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Decreto sostegni quater: sull’energia luci e ombre del governo Draghi

Articolo pubblicato su Il Tempo il 30 novembre 2022

Il decreto sostegni quater, presentato pochi giorni fa dal Governo, prevede nuovi aiuti per far fronte ella crisi energetica. Un’iniezione di circa sei miliardi che porta la spesa dei sostegni a quota sessanta miliardi di euro dall’inizio della crisi.

Si tratta del primo decreto del nuovo Governo, ma trascina con se luci e ombre del Governo Draghi. Tra le norme spicca l’introduzione di ‘misure per l’incremento della produzione di gas naturale’. Una misura tanto attesa da molti consumatori e imprese letteralmente alla canna del gas.

Però, quello che sembra essere la panacea di tutti i mali rischia al contrario di incrementare i costi della crisi. La norma, infatti, più che un beneficio per i consumatori introduce garanzie ai produttori come incentivo per la produzione di gas nazionale. Questo genererà, con buona probabilità, un elevato costo per la collettività, quantificato non lontano dal mezzo miliardo di euro annui. Se da un lato, nel breve periodo, il provvedimento permetterebbe l’accesso a – ridotte – quantità di gas a un prezzo calmierato, dall’altro,  lo stesso risultato si otterrebbe con ben altri strumenti molto meno onerosi.

Seguitemi nel tecnicismo. Il Decreto prevede che il Gestore della Rete (GSE) acquisti la nuova produzione di gas con contratti di lungo periodo, fino a 10 anni, a un prezzo compreso tra i 50 e i 100MWh. Il GSE rivenderebbe poi il gas ai clienti energivori, con contratti di durata annuale. Se il prezzo di mercato supera i 100€, come stiamo registrando negli ultimi giorni, il meccanismo funziona e gli energivori ne hanno beneficio. Ma se al contrario il prezzo scende sotto i 50€, al GSE restano in pancia dei volumi di gas che non potranno essere venduti al prezzo di acquisto. Chi dovrà pagare queste perdite?

Osservare le serie storiche dei prezzi del gas può aiutare a mettere la questione in prospettiva. La media del prezzo del gas prima della pandemia e della crisi Ucraina, negli anni 2018-2019 era di 17,7€/MWh, la media del decennio 2010-2020 di 21,2€/MWh.

Quindi? Quali altri strumenti sarebbero in grado di rispondere all’esigenza dei ‘gasivori’ nel breve periodo? Il primo fra tutti è il price cap sulla produzione nazionale, di cui l’Italia è grande sostenitrice a livello Europeo, ma che evidentemente fatica a introdurre a livello nazionale. Altri strumenti sono la tassa sugli extraprofitti o la revisione delle royalties che in Italia sono irrisorie. Questi strumenti non generano alcun costo futuro e permetterebbero di avere risorse da distribuire ai clienti finali per mitigare i prezzi nel breve periodo.

Misure, queste, che non aumentano la produzione nazionale. Vero. Ma siamo sicuri che oltre a quanto già fatto per diversificare serva anche questo contributo, che sarà fisicamente disponibile solo nel medio periodo, quando magari la crisi sarà rientrata, lasciandoci con inutili e onerosi contratti decennali? A noi servono soldi per finanziare i sostegni per le industrie oggi, non altro gas. Il gas che si vuole estrarre oggi è rimasto sotto l’Adriatico perché costa troppo, e anche la crisi di oggi non ne giustifica l’investimento.

Photo by Tayssir Kadamany

Articolo pubblicato su Il Tempo il 30 novembre 2022

Scritto da Matteo Leonardi

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