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Un 2023 asiatico

Finita la COP27 “africana” a Sharm El-Sheikh in Egitto – tutti i testi delle decisioni sono disponibili qui –, quali saranno gli appuntamenti internazionali decisivi per la politica internazionale del clima nel 2023?  

Il prossimo anno il confronto si sposta a Est, trainato dal G20 indiano, che inizia oggi 1 dicembre, e il G7 giapponese, con partenza a inizio anno. Si chiuderà infine con la COP28 di Dubai, dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 negli Emirati Arabi Uniti, a cavallo quindi tra il vecchio continente e le potenze asiatiche. In mezzo ci saranno una serie di appuntamenti chiave per le sorti della finanza globale. Ma andiamo con ordine. 

 

Il G20 indiano 

Secondo la presentazione del programma della Presidenza indiana, a cura del capo negoziale o “Sherpa” Shri Amitabh Kant, il G20 indiano mira ad essere “inclusivo, ambizioso, deciso e orientato all’azione”. Sotto il motto “Vasudhaiva Kutumbakam” ovvero “Una Terra, una Famiglia, un Futuro”. Le priorità su cui punterà l’India sono: beni pubblici digitali e infrastrutture digitali; l’azione per il clima, finanziamenti per il clima e collaborazioni tecnologiche; transizione energetica pulita, sostenibile, giusta, accessibile e inclusiva; accelerare i progressi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile; sviluppo guidato dalle donne; e riforme multilaterali.  

Il programma è ambizioso e pone la sfida climatica e di riforma del sistema multilaterale al centro. Alla COP27 l’India si è fatta portavoce di una proposta di impegno di riduzione di tutti i combustibili fossili, quindi non solo il carbone come stabilito alla COP26 di Glasgow. Nonostante la proposta sia stata supportata da oltre 80 paesi – inclusi gli europei -, la Presidenza egiziana ha preferito ignorare. Vedremo se il G20 riuscirà a fare un passo avanti sulla necessità di una progressiva uscita da gas, petrolio e carbone.  

Altro grande tema sarà quello della riforma delle Banche Multilaterali di Sviluppo (BMS). Nel Vertice di novembre 2022 a Bali, i leader hanno invitano le BMS a discutere le opzioni per l’attuazione delle raccomandazioni della “Revisione indipendente dei quadri di adeguatezza patrimoniale” e fornire un aggiornamento nella primavera del 2023. Questa revisione potrebbe sbloccare fino a mille miliardi di euro di nuovi capitali. Il testo della COP27 va in una direzione simile invitando “gli azionisti delle Banche Multilaterali di Sviluppo e delle Istituzioni Finanziarie Internazionali a riformare le pratiche e le priorità, ad allineare e scalare i finanziamenti, a garantire un accesso semplificato e a mobilitare i finanziamenti per il clima da varie fonti e incoraggia a definire una nuova visione e un modello operativo adeguato, canali e strumenti che siano idonei allo scopo di affrontare adeguatamente l’emergenza climatica globale, compreso l’impiego di una serie completa di strumenti, dalle sovvenzioni alle garanzie e agli strumenti non debitori, tenendo conto degli oneri del debito e affrontando la propensione al rischio, con l’obiettivo di aumentare sostanzialmente i finanziamenti per il clima”. Inoltre, i paesi chiedono alle BMS di “contribuire ad aumentare significativamente l’ambizione climatica utilizzando l’ampiezza dei loro strumenti politici e finanziari per ottenere maggiori risultati, anche per quanto riguarda la mobilitazione di capitali privati, e a garantire una maggiore efficienza finanziaria e a massimizzare l’uso degli attuali veicoli di capitale concessionale e di rischio per guidare l’innovazione e accelerare l’impatto”. 

 

Gli incontri internazionali sulla finanza  

Per mettere a terra questo programma di riforme finanziarie è importante il confronto tra gli istituti finanziari e i loro principali azionisti: i governi attraverso i Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali. Dunque, gli incontri primaverili e autunnali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale di aprile e ottobre a Washington DC saranno cruciali per stabilire un cambio di regole, mandati e incentivi delle BMS. A questo proposito abbiamo firmato un documento programmatico, insieme ad altri think tank internazionali, per una serie di azioni tangibili a breve termine che ruotano intorno a cinque obiettivi principali di riforma della Banca Mondiale. 

Ma occorre fare ancora di più. Se la riforma delle BMS è un tassello importante, non sarà sufficiente per mobilitare la finanza necessaria all’azione climatica – che solo per gli obiettivi 2030 di riduzione delle emissioni dei paesi in via di sviluppo è stimata intorno a 6 mila miliardi di dollari. Qui entra in gioco l’agenda della Prima Ministra delle Barbados Mia Mottley attraverso l’iniziativa di Bridgetown. Un’iniziativa che ha trovato, alla COP27, il supporto del Presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha promesso un Vertice di alto livello per un confronto su questa proposta a giugno 2023.  

