Punti chiave:
- Il Clean Industrial Deal (CID) identifica barriere e strozzature della competitività europea. Tuttavia, l’approccio alle soluzioni dovrebbe essere più mirato e sarebbe opportuno identificare gli elementi che rendono ogni intervento rilevante nel concreto per il contesto industriale di riferimento.
- Il CID dovrebbe delineare il modo in cui la diffusione delle rinnovabili e l’efficienza energetica si applicano specificamente al contesto industriale. Questo per chiarirne la rilevanza e i benefici e facilitare l’identificazione di eventuali sinergie intersettoriali, dei possibili ostacoli e di come affrontarli.
- Qualsiasi sostegno settoriale aggiuntivo ai prezzi dell’energia dovrebbe essere concepito con l’obiettivo di proteggere la capacità del settore di investire in innovazione, nella decarbonizzazione e in soluzioni per incrementare l’efficienza energetica.
- Il CID e il Piano d’azione per l’energia accessibile – Action Plan for Affordable Energy (APAE) – dovrebbero identificare ampie categorie settoriali in cui l’elettrificazione incontra ostacoli comuni. Questo aiuterebbe a indirizzare l’azione nell’ambito dell’APAE verso la creazione di condizioni favorevoli che in alcuni settori possono avviare i processi di elettrificazione nel breve periodo
- I piani settoriali dovrebbe rendere le Piccole Medie Imprese (PMI) parte attiva della sfida della competitività e della decarbonizzazione.
- Nell’ambito del CID, la Commissione dovrebbe pubblicare un piano settoriale dedicato all’industria dei combustibili fossili, per preparare e gestire il forte ridimensionamento del comparto, tenendo conto degli impatti finanziari e sociali.
- Un maggiore coordinamento con gli Stati membri contribuirebbe a evitare la duplicazione degli investimenti industriali e la creazione di sovraccapacità e concorrenza interne, massimizzando al contempo le sinergie, lo sviluppo di filiere integrate, affrontando eventuali sotto capacità e lacune nelle catene del valore strategiche.
Il Clean Industrial Deal
Il Clean Industrial Deal (CID), pubblicato dalla Commissione europea il 26 febbraio, delinea la strategia industriale dell’UE, basata su un approccio che combina crescita e decarbonizzazione. Fornisce inoltre il tassello mancante del pacchetto Fit for 55: un focus sulla decarbonizzazione industriale e sulla sua importanza nella corsa globale alle tecnologie pulite. Il CID è destinato a funzionare come quadro unificante all’interno del quale la Commissione svilupperà percorsi di transizione settoriali.
Nel complesso, il documento risponde ampiamente al suo scopo, identificando le aree di lavoro che possono sbloccare il potenziale industriale dell’Unione europea. Tra queste: il prezzo dell’energia; i mercati guida per i beni e le tecnologie verdi; la dimensione internazionale e commerciale; i finanziamenti; il lavoro; le competenze.
Tuttavia, se da un lato, il documento identifica con precisione le barriere e le strozzature della competitività europea, dall’altro, il suo approccio alle soluzioni appare troppo ampio, non identificando gli elementi che renderebbero gli interventi concretamente rilevanti per il contesto industriale. Il risultato è una cornice che, nonostante la sua ampiezza, rischia di essere inefficace nel fornire una direzione di marcia all’industria e agli Stati membri. Il quali, senza una guida, rischiano di muoversi in direzioni diverse. Il Rapporto Draghi ha evidenziato la necessità di superare la mancanza di coordinamento tra le politiche industriali nazionali. In questo senso il CID non sembra fare passi avanti. La strategia di ampio respiro del CID è necessaria, ma servono ulteriori sforzi per renderla più granulare per rispondere concretamente alle richieste dell’industria.
Il prezzo dell’energia
Una delle principali aree di attenzione del CID è quella del prezzo dell’energia, un fattore chiave della competitività. In linea con la Bussola della competitività, il CID evidenzia che i prezzi dell’energia più alti e più volatili in Europa sono dovuti a una combinazione di fattori strutturali, come la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e la manipolazione di questa dipendenza da parte della Russia.
