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Emissioni di metano: l’Europa e l’Italia di fronte all’Omnibus energia

Lunedì 16 giugno 2025, il Consiglio energia dell’UE discuterà l’integrazione della proposta di un omnibus energia con alcune disposizioni che rischiano di indebolire il Regolamento sulle emissioni di metano.

Secondo la Commissione, il pacchetto omnibus energia ha come obiettivo la riduzione dei prezzi dell’energia, attraverso lo sviluppo delle rinnovabili, e non rappresenta uno strumento per indebolire il pacchetto clima. Affinché questa volontà sia confermata, gli Stati membri, riuniti nel consiglio energia di lunedì 16 giugno, dovranno in realtà basta anche un solo voto contrario – opporsi alla proposta della presidenza polacca, supportata da Romania e Ungheria, per non farlo entrare in omnibus. L’Italia ha tutto l’interesse ad evitare qualsiasi indebolimento del Regolamento sul metano europeo. In questo articolo spieghiamo cosa sono le emissioni di metano, che ruolo hanno nel computo delle emissioni e cosa può fare l’Italia.


Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, le emissioni di metano sono responsabili di circa il 30% dell’aumento della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali. Il settore energetico, con 145 Megatonnellate (Mt) di metano emesse nel 2024, è il principale emettitore, seguito da agricoltura (137 Mt) e rifiuti (64 Mt).

Sempre nel 2024, il settore petrolifero ha emesso oltre 80 Mt di metano, a cui si aggiungono circa 40 Mt dall’estrazione di carbone. L’osservatorio internazionale sulle emissioni di metano dell’UNEP (IMEO), ha stimato che di queste 80 Mt, gli asset upstream abbiano contribuito all’83% e quelli midstream al restante 17%. Nell’upstream la fonte principale è il venting, seguito dalle emissioni fuggitive e dalla combustione incompleta dovuta al flaring di bassa qualità. Nel segmento midstream, gli impianti di liquefazione, trasporto e rigassificazione del GNL rappresentano oltre il 40% delle emissioni, i sistemi di trasporto oltre il 50% e i sistemi di stoccaggio sotterraneo circa il 7%.

Queste emissioni sarebbero evitabili con tecnologie già disponibili, in alcuni casi anche con costi negativi, ma non vengono implementate in molti casi per l’assenza di monitoraggio e di specifici strumenti regolatori.

Le differenze tra i Paesi produttori di gas

La maggior parte delle emissioni di metano da combustibili fossili usati in Europa sono legate all’importazione. Un’analisi dell’organizzazione Clean Air Task Force, basata su dati di Rystad, stima che dal 2027 al 2031 l’intensità media di metano delle importazioni di gas dell’UE sarà pari a 3,0 Gg/bcm (migliaia di tonnellate di metano per miliardo di metri cubi di gas naturale importato). Questa intensità è maggiore per le importazioni dall’Africa e dagli Stati Uniti, mentre è molto bassa per la Norvegia[1], nota per aver adottato diverse procedure per ridurre le emissioni di metano derivanti dalle attività petrolifere e del gas. Per le importazioni di petrolio greggio in Europa, l’intensità di metano è stimata in media a 8,5 Gg/ Mton (migliaia di tonnellate per milione di tonnellate di greggio).

In Figura 1 sono mostrate le emissioni assolute di metano dei principali importatori di gas naturale e greggio nel 2024, da dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, che mostrano il diverso impatto degli strumenti normativi tra i diversi paesi da cui l’UE importa gas e petrolio.

 

Figura 1 – Emissioni assolute di metano (kt) dei principali importatori di gas naturale e greggio in Europa nel 2024 (Dati IEA)

Se, infatti, l’intensità netta di metano del gas naturale importato dalla Norvegia è pari a 0,08 Gg/bcm, altri paesi da cui l’UE dipende fortemente per le importazioni di gas e GNL hanno un’intensità di metano mediamente oltre 30 volte superiore:

  • Stati Uniti: 6 Gg/bcm
  • Russia: 9.3 Gg/bcm
  • Algeria: 9.9 Gg/bcm
  • Qatar: 3.2 Gg/bcm
  • Azerbaigian: 3.1Gg/bcm

Nella pratica questo significa che se la combustione di 1 metro cubo di gas (m3CH4) produce teoricamente 2 kg di CO2[2], questo valore rimane pressoché invariato se il gas viene importato dalla Norvegia. Tuttavia, considerando un Global Warming Potential del metano di 29,8 su 100 anni, come evidenziato dall’ultimo report ICPP (AR6), il valore diventa 2.1 kgCO2/m3CH4 se il gas è importato dal Qatar o dall’Azerbaigian (circa il 6% in più), 2.2 kgCO2/m3CH4 se proviene dagli Stati Uniti (12% in più), 2.3 kgCO2/m3CH4 dalla Russia (17%), 2.4 kgCO2/m3CH4 dall’Algeria (23%).

Il Regolamento europeo sulle emissioni di metano

La Commissione europea ha emanato un Regolamento, che deriva dalla strategia europea sul metano del 2020, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di metano derivanti dall’energia fossile prodotta o consumata all’interno dell’UE come parte della strategia più ampia per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050[3].

L’implementazione dei diversi requisiti di monitoraggio, delle metodologie per determinare l’equivalenza delle procedure tra UE e Paesi extra UE e del tracciamento di gas e petrolio lungo la filiera ha come orizzonte il 2030, con diversi momenti tra il 2025 e il 2029 in cui sono attese le varie specifiche. La capacità dell’UE di costruire strumenti per azzerare le emissioni di metano dalla filiera è infatti essenziale per accompagnare il gas come combustibile per la transizione, riducendone l’impatto con le migliori pratiche disponibili[4].

