Il nuovo report dell’International Council of Clean Transportation ICCT fotografa l’evoluzione dell’auto elettrica europea tra mercato, reti di ricarica e competitività industriale e mostra che gli obiettivi del Regolamento CO2 sono alla portata.
L’attenzione dell’intero settore automobilistico europeo è rivolta al prossimo incontro dei dialoghi strategici per l’industria dell’auto, in programma il 12 settembre. L’obiettivo, per molte realtà industriali, sarà ottenere un impegno di modifica del Regolamento sugli standard di emissione di CO2 da parte della Commissione Europea. Un rilassamento delle regole sulle emissioni rischia, però, di invertire gli sforzi verso l’innovazione fatti in questi anni. Dal podio del Parlamento di Strasburgo, in queste ore, la Presidente Ursula von der Leyen ha ribadito la centralità dell’azione climatica dell’Europa, ricordando che il futuro dell’auto sarà elettrico e che presenterà all’industria una nuova iniziativa per auto compatte e accessibili a tutti.
I dialoghi, concepiti proprio per definire e attuare un piano di rilancio dell’industria europea verso l’elettrico, registrano una carenza di impegni e di proposte concrete da parte dell’industria, in particolare sulla produzione di batterie, uno dei nodi cruciali da affrontare.
Le speculazioni sulle proposte di modifica del Regolamento in discussione nei diversi tavoli industriali sono svariate: da un abbassamento al 90% di emissioni degli obiettivi 2035, all’introduzione di crediti di offset e di modifiche del fattore di utilizzo per le auto a tecnologia ibrida plug-in, al passaggio a una misurazione delle emissioni dallo scarico al ciclo di vita, all’utilizzo massivo di e-fuels e biocarburanti. Per alcuni, sarebbe addirittura auspicabile un abbandono totale della regolamentazione, lasciando che solo il prezzo della CO2 determini le scelte di mercato, a scapito dei consumatori.
Queste istanze, tuttavia, non sono accompagnate da un quadro analitico dettagliato e organico dell’andamento del comparto auto europea e della sua transizione all’elettrico. In dettaglio: qual è oggi la distanza dagli obiettivi di breve termine del Regolamento CO2 e la traiettoria verso gli obiettivi 2035? Quale l’evoluzione dell’offerta dei modelli? Quale l’efficienza energetica e il vantaggio economico per i consumatori di una scelta elettrica? Quali sono gli impatti climatici e sulla salute dei motori a combustione o ibridi? A che punto è la rete di infrastrutture di ricarica? Quali sono i risvolti dell’azione europea sulla competitività della sua industria rispetto al resto del mondo?
Le risposte a queste domande le fornisce l’International Council of Clean Transportation (ICCT), nel rapporto “EV transition check”, pubblicato oggi in partnership con ECCO e altri think tank e organizzazioni europee. Il rapporto offre un quadro sul mercato dell’auto dei veicoli leggeri nell’UE, con focus sulle autovetture – che rappresentano il 90% del totale di questi veicoli, attraverso dati e analisi, utili per un dialogo informato sui destini incrociati del futuro dell’industria dell’auto e delle politiche climatiche.
Cresce il mercato dell’elettrico e si avvicina il raggiungimento degli obiettivi clima
Nei primi sei mesi del 2025 le immatricolazioni di veicoli elettrici puri a batteria, BEV, hanno raggiunto il 17% del mercato, circa il 40% in più rispetto allo stesso periodo del 2024. Questa crescita ha consentito in sei mesi di ridurre le emissioni della flotta di nuovo immatricolato dai 108 gCO2/km con cui si è concluso il 2024 a 102 gCO2/km, ovvero 9 grammi dall’obiettivo di 93 gCO2/km da raggiungere nei prossimi due anni e mezzo (ricordiamo infatti che l’obiettivo era inizialmente previsto per il 2025 ed è stato spostato al 2027 per garantire maggiore flessibilità ai costruttori con una modifica mirata del Regolamento del maggio 2023): un obiettivo ampiamente raggiungibile, stante le regole attuali che consente ai costruttori di aggregarsi. Questo vale anche a livello di singoli gruppi, a parte forse Mercedes, come risulta dal dettaglio dei dati pubblicati mensilmente dal market monitor promosso in Italia da ECCO: a luglio 2025 la distanza dai target 2027 risulta di +1 gCO2/km per BMW, +6 per Renault, +12 per Stellantis, +13 per Volkswagen, +21 per Mercedes (Volvo con la sua strategia elettrica è già oggi 33 gCO2/km al di sotto del target 2027).
