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Competitività e decarbonizzazione: un nuovo approccio per il futuro dell’industria italiana

Gli obiettivi per la protezione del clima hanno innescato una spinta all’innovazione e una profonda trasformazione industriale basata sulle cosiddette clean technologies, attorno alle quali si gioca una sfida competitiva globale.

In questo contesto, l’Europa si trova a dover colmare un divario competitivo e di innovazione rispetto alla Cina e, in diversa misura, agli Stati Uniti. La nuova Commissione, a partire dai suoi primi atti, ha posto l’accento su un più efficace inquadramento delle prospettive di decarbonizzazione coordinate con il recupero del divario competitivo dell’Unione.

Il Libro verde per una nuova strategia industriale

In Italia, la pubblicazione da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), lo scorso ottobre, di una strategia industriale nazionale è, in questo senso, tempestiva. Una nuova visione per l’industria nazionale, integrata al percorso di decarbonizzazione, è infatti indispensabile per tenere il passo del processo di trasformazione in atto, le cui forze propulsive trovano vigore nei mercati globali e, a dispetto della complessa situazione geopolitica, non rallenteranno così facilmente.

Tale strategia, raccolta in un Libro verde, è stata oggetto di una consultazione pubblica a cui anche ECCO ha contribuito, evidenziando le molteplici implicazioni rispetto alle politiche del clima intrinseche al processo. La piena integrazione della decarbonizzazione all’interno della pianificazione industriale italiana e una maggiore sinergia con la strategia europea sono, quindi, fondamentali. La sfida della competitività internazionale, come sottolineato nel report Draghi, si può vincere soltanto se l’industria europea si muove insieme verso il recupero del divario di innovazione e produttività. La riduzione delle dipendenze strategiche e un rinnovato legame tra competitività e decarbonizzazione sono, infatti, gli elementi chiave che la Commissione ha ribadito nel Competitiveness Compass che delinea una cornice strategica per i futuri lavori della Commissione sulla competitività europea.Su questo sfondo, lo sviluppo di una strategia nazionale consente di prendere migliore coscienza delle opportunità e delle sfide che le prospettive di decarbonizzazione offrono rispetto al tessuto produttivo italiano. Un allineamento della strategia nazionale su questi obiettivi consentirebbe di influenzare la strategia europea, valorizzando le caratteristiche del sistema produttivo nazionale: produzioni meno intensive, maggiore efficienza energetica e delle risorse, preponderante presenza di piccole medie imprese, distretti industriali specializzati e lavorazioni artigianali.

Il ruolo e il coinvolgimento delle filiere

Il coinvolgimento delle filiere tramite tavoli settoriali prospettato nel Libro verde, quale base della governance nazionale, è un elemento centrale che può favorire la costruzione di una base di conoscenza solida e integrata. Questa impostazione è necessaria per un settore industriale costituito da una molteplicità di processi produttivi e di catene del valore con strette interconnessioni a livello globale. Strategie di filiera settoriali e mirate sono la base di partenza per lo sviluppo di una nuova visione del tessuto industriale nel complesso contesto geopolitico attuale. La scomposizione delle filiere nei loro elementi fondanti aiuta nel determinare gli elementi strategici di ogni singola filiera in relazione allo sviluppo dei mercati, agli obiettivi del clima, al loro valore aggiunto, al divario competitivo esistente rispetto alle altre economie globali e alle implicazioni occupazionali. Questa base conoscitiva consentirebbe di identificare i punti di forza, debolezza, interdipendenza dai partners europei e globali, mettendo in evidenza le prospettive e le sfide per il sistema Paese.

Lo sviluppo di politiche industriali in un contesto di catene di valore molteplici e interconnesse richiede un approccio differenziato. Per alcuni processi produttivi, le soluzioni tecnologiche per allineare i processi di produzione con gli obiettivi Net Zero non esistono ancora o non sono economicamente competitive. Mentre, in altri, le soluzioni sono presenti, e sono già le più economiche ed efficienti.  Da un lato occorre, quindi, uno sforzo di indirizzo delle risorse verso ricerca e sviluppo di soluzioni lì dove non esistono in modo ampio; dall’altro, occorre puntare su tecnologie specifiche che, alla prova di costo-efficacia, risultano più vantaggiose. Basare, quindi, una strategia solo su politiche che privilegiano la neutralità tecnologica, come il pricing del carbonio, non appare una soluzione vincente. Al contrario, questa deve essere complementata da politiche settoriali specifiche integrate lato offerta e domanda, per accompagnare la transizione dei vari settori. Per un Paese con ridotto spazio fiscale, come l’Italia, è infatti fondamentale indirizzare le risorse in modo preciso e, quindi, verso tecnologie strategiche.

Strategie orizzontali

Accanto allo sviluppo di strategie di filiera, che sono verticali e settoriali, permane la necessità di sviluppare strategie su alcuni elementi comuni a tutte le filiere.