Le conseguenze di questa affermazione si ritrovano nella sostanza del documento: spostare il consumo di energia industriale dai combustibili fossili all’elettricità può ridurre i costi energetici e migliorare la competitività, a condizione che i costi inferiori della produzione di energia da fonti rinnovabili siano effettivamente trasferiti alle imprese e accompagnati da misure di efficienza energetica.
La Commissione interviene su questo tema con l’Action Plan for Affordable Energy (APAE), pubblicato contestualmente al CID. L’approccio della Commissione opera su due livelli, in modo coerente con il REPowerEU: gestione del costo dell’energia nella situazione attuale, in cui il prezzo del gas è ancora un fattore chiave nel determinare il prezzo dell’elettricità e, al contempo, facilitare la sostituzione dei combustibili fossili con le rinnovabili e l’efficienza energetica nel lungo periodo. Tuttavia, nel fare questo, l’APAE non entra sufficientemente nei dettagli di come questo debba essere calato nel contesto industriale. Questo rende più difficile identificare le sinergie intersettoriali che l’adozione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica possono offrire, i possibili ostacoli e come affrontarli.
L’APAE si propone inoltre di aumentare l’adozione di accordi di acquisto di energia (PPA), contratti per differenza (CfD) e contratti di vendita al dettaglio flessibili che orientano il consumo di energia industriale fuori dalle ore di punta. Tuttavia, non vengono forniti dettagli su come le imprese possano ridurre i costi energetici nel breve periodo utilizzando capacità rinnovabile. Ad esempio, il percorso tra l’autorizzazione e l’effettiva installazione, può richiedere parecchio tempo, che per un operatore industriale può significare perdita di opportunità commerciali. La Commissione dovrebbe quindi prendere in considerazione meccanismi per superare questo ostacolo, come la garanzia di una riduzione immediata dei costi energetici per coloro che prendono una decisione finale di investimento in generazione rinnovabile.
Le proposte europee mancano poi di dettagli su come si dovrebbe misurare il successo di queste iniziative. In questo senso, l’obiettivo di riduzione del prezzo dell’energia non dovrebbe essere calcolato sulla base del fatturato, in quanto questo è più un indicatore di dimensioni che di competitività, ma sulla base dei margini previsti per quel settore o prodotto, con l’obiettivo di proteggere la capacità di ogni settore di investire in innovazione, decarbonizzazione e misure di efficienza, migliorando ulteriormente la competitività. Un principio importante da stabilire, poiché guiderebbe le decisioni per rendere disponibile un ulteriore sostegno settoriale, quando necessario.
Elettrificazione dei processi industriali
Un elemento chiave per ridurre la dipendenza dell’Europa dai combustibili fossili è l’elettrificazione del consumo energetico industriale. L’elettrificazione è la soluzione economicamente più efficace in molti settori, soprattutto se abbinata a misure di efficienza energetica. Ciò costituirebbe un fattore di competitività, sia riducendo potenzialmente i costi dell’energia (mettendo l’industria al riparo da improvvisi picchi di prezzo), sia garantendo maggiore accesso ai mercati verdi. Il CID e l’APAE affermano che l’UE deve progredire verso l’elettrificazione, ma non chiariscono cosa significhi in pratica per l’industria. Il Piano d’azione per l’elettrificazione non è previsto per un altro anno, quindi il CID e l’APAE dovrebbero parzialmente sopperire alla mancanza di direzione che questo ritardo implica identificando categorie ampie di settori in cui l’elettrificazione incontra ostacoli comuni. Questo aiuterebbe anche a indirizzare l’azione dell’APAE verso la creazione delle condizioni grazie alle quali alcuni settori possano avviare il processo di elettrificazione fin da subito, senza aspettare il Piano d’azione per l’elettrificazione nel 2026.