Forse è per questo che il CEO di Mercedes e presidente di ACEA, Kallenius, in un recente articolo sul Financial Times, propone di modificare il regolamento sugli standard CO2, favorendo le auto ibride plug-in (PHEV) e suggerendo una versione europea del modello cinese di “non regolamentazione” tecnologica. Tuttavia, le politiche cinesi stanno andando in direzione opposta. I veicoli PHEV, nei cicli di guida reali, emettono molto più di quanto indicato nei test di omologazione, a causa di valori sottostimati del cosiddetto “fattore di utilizzo”, ossia la quota di guida effettivamente elettrica. Per questo motivo, il governo cinese sta riducendo il contributo delle PHEV al raggiungimento dei target di efficienza interna, una decisione che secondo gli analisti ridurrà crediti, incentivi fiscali e, di conseguenza, le vendite di questi modelli. Se queste auto non troveranno mercato in Cina, è probabile che finiranno in Europa, soprattutto considerando l’assenza di dazi su queste motorizzazioni e il rischio di modifiche al regolamento europeo che potrebbero ulteriormente rilassare le regole sul fattore di utilizzo. Di fatto, questa scelta favorirebbe i PHEV senza alcuna logica climatica o economica: emettono fino a 3,5 volte di più rispetto alle previsioni, costano mediamente di più data anche la loro complessità – essendo dotati di due motori e di batteria, e consumano tanto quanto un auto tradizionale, dovendo spostare un peso superiore. A chi conviene tutto ciò? Certamente non ai consumatori.
Guidare elettrico è più conveniente
Analizzando la convenienza economica di guidare un’auto, il rapporto mette in evidenza il chiaro vantaggio dei veicoli elettrici BEV rispetto a tutte le altre motorizzazioni, comprese le PHEV, che per percorrere 100 km costano oltre due euro in più. Questo vantaggio deriva principalmente dall’efficienza dei motori elettrici, mediamente tre volte superiore a quella dei motori endotermici, con margini di ulteriore miglioramento. Ulteriori risparmi significativi potrebbero derivare da una riforma della fiscalità dell’energia, che intervenga sui costi delle ricariche.
In particolare, in Italia, i prezzi medi delle ricariche sono tra i più alti d’Europa, sia per le colonnine in corrente alternata a bassa potenza, sia per le ricariche veloci in corrente continua ad alta potenza. Gran parte di questa differenza è dovuta al peso delle componenti parafiscali nella determinazione del prezzo dell’energia – soprattutto per le componenti Asos degli oneri generali di sistema, che gravano sui costi di ricarica. Il risultato è un carico fiscale sulle ricariche elettriche fino a quattro volte superiore rispetto a quello applicato ai carburanti fossili: una sorta di “carbon tax al contrario”, dove chi inquina è di fatto sussidiato, ad esempio con accise scontate, mentre chi utilizza energia elettrica, in gran parte rinnovabile ed efficiente, finisce per pagare di più.
Costi di acquisto di veicoli elettrici in diminuzione
Anche sul fronte dei costi di acquisto, il rapporto mostra come l’offerta di modelli BEV economici sia cresciuta notevolmente negli ultimi anni, passando da 2 modelli nel 2020 a 21 nel 2025, con ulteriori ampliamenti previsti dal 2026 in poi. Questo sviluppo è stato favorito in gran parte dalla riduzione del prezzo delle batterie, che incide per circa il 30%-40% sul costo totale di un veicolo. Tuttavia, il rapporto evidenzia come il prezzo delle batterie in Europa (139 USD/kWh) resti più alto rispetto alla media mondiale (115) e alla Cina in particolare (94), sottolineando la necessità di un piano europeo per la produzione su larga scala di celle e batterie, con il coinvolgimento diretto dei costruttori negli investimenti necessari, evitando il rischio di disimpegno, come accaduto a Termoli in Italia.