Diversi i temi sul tavolo, oltre alla riforma della BMS. : la necessità di sbloccare liquidità d’emergenza per le crisi multiple attraverso 100 miliardi di dollari in Diritti Speciali di Prelievo (DSP), creando spazio fiscale nei paesi in via di sviluppo in modo rapido e e senza condizioni svantaggiose; creare un meccanismo di finanziamento delle perdite e dei danni più ampio di un semplice fondo; creare un fondo globale per progetti a zero emissioni con prestiti sui mercati dei capitali, con garanzie per mobilitare finanziamenti privati; e strumenti innovativi come lo “swap” di debito con capitale, strumenti di debito contingente dello Stato e piattaforme di garanzia regionali. 

 

Il G7 giapponese  

I paesi più sviluppati, di cui il G7 si fa storicamente portavoce, avranno la responsabilità primaria di utilizzare il loro potere di azionisti di maggioranza per la riforma della BMS. Questo attraverso il mandato che possono fornire alle BMS con il voto/seggio all’interno dei Consigli di amministrazione delle banche stesse.  

Altra azione importante sarà il supporto alla transizione energetica dei paesi in via di sviluppo attraverso le “Partnership di transizione giusta”, che permettono la mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati per le economie emergenti. A Bali è stata lanciata la partnership con l’Indonesia a cui ha partecipato anche l’Italia. In quell’occasione la Presidente Meloni ha dichiarato che “l’Italia è orgogliosa di far parte della Just Energy Transition Partnership, un’ambiziosa piattaforma che fornirà ingenti risorse finanziarie e assistenza tecnica per alimentare la transizione energetica dell’Indonesia dalle fonti energetiche fossili verso le rinnovabili”. È atteso il lancio di altre piattaforme, come per il Vietnam, a cui dovrebbe partecipare anche l’Italia.  

Inoltre, i paesi G7 dovranno dimostrare come intendono decarbonizzare i loro sistemi elettrici entro il 2035 come stabilisce il nuovo obiettivo adottato nel maggio del 2022. Questa sarà una delle più grandi sfide domestiche dell’Italia. Alla COP27 abbiamo presentato considerazioni preliminari di uno scenario Italia al 2035, a cui seguirà la pubblicazione di uno scenario tecnico dedicato nei prossimi mesi. La sicurezza energetica passa dalla decarbonizzazione del settore elettrico che significa organizzare una rapida uscita dal dal gas per la produzione elettrica.  

 

La COP28 

E così arriveremo alla COP28 di Dubai con la finanza e la questione dell’uscita dai combustibili fossili come temi trainanti del 2023. Su quest’ultimo possiamo certamente aspettarci forti resistenti sia da Governi dei paesi produttori, trainati da Russia, Arabia Saudita e Iran, sia dalla compagnie di gas e petrolio. Queste stanno facendo forti pressioni per ritardare il processo di transizione, offrire soluzioni di “greenwashing” – importante in questo senso il nuovo rapporto del Segretario Generale dell’ONU per fare chiarezza sui progetti verdi – e per espandere l’esplorazione e la produzione di gas nonostante questa vada contro tutte le raccomandazioni della scienza e degli analisti internazionali, inclusa l’Agenzia internazionale dell’energia. Sia essa che il testo finale della COP27 (paragrafo 13) riconoscono che il modo migliore per affrontare la crisi energetica attuale è quella di dare priorità alle rinnovabili e all’efficienza energetica per la sostituzione del gas nei sistemi elettrici e nelle case dei cittadini senza bisogno di nuova produzione e nuove infrastrutture fossili. Questo vale anche per l’Italia, come abbiamo più volte mostrato in diverse analisi. 

Nel corso del 2023 sarà perciò importante riflettere sul ruolo e sulla strategia di ENI, la principale azienda italiana nella produzione di energia da fonti fossili. Al momento i segnali non sono incoraggianti. Alla COP27, ENI ha esplicitamente chiesto alla Banca Europea degli Investimenti di rivedere la propria politica energetica che esclude nuovi investimenti fossili. La risposta della BEI è stata netta: “assolutamente no”. Inoltre, ENI è impegnata a investire i super profitti generati dalla crisi energetica in una massiccia espansione in nuove esplorazioni e produzioni nel Mediterraneo e in Africa. Ciò cavalcando l’idea della diversificazione degli approvvigionamenti e di sviluppo dell’Africa, entrambi incompatibile sia con la scienza che con le alternative pulite immediatamente disponibili e più economiche. Su questo metteremo a disposizione, attraverso un nuovo programma dedicato, analisi indipendenti e strumenti per un dibattito pubblico più aperto, più informato e più basato sui fatti rispetto alle scelte della più importante compagnia italiana di gas e petrolio.  

 

  Photo by Pixabay

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