A grandi linee, le macro categorie potrebbero essere le seguenti:
– Settori e processi in cui l’elettrificazione potrebbe essere una soluzione conveniente da subito. Questo è il caso, ad esempio, del calore di processo sotto i 150°, e può essere applicato a settori come l‘industria alimentare e l’industria tessile. In questi settori, le azioni più ampie, già incluse nel CID, che riducono l’OpEx per le produzioni elettrificate (riduzione del costo dell’elettricità, riequilibrio della tassazione sull’energia per ridurre l’onere sull’elettricità) e il rafforzamento delle reti di distribuzione e trasmissione, potrebbero essere sufficienti a creare un business case per l’elettrificazione. Inoltre, in alcuni casi, può essere necessario un ulteriore sostegno al CapeEx per accelerare la diffusione di soluzioni elettrificate più efficienti, laddove il prezzo è ancora più elevato rispetto a quelle basate sui combustibili fossili. Inoltre, il riequilibrio delle imposte tra i vari vettori energetici è fondamentale. Tuttavia, il fatto che la tassazione sia di competenza degli Stati membri limita la spinta della Commissione in questo ambito a una raccomandazione ai Paesi a procedere con l’approvazione della Direttiva sulla tassazione dell’energia. Il rischio di un’attuazione debole da parte degli Stati membri è elevato, mentre sarebbe necessaria un’azione coraggiosa. Strumenti come il prossimo ETS 2 potrebbero essere utilizzati per superare questo ostacolo alla competitività europea.
– Settori e processi in cui le tecnologie di elettrificazione non sono ancora mature o non forniscono ancora risparmi di efficienza sufficienti per essere pienamente competitive con le soluzioni basate sui combustibili fossili (ad esempio processi a temperatura più elevata: 150-450°). In questi casi le azioni di sostegno a OpEx e CapEx rimangono pertinenti, ma il piano industriale dovrebbe prevedere ulteriori iniziative per incoraggiare l’adozione di tecnologie che non hanno ancora raggiunto scala commerciale. In questo modo si otterrebbero le economie di scala necessarie per ridurre i costi delle tecnologie, proteggendo, al contempo, i produttori europei dalla concorrenza internazionale. Le iniziative a sostegno delle tecnologie necessarie, sul modello del Fondo per l’innovazione, sono importanti per portare le tecnologie necessarie dalla scala dimostrativa a quella commerciale.
– Settori e processi in cui l’elettrificazione è una delle possibili soluzioni, ma è necessario un lavoro di ricerca e sviluppo per consentirne l’adozione, o in cui l’elettrificazione non è attualmente applicabile. Si tratta, ad esempio, di processi ad alta temperatura in cui l’utilizzo dell’elettricità è impossibile o talmente inefficiente da assorbire tutti i vantaggi di prezzo, o in cui i combustibili fossili sono utilizzati come materia prima, come il cemento primario. Non potendo beneficiare della maggiore efficienza dell’elettrificazione immediata, questi settori necessitano di piani settoriali dedicati per poter accedere a fonti energetiche decarbonizzate alternative ma più costose, come l’idrogeno o l’e-metano, o dove la tecnologia CCS dovrebbe essere diffusa su scala. In questo caso, sarebbe opportuno sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo, con un approccio tecnologico aperto, per consentire al mercato di scegliere la soluzione più conveniente in ciascun caso.
Questa ampia categorizzazione sarebbe utile anche per informare il lavoro della Industrial Decarbonisation Bank, che dovrebbe applicare criteri di efficienza rigorosi sui progetti di decarbonizzazione da finanziare, in cui le tecnologie più efficienti siano finanziate con priorità rispetto a soluzioni meno efficienti dal punto di vista dei costi. Un controllo rigoroso sulla qualità della spesa pubblica in relazione al suo obiettivo è particolarmente importante, poiché il finanziamento proposto di €100 miliardi, proveniente per lo più da fondi esistenti, è modesto rispetto agli obiettivi del CID.
