Elezioni 2022

Clima e cibo: due crisi da risolvere insieme

di Francesco Rampa

La crisi climatica, l’insicurezza alimentare globale e la scarsa sostenibilità dei sistemi alimentari sono strettamente legati e vanno risolti insieme. Questo legame va messo al centro della politica estera del prossimo governo perché contribuirà a determinare il futuro dell’Italia e dell’intero pianeta. 

 

La relazione tra clima e cibo è a doppio senso: l’agricoltura e l’intera filiera alimentare sono tra le cause primarie del cambiamento climatico, il quale, a sua volta colpisce in modo particolarmente grave i sistemi alimentari, costituendo uno dei fattori principali dell’aumento della fame nel mondo negli ultimi anni. Infatti, circa il 30% delle emissioni globali di gas serra sono causate dai sistemi alimentari (la stessa quantità di tutte le auto, camion, aerei e navi combinati). Un ruolo di peso è giocato dal disboscamento per destinare più terreni all’agricoltura, e dall’allevamento di bestiame (il 14,5% di tutte le emissioni, con manzo e agnello responsabili della più grande impronta climatica per grammo di proteine; mentre gli alimenti a base vegetale tendono ad avere il minor impatto).  

Senza la trasformazione dei sistemi alimentari, dunque, gli obiettivi dell’accordo di Parigi sono irraggiungibili. Infatti, con la crescita della popolazione e l’aumento del consumo di carne e latticini, le emissioni di gas serra dei sistemi alimentari dovrebbero crescere di quasi il 90% tra il 2010-50.  

A sua volta, la crisi climatica ha un impatto molto negativo su produzione e accesso al cibo e sulla volatilità dei prezzi alimentari, riducendo la produttività delle piante e il numero di raccolti in varie zone del mondo, aumentando l’irregolarità delle condizioni metereologiche e causando siccità e disastri naturali.  

I paesi più poveri soffrono maggiormente poiché nelle zone tropicali tali impatti sono più rapidi e intensi e le capacità di adattamento al cambiamento climatico sono nettamente inferiori rispetto a quelle dei paesi ricchi. Sono inoltre le persone più povere ad essere maggiormente colpite, in quanto il loro benessere dipende molto spesso da agricoltura, pesca e servizi ecosistemici come quelli delle foreste. Non sorprende che l’Africa sia la regione più minacciata dalle conseguenze della crisi climatica. 

Quanto sta accadendo, in seguito all’aggressione della Russia in Ucraina, mostra come il legame tra crisi climatica, insicurezza alimentare e scarsa sostenibilità dei sistemi alimentari assuma sempre più una connotazione geopolitica. I trend dei prezzi dei fertilizzanti e delle derrate alimentari, oltre al numero di persone che soffrono la fame, erano già in crescita da alcuni anni, soprattutto a causa del cambio climatico e della pandemia. La guerra in Ucraina ha acuito queste tendenze, in maniera particolarmente grave per l’aumento dei prezzi dei fertilizzanti e di beni primari come il grano, di cui Russia e Ucraina sono grandi produttori. Una spirale che sta colpendo in modo preoccupante le filiere alimentari e i consumatori, anche in Europa e in altri paesi ricchi. Una delle conseguenze è la crescita di fenomeni come la ‘militarizzazione’ del cibo. Da un lato, l’Europa accusa la Russia di usare il blocco del grano ucraino e l’aumento dei prezzi come arma geopolitica, dall’altro, la Russia insinua che siano le sanzioni europee la vera causa dell’emergente crisi alimentare globale.  

Se si considerano inoltre il ruolo dell’agricoltura nella distruzione della biodiversità e nel prelievo di acqua dolce in tutto il mondo (70%), e le crescenti crisi idriche causate dal cambiamento climatico, si comprende come l’esaurimento delle risorse naturali, combinato al riscaldamento del pianeta contribuiranno ad incrementare ed esacerbare tensioni geopolitiche e instabilità dei mercati internazionali legate all’accesso all’acqua e terre produttive, al mercato di sementi e fertilizzanti, e al controllo delle rotte commerciali alimentari. È dunque sempre più evidente come un approccio strategico al nesso tra clima, sicurezza alimentare e sostenibilità dei sistemi alimentari debba essere centrale nelle politiche sulla transizione ecologica, ma anche nelle scelte di politica estera.  

Questo è vero in particolar modo per l’Italia e l’Europa, che nella sponda sud del Mediterraneo confinano con il continente più gravemente colpito sia dalla crisi climatica che da quelle alimentari. L’Africa però non è solo la regione con la minore capacità di adattamento climatico e la maggiore percentuale di persone che soffrono la fame, ma è anche il continente che ospita il 60% delle terre nel mondo ancora disponibili per l’agricoltura. Inoltre, si stima che nel 2050 l’Africa ospiterà più di un quarto della popolazione mondiale, e dunque mercati sempre più importanti e crescenti tendenze migratorie, se le centinaia di milioni di giovani che raggiungeranno l’età lavorativa si troveranno di fronte condizioni economiche e ambientali avverse. 

Queste difficili sfide, ma anche opportunità, indicano la necessità per il nuovo governo italiano di affrontare le crisi climatica e alimentare con urgenza e in maniera sinergica. Servono scelte politiche forti e innovative che rilancino, e uniscano, la diplomazia climatica e la diplomazia alimentare.   

Servirà investire molte più risorse, sia pubbliche che private, per migliorare la sostenibilità climatica e ambientale dei sistemi alimentari, sia con azioni di mitigazione più decise in Europa sia per rafforzare rapidamente l’adattamento delle filiere agricole nel sud del mondo.  

Le soluzioni dovrebbero includere:  
  • una rafforzata cooperazione allo sviluppo;  
  • lo scambio di conoscenze scientifiche, buone pratiche e tecnologie per sistemi alimentari diversificati e resilienti;  
  • regole di investimento più adatte al finanziamento delle PMI sia italiane che africane;  
  • regole commerciali che incentivino il rafforzamento dei flussi commerciali alimentari tra paesi africani, limitando l’esportazione di prodotti come cacao e caffe verso l’Europa (cosi anche da diminuire la dipendenza Africana dalle importazioni di cibo da altri continenti);  
  • processi di policy e diplomatici sul clima e i sistemi alimentari, oggi distinti, molto più coordinati, coerenti e inclusivi.   

Solo questo permetterebbe di aumentare la sicurezza alimentare aAfricana e globale e la resilienza di centinaia di milioni di poveri e PMI nel sud del mondo. Al di là della solidarietà, la mobilitazione proattiva di un livello di risorse adeguato ad affrontare i fattori strutturali alla base di tali crisi e a rafforzare la resilienza dei paesi partner sarebbe anche un approccio meno dispendioso, rispetto al continuare a finanziare solo in maniera reattiva la risposta alle crisi, sempre più frequenti e gravi. 

Photo by Pixabay

Condividi