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Blocco dei diesel Euro 5: tra tutele della salute e slogan politici

In breve

Si stima che in Europa, dal 2009 ad oggi, le emissioni eccessive dei veicoli coinvolti nel ‘diesel gate’ abbiano causato 124.000 morti premature e 760 miliardi di euro di danni economici. Senza interventi, tra il 2025 e il 2040, a queste cifre andranno sommati ulteriori 81.000 decessi e 430 miliardi di euro di costi.

L’Italia, con 33.000 morti premature e oltre 150 miliardi di euro di spesa sanitaria complessiva, è il secondo Paese più colpito dopo la Germania.

L’emendamento al decreto infrastrutture che rinvia il blocco dei diesel Euro 5 in Pianura Padana minaccia di prolungare l’esposizione della popolazione a gravi rischi sanitari. Il problema dell’inquinamento da traffico richiede misure strutturali per una mobilità sostenibile e un piano nazionale coordinato per l’elettrificazione del parco veicoli circolante.

Il blocco dei veicoli diesel Euro 5

Per molti comuni della Pianura Padana, ottobre 2025 indicava la data di scadenza della circolazione dei veicoli inquinanti, estesa ai diesel Euro 5. Si trattava di una misura concordata tra regioni e Governo per rispondere a una procedura d’infrazione europea aperta nei confronti dell’Italia per il sistematico superamento dei limiti di inquinamento atmosferico, in particolare di biossido di azoto (NOx) e particolato sottile (PM).

I veicoli diesel Euro 5 omologati tra il 2009 e il 2015 e immatricolati soprattutto tra il 2011 e il 2017, costituiscono ancora oggi una quota importante del parco veicoli italiano, con circa 3 milioni di unità circolanti. La maggior parte di questi veicoli emettono quantità di NOx superiori ai limiti legali stabiliti dalla normativa europea. In molti casi, come ha rivelato lo scandalo diesel gate’, le case automobilistiche installarono sui veicoli dispositivi non autorizzati (cd. defeat devices) che attivavano i sistemi di controllo delle emissioni solo durante i test di laboratorio (per l’omologazione e le revisioni periodiche), disattivandoli nella guida su strada. È proprio a questa generazione di veicoli che si estende il blocco previsto dalle misure regionali anti-inquinamento.

Contro le restrizioni previste dalle normative regionali – come avvenne nel 2023 – la maggioranza di governo ha deciso di rinviare il divieto di circolazione al 2026 (cfr. emendamento all’Art. 5 per la conversione in legge del decreto-legge 21 maggio 2025, n. 73, cd. Decreto Infrastrutture), sostenendo che le cause principali dell’inquinamento atmosferico andrebbero cercate altrove, in particolare nelle emissioni dell’industria e del riscaldamento domestico e che il blocco sarebbe una misura ideologica e punitiva.

Dati scientifici che giustificano il blocco dei diesel Euro 5

Il recente studio del centro di ricerca indipendente CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air) quantifica, con rigore scientifico, l’impatto delle emissioni in eccesso di NOx e polveri sottili prodotte dai veicoli diesel euro 5 e euro 6 prima dell’introduzione dei test di verifica delle emissioni di guida reali (RDE, Real Drive Emissions). Distinte dalle emissioni di altre fonti inquinanti, come l’industria o il riscaldamento domestico, queste emissioni sono analizzate da CREA tramite modelli atmosferici e dati epidemiologici, con una stima dettagliata degli impatti sanitari ed economici complessivi in Europa e Regno Unito, suddivisa tra il periodo passato (2009–2024) e quello futuro (2025–2040), ovvero lungo tutto l’arco temporale stimato di ciclo di vita di questi veicoli su strada.

Secondo lo studio, finora le emissioni in eccesso di inquinanti hanno contribuito a 124.000 morti premature, di cui 79.000 attribuibili all’esposizione a NOx e 46.000 al particolato sottile PM2,5, con danni economici associati pari a 760 miliardi di euro. In assenza di ulteriori misure, tra il 2025 e il 2040 si prevedono ulteriori 81.000 morti premature e 430 miliardi di euro di danni economici. L’Italia risulta il secondo Paese più colpito, dopo la Germania, con circa 33.000 morti premature e una spesa sanitaria associata di oltre 150 miliardi di euro sull’intero periodo. La zona più colpita riguarda la Pianura Padana, a causa della sua densità abitativa, la massiccia presenza di traffico veicolare e la conformazione geografica sfavorevole alla dispersione degli inquinanti.

Alla luce di questi dati, il blocco di queste categorie di veicoli non appare affatto una misura simbolica, né tantomeno ideologica, ma un’azione necessaria a ridurre i rischi per la salute dei cittadini e le spese sanitarie per lo Stato. Se da un lato, rinviare il blocco dei diesel euro 5 può apparire di primo acchito come una scelta di buon senso per evitare disagi economici, dall’altro, ignora le conseguenze sanitarie di medio e lungo periodo, con pesanti costi collettivi e danni alle categorie più fragili.

Incentivi all’elettrico

Soluzioni politiche lungimiranti dovrebbero, al contrario, puntare all’eliminazione del problema, favorendo un aumento progressivo della quota di veicoli elettrici nella flotta circolante. In questa direzione pare andare il meccanismo di incentivi per l’auto 2025, finanziato tramite la riallocazione di circa 600 milioni di euro di fondi PNRR inizialmente destinati alle infrastrutture di ricarica. Tali fondi sono rimasti inutilizzati a causa delle difficoltà riscontrate dagli operatori per i tempi di realizzazione delle nuove infrastrutture, la complessità nell’individuare le aree idonee e una naturale prudenza rispetto a investimenti percepiti ad alto rischio per la limitata quota di veicoli elettrici nella flotta circolante. Tale meccanismo dovrebbe incentivare la sostituzione dei veicoli endotermici esclusivamente con veicoli elettrici. Su indicazione della Commissione, dovrebbe inoltre prevedere un criterio geografico di priorità per le aree urbane più inquinate. Secondo le stime del Governo, questa misura dovrebbe portare alla sostituzione di circa 40.000 veicoli inquinanti con modelli elettrici, senza emissioni allo scarico e con un’efficienza energetica fino a quattro volte superiore rispetto a omologhi endotermici.

Si tratta di un primo passo importante. Infatti, sarebbe la prima volta che l’Italia impiega risorse pubbliche per incentivare esclusivamente veicoli a zero emissioni. Pur trattandosi di una misura tardiva e limitata per la portata del problema da affrontare, la direzione è quella giusta, e lo schema potrebbe essere replicato in futuro. Ad esempio, attingendo a una parte dei circa 40 miliardi di euro attesi per il periodo 2027–2032 grazie all’entrata in vigore del nuovo sistema ETS 2, da spendere obbligatoriamente per misure a sostegno della decarbonizzazione e a vantaggio delle fasce di popolazione più svantaggiate. Sarebbe peraltro possibile richiedere l’anticipo della spesa di queste risorse, sostenendo a livello europeo la necessità di introdurre uno strumento centralizzato per il frontloading.

Affrontare l’annoso problema dell’inquinamento da traffico e le sue ricadute sulla salute dei cittadini non può ridursi a un dibattito politico identitario contro l’Europa, le ZTL e a favore dei biocarburanti – che dal punto di vista delle emissioni di NOx aggraverebbero ulteriormente il problema. È auspicabile una visione politica lungimirante, capace immaginare una mobilità al servizio del cittadino e di favorire la transizione attraverso misure e soluzioni coerenti con l’entità e la gravità del problema sanitario, ambientale, climatico e di equità sociale da affrontare.

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