci l’incidente. Nel caso dello “spegnone” del 28 aprile, a non fornire il servizio remunerato non sono state le fonti rinnovabili non programmabili, bensì quelle tradizionali.
Foto di Ariv Gupta