Per attrarre investimenti, è indispensabile creare le condizioni per un mercato dinamico nei consumi. In questo senso, l’Italia è fanalino di coda tra i principali mercati europei per le vendite di veicoli elettrici, con uno share del 5% contro il 17% della media europea. Negli anni, il Paese non è riuscito a garantire continuità e incisività alle politiche di incentivazione dell’elettrico. In questo senso, è preoccupante che, pochi giorni fa, il CEO di Stellantis, Filosa, abbia dichiarato che il Piano Italia per l’auto dipenderà dal rilassamento delle regole europee. In pratica, questo potrebbe significare che in Italia si punterà principalmente sul mantenere produzioni endotermiche e ibride, lasciando in secondo piano l’elettrico, con il rischio di forti perdite di produzione nel medio e lungo periodo. Nel frattempo, “l’elettrico di stato” di Stellantis continuerà a svilupparsi in Francia, dove, nonostante eventuali cambiamenti normativi, la spinta verso la transizione rimane forte a livello sistemico. In Italia si parla anche dell’interesse di BYD per la realizzazione di impianti produttivi, comprese le batterie; auspichiamo che questa prospettiva riesca a stimolare un netto cambio di passo da parte del governo nel favorire la mobilità elettrica.
Meno impatti dell’elettrico anche nel ciclo di vita con biocarburanti
I dati di ICCT mostrano che le BEV offrono un vantaggio significativo sia dal punto di vista climatico sia per la salute pubblica, riducendo l’inquinamento atmosferico rispetto a tutte le altre tipologie di motorizzazione, un aspetto estremamente rilevante, soprattutto in Italia.
Considerando l’intero ciclo di vita e l’attuale mix di energie rinnovabili nella produzione di elettricità, le emissioni di CO2 delle BEV sono circa quattro volte inferiori (73%) rispetto ai veicoli a benzina e diesel e circa tre volte meno se confrontate con le PHEV, anche quando questi ultimi utilizzano miscele di biocarburanti. Lo studio evidenzia inoltre che l’aumento della quota di biocarburanti nelle miscele non produce riduzioni proporzionali delle emissioni. Il potenziale di decarbonizzazione dei biocarburanti resta limitato a causa delle materie prime impiegate. I derivati da colture dedicate, i più diffusi oggi, comportano emissioni significative legate ai cambiamenti nell’uso del suolo, oltre che alla produzione del carburante in sé. Al contrario, i biocarburanti a basse emissioni, prodotti da rifiuti e materiali di scarto, hanno disponibilità molto limitata, rendendone impraticabile l’uso diffuso in purezza, ovvero senza miscelarlo ai fossili, strada che invece vorrebbe percorrere il governo in Italia.
Infrastruttura di ricarica e reti elettriche
Sulle infrastrutture di ricarica l’ICCT conferma che in Europa la rete di ricarica pubblica per i veicoli elettrici sta crescendo rapidamente. Al primo luglio 2025 erano già disponibili più di un milione di colonnine pubbliche, con una potenza complessiva installata di 44 gigawatt. Dal 2020 il numero delle colonnine è aumentato in media del 45% all’anno e la potenza del 63%, valori nettamente superiori agli obiettivi minimi fissati dall’Unione Europea, che erano rispettivamente del 14 e del 13%. Rispetto agli obiettivi del regolamento europeo AFIR, che stabilisce requisiti minimi di potenza e di copertura della rete di ricarica, il rapporto indica che quasi tutti gli Stati membri hanno già superato i target previsti, mediamente di quasi quattro volte. Significativi progressi si registrano anche lungo la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), con punti di ricarica ogni 60 km, soprattutto nel nord Europa, mentre permangono ritardi da colmare nel sud e nell’est del continente.