Rendere le PMI parte attiva della sfida della competitività e della decarbonizzazione
Nel 2024 le PMI rappresentavano il 99,8% delle imprese europee (il 93,6% ha meno di 9 dipendenti) e il 53,1% del valore aggiunto, quindi sono fondamentali per il successo di qualsiasi piano industriale. Le PMI possono fornire una percentuale significativa di decarbonizzazione. Rappresentano un polo di innovazione e un mercato significativo per le tecnologie verdi, oltre a essere una parte fondamentale della catena del valore dei prodotti ad alta intensità energetica. Il CID si concentra sulla circolarità, sulle tecnologie verdi e sulle industrie ad alta intensità energetica e, sebbene questi siano tre elementi importanti, occorre dedicare la stessa attenzione alle PMI. Il CID promette una particolare attenzione alle PMI nell’ambito dei prossimi dialoghi settoriali, tuttavia, mentre i piani pubblicati per il settore automobilistico e siderurgico e l’APAE intersettoriale menzionano le PMI, i dettagli su come queste possano far parte del piano sono scarsi. Data la natura multiforme delle PMI e le loro dimensioni ridotte, in ogni piano settoriale dovranno essere previste disposizioni e pianificazioni ad hoc per garantire il giusto tipo di sostegno e flessibilità (ad esempio, introduzione graduale per alcuni requisiti, controlli di conformità semplificati, capacity building), poiché le PMI spesso faticano ad accedere alle competenze e ai capitali necessari per la decarbonizzazione. La Bussola della Competitività ha promesso l’introduzione di un “test delle PMI e della competitività”, che manca nel CID, ma che dovrebbe essere introdotto in via prioritaria. Inoltre, in tutti i piani settoriali dovrebbero essere presenti disposizioni specifiche per le PMI che siano realmente efficaci. Tutti i finanziamenti europei destinati all’attuazione del CID, in particolare la Industrial Decarbonisation Bank, dovrebbero avere programmi dedicati alle PMI con accesso semplificato e sostegno proattivo. Coinvolgere e attivare le PMI nella sfida della competitività e della decarbonizzazione non è una considerazione secondaria, ma è fondamentale per il successo degli obiettivi climatici e industriali dell’Unione Europea.
Gestire l’abbandono dei combustibili fossili
Anche se il CID non lo menziona esplicitamente, se la dipendenza dell’UE dalle importazioni di combustibili fossili è un fattore chiave degli alti prezzi dell’energia, ne consegue che per ridurre i prezzi sarà necessario eliminare gradualmente proprio i combustibili fossili. Ciò è anche intrinseco alla spinta dell’UE verso l’elettrificazione e l’accelerazione della diffusione delle rinnovabili, ai suoi obiettivi climatici e alla volontà di ridurre le proprie dipendenze geopolitiche nei confronti dei Paesi esportatori di questi beni.
I combustibili fossili continueranno ad avere un ruolo significativo nel breve termine, e un ruolo minore in alcuni settori nel lungo periodo. Un aspetto importante del CID, in coerenza con altre normative dell’UE, è la conferma che nel medio termine l’industria dei combustibili fossili dell’UE dovrà contrarsi in maniera significativa. Se tale processo non viene anticipato e gestito, può avere impatti imprevedibili e improvvisi sia sull’occupazione sia sugli investimenti.
Il CID è la cornice entro la quale la Commissione dovrebbe pubblicare un piano settoriale dedicato all’industria dei combustibili fossili. Un piano che dovrebbe esaminare l’attuale domanda di combustibili fossili, stimare come potrebbe cambiare nei prossimi anni sulla base dell’APAE, del CID e di tutte le altre normative pertinenti, compreso il pacchetto Fit for 55, e preparare un piano settoriale per gestire il forte ridimensionamento del comparto, considerandone gli impatti finanziari e sociali.
La definizione di un calendario di massima della riduzione domanda di combustibili fossili in Europa faciliterebbe inoltre il processo decisionale da parte dell’UE, degli Stati membri e degli investitori, informando la valutazione del business case e del rapporto qualità-prezzo degli investimenti in nuove infrastrutture per i combustibili fossili, che si tratti di terminali GNL, gasdotti di collegamento o impianti di esportazione di GNL in paesi terzi, come indicato nell’APAE.
