Nella notte tra sabato 19 e domenica 20 novembre 2022 è terminata la COP27 di Sharm El-Sheikh. Una COP che si chiude con un risultato importante per la fiducia e la solidarietà internazionale, ma insufficiente per affrontare in modo adeguato la causa primaria del riscaldamento climatico. Manca infatti l’impegno per un’uscita sicura e socialmente sostenibile dai combustibili fossili.
In realtà, le alternative alle fonti fossili sono già ampiamente disponibili, ma quello che manca è sia la volontà sia la priorità politica per una loro applicazione. Il testo di Sharm è in linea con quanto afferma la comunità scientifica internazionale: accelerare su rinnovabili ed efficienza energetica è la migliore risposta alla crisi energetica globale.
Perdite e danni
Dal deserto del Sinai arriva un risultato ricercato da sempre ma mai raggiunto prima d’ora: l’accordo su un fondo per le perdite e i danni. Rimandate però le discussioni su chi paga e chi riceve. In questo, il ruolo della Cina è da rivedere e ridefinire alla luce del suo peso economico e politico a livello globale. Sull’accesso e l’eleggibilità dei paesi, sarà importante garantire che i flussi finanziari arrivino ai paesi più vulnerabili, al momento esclusi da molti di questi fondi.
Finanza climatica
Rilevante l’impegno a ricercare il coinvolgimento dei responsabili delle istituzioni finanziarie internazionali e altri enti competenti sotto la guida del Segretario Generale dell’ONU, al fine di individuare finanziamenti efficaci per l’obiettivo. Da sottolineare anche l’invito rivolto alle istituzioni finanziarie internazionali a prendere in considerazione, in occasione delle prossime riunioni di primavera 2023 della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, la possibilità di contribuire con approcci nuovi e innovativi.
Significativo il chiaro segnale che lega la necessità di riformare il sistema finanziario globale, presente anche nel testo politico finale, e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi: rivedere le regole internazionali per mobilitare i volumi necessari per l’azione climatica. Gli incontri finanziari internazionali del prossimo anno diventano quindi critici. Importante sarà supportare e fare leva su l’iniziativa di Bridgetown delle Barbados, appoggiata ora dalla Francia, che presente un programma ambizioso di riforma. I paesi G7 e G20 sono chiamati all’azione. La Presidenza italiana del G7 nel 2024 sarà fondamentale per implementare queste riforme.
Mitigazione
Il lato dolente invece è stata la “mitigazione” ovvero gli impegni e le azioni per ridurre le emissioni. Non si è infatti riuscito ad affrontare in modo esplicito e decisivo la causa primaria del cambiamento climatico, ovvero l’utilizzo dei combustibili fossili. Questo dovrà cambiare verso e alla COP28 a Dubai fra un anno. Se da un lato manca un impegno chiaro sulla diminuzione e uscita dai combustibili fossili, principalmente a causa del freno di imprese e paesi produttori di gas e petrolio che stanno premendo per rallentare la transizione, dall’altro le rinnovabili entrano per la prima volta nel testo di una COP. Accelerare sulle energie rinnovabili e renderle il perno della transizione, anche in risposta alla crisi energetica globale è il messaggio che esce dal testo di Sharm. Infatti, il testo è esplicito sulla necessità di trasformare i sistemi energetici per renderli più sicuri e sostenibili. C’è ambiguità invece sul termine “energie a basse emissioni” citata come soluzione ma senza indicare quali energie rientrano in tale definizione.
A Sharm abbiamo visto un esplicito tentativo da parte di imprese e paesi produttori di gas e petrolio di rallentare una transizione necessaria e ormai inevitabile. Preoccupa osservare che i super profitti generati quest’anno dalla crisi energetica vengono indirizzati all’avvio di nuove esplorazioni e produzione di idrocarburi, soprattutto di nuovo gas e infrastrutture nel Mediterraneo e in Africa, incompatibili sia con la sicurezza climatica che con quella energetica. Ciò a fronte delle grandi potenzialità di alternative pulite, immediatamente disponibili e più sicure in queste regioni.
Un fondo per i più vulnerabili
È quindi una vittoria per i paesi più vulnerabili che mostra l’importanza delle COP come unico forum globale che rappresenta e dà voce alle istanze di tutti i paesi, soprattutto i più vulnerabili. L’Europa ha giocato un ruolo di ascolto e apripista nell’arrivare al compromesso che ha permesso la creazione del fondo. E non ha voluto rompere il pacchetto nonostante la maggior parte delle sue proposte sulla mitigazione non sono state prese in dovuta considerazione.
L’Europa, infatti, ha giocato un ruolo di guida e compromesso, soprattutto con un’offerta iniziale ambiziosa sul fondo per le perdite e danni. A differenza della COP26 di Glasgow, quest’anno l’Europa ha provato a giocare un ruolo da protagonista, con l’offerta sul loss & damage che ha permesso di sbloccare l’impasse negoziale dei giorni scorsi. Anche l’insistenza su impegni più forti sulla mitigazione, è da interpretare come il segnale che Bruxelles fa sul serio per quanto riguarda la transizione energetica: accelerare sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica è la soluzione individuata dall’Ue per rispondere alle crisi energetica e climatica.
L’Italia
L’Italia, presente con una forte delegazione diplomatica capitanata dall’Inviato Speciale per il Clima, Alessandro Modiano, ha fatto la sua parte attraverso l’azione europea. La COP è stata anche la prima occasione della Presidente Meloni e del Ministro Pichetto Fratin per presentare la posizione politica dell’Italia. Al momento questa si instaura nel solco del Governo Draghi e delle regole multilaterali adottate finora. Dovremmo aspettare di vedere le scelte concrete sul fronte energetico e finanziario, in aggiunta a quelle incoraggianti presentate a Sharm e Bali come il Fondo italiano per il clima, gestito da Cassa Depositi e Prestiti, e il contributo per la decarbonizzazione dell’Indonesia e del Vietnam. L’attenzione ora torna sulle capitali, nel percorso che condurrà là diplomazia climatica alla COP28 di Dubai.
Photo by Matthew TenBruggencate