Il primo di tali elementi, strettamente connesso alla competitività e in coerenza con l’annuncio della Commissione di un futuro Affordable Energy Action Plan, è far sì che la transizione vero le rinnovabili sia al servizio della competitività delle imprese e che i vantaggi di costo che ne derivano siano messi al servizio delle imprese e dei consumatori. In questo senso, la strategia dovrebbe partire dal ribilanciamento dei prezzi dei vettori energetici, affinché riflettano in modo corretto il contributo rispetto alla transizione e alla sicurezza energetica. Occorre, poi, una visione per l’utilizzo transitorio del gas naturale e dei suoi sostituti, con canali privilegiati ed esclusivi per gli usi industriali del calore ad alta temperatura, mentre si continua con la ricerca e lo sviluppo di soluzioni in linea con gli obiettivi del clima.

In questo, è necessaria l’elaborazione di un pacchetto di misure che stimoli ulteriormente l’efficienza energetica dei processi e sfrutti le potenzialità del vettore elettrico nel ridurre le emissioni nella produzione di calore a media e bassa temperatura. La creazione di un piano industriale può beneficiare dall’adozione di una visione strategica nazionale modulata attorno all’elettrificazione del calore industriale. Questa è un’opzione no-regrets, che consentirebbe all’industria italiana ed europea di adottare la tecnologia di decarbonizzazione che garantisce i minori costi, a paragone con le altre soluzioni, come l’idrogeno, gli e-fuels e anche il biometano.

Il secondo elemento è la creazione di mercati ‘verdi’, anche tramite lo strumento del Green Public Procurement, una dimensione chiave della politica industriale a livello europeo, in cui l’Italia ha già buone prassi in atto, avendo integrato gli acquisti pubblici verdi nel codice degli appalti pubblici già dal 2016. Gli obiettivi del clima creano una domanda per i prodotti ‘verdi’ allineati con la transizione, ma perché questa domanda si trasformi in mercato, è necessario introdurre degli standard emissivi che facciano da parametro di riferimento, per favorire prospettive di mercato e un effetto volano verso la diffusione di nuove metodologie produttive, più allineate rispetto agli obiettivi di circolarità e sostenibilità.

Investimenti, istruzione e occupazione

La definizione di una strategia industriale deve integrare una riflessione degli impatti sul mondo del lavoro e la mobilizzazione degli investimenti. Anche questi elementi saranno al centro del confronto europeo con l’Unione delle competenze e il dibattito sul nuovo Multiannual Financial Framework. Su questi temi è fondamentale che l’Italia sviluppi una posizione integrata. Tuttavia, al momento, non appaiono centrali nel Libro verde.

Dal punto di vista del mondo del lavoro, le strategie settoriali dovrebbero guardare alla valutazione delle figure professionali e delle competenze necessarie alla trasformazione, includendo lavoratori diretti e indiretti, e lo sviluppo di percorsi educativi dalle scuole superiori all’Università. La mancanza di competenze, come dimostra anche il caso della Northvolt, può determinare l’impossibilità di innescare la crescita. Per contro, l’identificazione delle filiere più impattate dalla trasformazione consente di creare dei piani sociali di assorbimento degli esuberi tramite re-training o l’uso di ammortizzatori sociali, andando ad informare i piani di giusta transizione. Rilevante in questo contesto è l’Unione delle competenze, un’iniziativa contenuta nel Competitiveness Compass che mira, tra le altre cose, alla creazione di competenze adeguate alle esigenze future.

Finanziare la transizione

La transizione e il rilancio della competitività richiedono un riorientamento significativo degli investimenti. Questo implica la necessità di una concreta e autonoma strategia che consenta alla finanza pubblica di attivare un effetto leva verso gli investimenti privati, soprattutto attraverso investimenti diretti in infrastrutture abilitanti, supporto dell’innovazione, nonché attraverso la struttura degli incentivi fiscali e finanziari che canalizzano (crowd-in) le risorse private nella direzione desiderata.

Poiché la spesa pubblica nazionale è vincolata alla riduzione progressiva del debito, l’allineamento di questa al raggiungimento degli obiettivi di competitività e climatici dell’UE, fornirebbe all’Italia un importante posizionamento nelle discussioni sul Fondo europeo di competitività e, più in generale, nelle negoziazioni sul Multiannual Financial Framework.

La costruzione di una nuova visione per l’industria nazionale integrata al percorso di decarbonizzazione è, quindi, un elemento indispensabile per approfittare delle opportunità di competitività e i mercati verdi che questo percorso crea. Rappresenta, inoltre, un tassello fondamentale nella costruzione di altre strategie chiave per il sistema Paese, quali quella del mondo del lavoro e degli investimenti, a loro volta attraversati dai cambiamenti imposti dalla decarbonizzazione. La trasformazione industriale italiana può avere successo solo se realizzata di concerto e in sinergia con quella europea: un prerequisito imprescindibile per affrontare la sfida di competitività globale.

Foto di Khanchit Khirisutchalual

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