Un aspetto, questo, particolarmente importante sia per le casse pubbliche, in quanto evita inefficienze nell’uso dei fondi, sia per quei settori in cui un’alternativa all’uso dei combustibili fossili non è ancora all’orizzonte. Infatti, via via che la maggioranza dell’economia si elettrifica o si decarbonizza in altro modo, il costo degli stranded assets e degli investimenti nei combustibili fossili sarà inevitabilmente addebitato, attraverso il prezzo dei combustibili fossili, a un gruppo sempre più ristretto di utilizzatori privi di alternative, con un potenziale aumento significativo dei loro costi energetici e perdita di competitività.
Infine, un piano temporale per l’eliminazione dei combustibili fossili sarebbe strumentale alla definizione del prossimo piano per l’eliminazione della dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia dalla Russia, fornendo una prospettiva su quali tipi di accordi e investimenti alternativi potrebbero essere appropriati alla luce della trasformazione della domanda europea di combustibili fossili.
Coordinamento europeo
Nella sua audizione parlamentare, il Commissario europeo per la prosperità e la strategia industriale Stéphane Séjourné ha annunciato l’intenzione di creare uno strumento di coordinamento della competitività per allineare meglio le politiche nazionali, ma il Clean Industrial Deal non sembra includere tale meccanismo. Coordinare lo sviluppo delle strategie industriali nazionali all’interno del quadro europeo fornito sarebbe prezioso. Aiuterebbe gli Stati membri a evitare il più possibile la duplicazione degli investimenti industriali e la creazione di sovraccapacità e concorrenza interne, massimizzando le sinergie, lo sviluppo di catene del valore integrate e affrontando eventuali sotto capacità e lacune nelle catene del valore strategiche che potrebbero essere identificate. Questo, a sua volta, informerebbe il processo decisionale a livello europeo e nazionale su quali settori siano strategici e su quali strumenti di difesa commerciale debbano essere impiegati e dove, per difendere gli interessi industriali europei. Per illustrare come la mancanza di coordinamento possa minare lo sforzo europeo, è sufficiente notare che le industrie ad alta intensità energetica, che il CID identifica come uno dei settori chiave che necessitano di sostegno, non sono definite in modo uniforme negli Stati membri, rendendo difficile la progettazione e l’applicazione di misure di sostegno mirate.
Come ha osservato Draghi nel suo Rapporto, “politiche nazionali non coordinate portano spesso a notevoli duplicazioni, a norme incompatibili e alla mancata considerazione delle esternalità. Un’esternalità particolarmente dannosa nel contesto dell’UE è il suo impatto negativo sul mercato unico, quando i Paesi più grandi, con il maggior spazio fiscale, possono fornire un sostegno molto più generoso degli altri“. Ciò dovrebbe indurre alla cautela in relazione a un altro aspetto del CID, ossia l’affidamento sulla semplificazione delle norme in materia di aiuti di Stato “per accelerare l’introduzione delle energie rinnovabili, sviluppare la decarbonizzazione industriale e garantire una capacità sufficiente di produzione di tecnologie pulite in Europa“.
L’allentamento del regime degli aiuti di Stato senza fondi aggiuntivi per finanziare il CID, soprattutto in un contesto di scarso coordinamento degli sforzi nazionali, rischia di approfondire le differenze tra gli Stati membri in base alla capacità fiscale, e l’impatto che ciò può avere sul funzionamento del mercato unico non deve essere sottovalutato.
Conclusione
Il Clean Industrial Deal conferma gli aspetti chiave dell’impegno dell’UE per garantire che l’industria europea rimanga competitiva, ma mostra margini di miglioramento quando si tratta di collegare, anche in termini generali, questi aspetti con le opportunità reali, le esigenze e le sfide dei vari settori. Il piano potrebbe essere più coraggioso nel trasformare le sue conclusioni in soluzioni. Solo in questo modo il CID potrà consentire all’Europa di agire unita, sfruttando la forza del mercato unico, per affrontare con i giusti mezzi la sfida della competitività internazionale.
Foto di DutchScenery