In Puglia si apre il palcoscenico del G7 dopo le montagne russe del voto europeo. La premier Meloni arriva forte di una conferma popolare, nonostante il record minimo di affluenza e un calo di voti assoluti rispetto al 2022. Il G7 offrirà un primo spazio informale di confronto tra i leader dei maggiori paesi europei, insieme alla Presidente Von der Leyen, per valutare possibili nuove geometrie ai vertici delle istituzioni europee.
Fuori dalle dinamiche europee, c’è un G7 da affrontare con leader che si stanno preparando alla loro tornata elettorale. Prima in Regno Unito poi negli Stati Uniti e a seguire nel 2025 in Canada. Fresca di conferma, a differenza di Macron e Scholz, Meloni spicca dunque come una figura con più il vento in poppa anche nel contesto internazionale. Riuscirà dunque a proporre e strappare nuovi impegni o assisteremo a un semplice mosaico di impegni già presi nei mesi scorsi negli incontri ministeriali, riducendo il Vertice a una passerella e un’opportunità sprecata per l’Italia?
E’ bene ricordare che il G7 è ancora responsabili del 25% delle emissioni globali, del 27% della produzione di combustibili fossili, di oltre il 30% di consumo di petrolio e gas, di oltre il 40% della produzione di valore economico globale. E che controlla gran parte dei flussi finanziari globali. Il G7 pesa ancora per le sorti del pianeta, nonostante lo spostamento del baricentro geopolitico sempre più a oriente e nell’emisfero del sud globale.
I leader discuteranno certamente del sostegno all’Ucraina e su come finanziarlo e continuare il confronto sulla proposta del Presidente americano Biden per una cessate il fuoco tra Israele e Hamas, che nei giorni scorsi ha raccolto l’appoggio unanime dei Paesi G7. Poi ci sarà la Cina come elefante nella stanza verso cui il G7 dovrà trovare un equilibrio tra sicurezza e cooperazione economica. E anche la grande questione dell’intelligenza artificiale.
In questo contesto, è naturale chiedersi quali siano i margini di confronto sull’agenda clima, tanto contestata nella campagna elettorale, e sullo sviluppo?
Da questi temi passerà molta della relazione con il resto del mondo e il rilancio o meno della cooperazione internazionale. Saranno in grado i Leader di riaffermare gli impegni chiave su clima, energia e finanza di Torino e Stresa? Una risposta affermativa è una risposta positiva anche alla domanda sul futuro del Green Deal. Di fatto a Torino i paesi europei, Italia inclusa, hanno concordato a piani di transizione e priorità energetico-industriali del tutto in linea con le priorità del Green Deal europeo.
Il G7 italiano rappresenta il primo punto di contatto tra gli impegni della COP28 di Dubai e la COP29 di Baku e la COP30 in Brasile nel 2025. In Puglia sarà necessario gettare le basi per la creazione di un nuovo regime finanziario globale e per lo sviluppo di piani di decarbonizzazione allineati all’obiettivo l’1,5 °C, capaci di sbloccare investimenti pubblici e privati.
Per i Paesi G7, questo si traduce in primis nell’uscita dal carbone per la produzione elettrica entro il 2035 e nell’eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2025. Nonché nel sostenere la Presidenza brasiliana del G20 per progredire nella riforma dell’architettura finanziaria internazionale.
Avanzamenti sull’agenda clima da parte del G7 significano anche: impegno a triplicare la capacità di energia rinnovabile nazionale entro il 2030, eliminare il sostegno pubblico per gli investimenti nel settore del gas ed evidenziare l’inutilità di nuovi investimenti in produzione e ricerca di petrolio e gas.
Il G7 può inoltre aprire la strada a nuovi e ambizioni obiettivi finanziari che saranno discussi alla COP29 per rafforzare in modo sostanziale i finanziamenti per lo sviluppo e il clima. L’anno di Presidenza italiana del G7 coincide anche il ventunesimo rifinanziamento dell’Associazione Internazionale per lo Sviluppo della Banca Mondiale (IDA). Il G7 dovrebbe cogliere l’occasione per concordare su un rifinanziamento ambizioso, ovvero superando la soglia critica dei 100 miliardi di dollari, come proposto dalla Banca Mondiale, o dei 120 miliardi di dollari attesi dai leader africani, come espresso recentemente dal Presidente del Kenya Ruto e dalla ex Presidente del Malawi Joyce Banda. E come anche richiesto anche da molte realtà della società civile italiana che rappresentano migliaia di persone e organizzazioni impegnate nella cooperazione e sviluppo.
La riflessione su IDA va di pari passo con le discussioni sulla questione sempre più pressante del debito, che per l’Italia dovrebbe assumere un carattere centrale soprattutto nella relazione con l’Africa vista l’elevata fragilità debitori di molti paesi. Il G7 dovrebbe quindi concentrarsi su proposte di riforma dell’architettura finanziaria internazionale che aiutino a risolvere la sofferenza debitoria e ad accedere a finanza a basso costo per creare opportunità o diversificare le economie dipendenti dai combustibili fossili. Per l’Italia questo implica anche superare approcci tradizionali legati a concetti sulla sicurezza energetica e al ruolo degli idrocarburi che al momento caratterizzano la presenza italiana in Africa.
Il G7 discuterà inoltre di un’iniziativa sui sistemi alimentari che mira ad affrontare congiuntamente la crisi climatica e quella alimentare per rendere l’agricoltura più resiliente ai cambiamenti climatici. Iniziativa che con buona probabilità si lega alle iniziative contenute nel Piano Mattei e alle relazioni del nostro Paese nel Mediterraneo e nel continente africano.
In ballo al G7 non c’è quindi solo l’immediato futuro ma anche quello più prossimo. Riusciranno i leader ad uscire dalla rischiosissima miopia del presente per assicurare uno sguardo di più lungo periodo che ponga le basi per una rinnovata collaborazione tra le nazioni e una pace duratura tra i popoli?
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