Su questi ultimi aspetti, l’Italia deve assolutamente recuperare terreno, migliorando la sua capacità organizzativa di pianificazione e distribuzione delle risorse pubbliche per investimenti diretti e stimolando il mercato con garanzie di rischio per investimenti privati e una riforma della fiscalità dell’energia. Per ridurre i costi di ricarica pubblica eliminando il peso in bolletta degli oneri generali di sistema, nuove coperture potrebbero venire dalle risorse recuperate da una riforma dei SAD, ad esempio l’equiparazione delle accise tra diesel e benzina. L’Italia deve inoltre accelerare nell’integrazione dei veicoli elettrici nelle reti elettriche, sfruttandoli per gestire la domanda nei momenti di picco, aumentare la flessibilità e ridurre gli sprechi, modernizzando al contempo le infrastrutture di rete.
Competitività del settore auto europeo
Dal punto di vista commerciale, l’Unione Europea si conferma un esportatore netto di auto passeggeri: nel 2024 ha esportato 5,4 milioni di veicoli e ne ha importati 4 milioni, registrando un surplus commerciale di 89,3 miliardi di euro. Lo stesso andamento si riscontra nel mercato dei veicoli elettrici: il 35% dei BEV prodotti in UE viene esportato, mentre il 31% degli EV venduti è importato. Per quanto riguarda le batterie, quasi la metà di quelle impiegate nei veicoli elettrici prodotti in Europa è fabbricata localmente. Tuttavia, il continente rappresenta solo il 7% della produzione globale, contro l’80% della Cina. Nei prossimi anni, con l’espansione delle capacità produttive in UE e Stati Uniti, la quota cinese dovrebbe scendere a circa due terzi del totale.
Parte di questa crescita europea sarà trainata anche all’ingresso di produttori asiatici sul territorio europeo. In questo senso, e rimane strategico identificare e uniformare a livello di Stati membri le modalità di cooperazione industriale in un quadro di regole volto a favorire l’ecosistema europeo, a partire da politiche di contenuto locale.
L’Unione Europea punta a costruire un ecosistema completo per le batterie, che includa non solo la produzione delle celle, ma anche l’estrazione e la lavorazione dei materiali, la fabbricazione dei componenti (catodi, anodi) e il riciclo. Questo percorso è sostenuto in larga parte dal Critical Raw Materials Act, che fissa target nazionali al 2030 per produzione, lavorazione e riciclo delle materie prime strategiche. Tempistiche rigorose, standard stringenti per le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri e pesanti, e risorse pubbliche, come quelle stanziate dal Battery Booster (3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo disponibile nel 2024), dall’Innovation Fund (1,8 miliardi) e da InvestEU (200 milioni), possono stimolare gli investimenti privati e rafforzare le capacità imprenditoriali nel settore. Rimane strategico il coinvolgimento di partner asiatici in questo percorso.
Quello che manca ancora, e che si riassume nella insistente richiesta dell’industria di una maggiore flessibilità nella regolamentazione sugli standard di CO2, è la volontà dei costruttori e della politica ad assumersi il rischio di responsabilità che il Green Deal presuppone, inclusi i costi sociali legati agli impatti del passaggio di consegne della forza lavoro.
“Millions of Europeans want to buy affordable European cars. So we should also invest in small, affordable vehicles”, ha detto la Presidente Von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione.
La sfida cruciale oggi è trasformare l’elettromobilità in una vera realtà di massa, ampliando la produzione di auto elettriche compatte e accessibili, per rispondere ai bisogni di mobilità dei cittadini e per rafforzare la resilienza e la competitività dell’industria automobilistica europea.
I Paesi che non creano le condizioni favorevoli alla transizione all’elettrico nella mobilità privata rischiano di rallentare la transizione dell’industria automobilistica europea, con conseguenze negative su economia e occupazione, mettendo a repentaglio la loro stessa crescita e sviluppo.
Foto di Markus Spiske