Il contesto geopolitico europeo e il ruolo dell’Italia

Il 16 giugno, al Consiglio Energia dell’UE, alcuni Paesi proporranno di includere il Regolamento europeo del 2024 sulla riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico all’interno di un decreto di semplificazione dedicato alle direttive e ai regolamenti in ambito energetico (Omnibus Energia). Qual è l’obiettivo? Ottenere procedure e requisiti meno stringenti, in particolare per quanto riguarda l’implementazione di sistemi di monitoraggio delle emissioni di metano dalle infrastrutture gas e il tracciamento delle origini delle importazioni. In base alla filiera di importazione da cui proviene il gas, infatti come evidenziato in precedenza, le emissioni di metano possono variare da 80 a 9900 tonnellate per miliardo di metri cubi. Ciò significa che per il riscaldamento di un’abitazione in Italia, assumendo un consumo medio di 1400 m3 annui, vengono emessi 2800 kgCO2eq se il gas proviene dalla Norvegia e 3400 kgCO2eq se proviene dall’Algeria.

Una semplificazione preventiva, prima che il Regolamento entri nella fase di piena implementazione, rischia di creare confusione e aumenterebbe l’incertezza sull’efficacia. Inoltre, è lo stesso Regolamento a prevedere deroghe laddove l’implementazione può risultare troppo complessa (considerazione iniziale del regolamento n.73) e onerosa (considerazione iniziale del regolamento n.69).

Il Regolamento rappresenta dunque una componente fondamentale dell’azione per il clima dell’UE e del Green Deal europeo. L’Italia lo ha sempre supportato ed è chiamata nuovamente a difenderlo in coerenza con il proprio Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e gli impegni presi al G7 Energia del 2024.

Perché il regolamento è importante per l’Italia

Il nostro Paese ha considerevoli importazioni da Paesi con elevata intensità di metano, come Algeria e Stati Uniti. Questo fa sì che l’intensità media delle importazioni sia pari a circa 7,1 Gg/bcm, più del doppio della media europea, e seconda solo a quella di Slovacchia e Bulgaria. L’intensità di metano delle importazioni di petrolio è ancora più alta, pari a 13,1 Gg/Mton, a causa delle fonti diversificate.

Nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) del 2024 viene sottolineato l’impegno a ridurre le emissioni di metano lungo la filiera di gas e petrolio e la partecipazione a iniziative tese a far aderire i paesi esportatori a standard più elevati di sicurezza e ambientali. Il PNIEC evidenzia infatti come l’Italia abbia supportato il regolamento nonché lo sviluppo di frameworks regolatori volontari per la misurazione, monitoraggio, rendicontazione e verifica delle emissioni di metano lungo la filiera del gas naturale, affinché i dati siano “quanto più accurati, trasparenti, confrontabili e affidabili”.

Questa accuratezza, trasparenza, confrontabilità e affidabilità sono proprio i principi cardine del Regolamento. Una semplificazione delle procedure di monitoraggio e verifica della filiera di approvvigionamento di gas e petrolio andrebbe esattamente nella direzione opposta e farebbe perdere di credibilità anche la posizione, ribadita nel PNIEC, secondo cui il gas naturale serve per la transizione energetica.

Attraverso il Regolamento, l’UE e l’Italia non solo spingono le aziende ad adottare le migliori pratiche disponibili, ma rafforzano anche il proprio impegno ad allinearsi allo scenario climatico di 1,5°C e ad aprire la strada all’eliminazione graduale dei combustibili fossili.


NOTE

[1] Il Paese ha infatti stabilito normative rigorose per limitare le emissioni di metano derivanti dalle attività petrolifere e del gas. Tali normative includono requisiti per il monitoraggio, la segnalazione e la verifica (MRV) delle emissioni di metano, nonché sanzioni pecuniarie in caso di inosservanza. Il Paese ha inoltre adottato tecnologie avanzate per il rilevamento e la quantificazione del metano, tra cui osservazioni satellitari e altri metodi moderni per misurare con precisione le emissioni di metano. L’impegno della Norvegia in materia di emissioni di metano si estende anche ai siti non gestiti.

[2] Secondo la tabella dei parametri standard nazionali pubblicata da ISPRA e utilizzata per l’inventario nazionale delle emissioni UNFCCC, il fattore di emissione del gas naturale (metano) è:2,004 tonnellate di CO₂ per 1000 standard metri cubi (Stdm³)

[3] L’EU MER integra inoltre l’attuale strategia di impegno esterno dell’UE in materia di energia, con l’obiettivo di fornire assistenza tecnica ai partner per l’implementazione di tecnologie di abbattimento del metano attraverso il programma “You Collect, We Buy” (“Tu raccogli, noi acquistiamo“). L’UE e l’Algeria dovrebbero sperimentare congiuntamente questo programma.

[4] Il Regolamento indirettamente contribuisce anche a rendere gli impianti più sicuri a livello complessivo. Norme internazionali (come, ad esempio, la ISO 13702) impongono sistemi di “Fire&Gas monitoring” per prevenire che miscele infiammabili possano causare incendi ed esplosioni. Questi requisiti impongono sistemi di rilevamento a soglie più elevate di concentrazione di gas infiammabili (per il metano il limite di infiammabilità è il 4%). Ciò significa che esiste già una “struttura” di rilevazione a cui si può aggiungere una sensoristica a livelli previsti dal regolamento. Questi sistemi prevengono incidenti rilevanti che potrebbero causare anche la perdita dell’installazione con conseguenze non solo ambientali, ma anche per gli operatori e non ultime economiche.

Foto di Natalia Grela

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